Augias: Sangiuliano, un’insensata provocazione

Corrado Augias La Repubblica 16 gennaio 2023
Un’insensata provocazione
Le parole del ministro Sangiuliano su Dante

Non è impossibile che il ministro Sangiuliano abbia voluto lanciare una provocazione per vedere quali reazioni poteva provocare eleggere Dante a fondatore del pensiero di destra. Solo così si può dare un senso a frasi che, anche nella loro vaghezza, di senso ne hanno poco. Parlare di destra e sinistra relativamente a un uomo vissuto tra XIII e XIV secolo non è ragionevole.

Si tratta di concetti che, intesi politicamente, cominciano ad esistere solo dopo la Rivoluzione francese.
Dante, guelfo bianco, aveva tutt’altre preoccupazioni. Per esempio, si batteva per un’equidistanza (se si potesse dire, una equi lontananza) tra papato e impero. Aveva in mente un concetto di libertà che però non poteva ancora comprendere i diritti e le prerogative dei cittadini, concetti introdotti solo dalla cultura illuministica del XVIII secolo.

La posizione del poeta non era facile, come dimostrano le sue penose vicissitudini. Dante è vissuto in un’epoca in cui il pontefice reclamava un potere che comprendeva tutto, il cielo e la terra, superiore quindi a quello stesso dell’imperatore. La famosa invettiva dantesca che apre con le parole “Ahi Costantin di quanto mal…” eccetera (Inferno XIX) lamenta proprio la scandalosa commistione tra i due poteri, temporale e spirituale, basata tra l’altro su un documento falso.

Questo particolare Dante ancora non lo conosceva perché lo scoprirà Lorenzo Valla ma solo nel ’400, quando Dante è già morto da più d’un secolo. Se volessimo a nostra volta tirare il poeta per i capelli potremmo dire che Dante anticipa in quei versi l’idea d’uno stato laico quasi anticipando Cavour: libera chiesa in libero Stato. Ma sarebbe un non senso pari a quello di considerarlo “di destra”.

Si potrebbe però ricordare che il suo trattato De Monarchiavenne messo all’indice dalla Chiesa e così è rimasto fino… al 1965 quando papa Paolo VI reclamò alla Chiesa la visione dantesca in un motu proprio dove tra l’altro si legge: «Dante è nostro, possiamo ben ripetere; e ciò affermiamo non già per farne ambizioso trofeo di gloria egoista, quanto per ricordare a noi stessi il dovere di riconoscerlo tale, e di esplorare nella opera sua gli inestimabili tesori del pensiero e del sentimento cristiano». Ecco un giro di parole di cui ilministro potrebbe fare tesoro, del resto la diplomazia vaticana in quegli anni era ancora in grado di giocare su ben collaudati meccanismi retorici e di potere.

Nella dichiarazione del ministro compaiono anche espressioni enigmatiche; per esempio, quando afferma: «Ritengo che non dobbiamo sostituire l’egemonia culturale della sinistra, quella gramsciana, a un’altra egemonia, quella della destra. Dobbiamo liberare la cultura che è tale solo se è libera, se è dialettica». Se c’è qualcuno che ha negato questo impeccabile concetto è stato il regime fascista, forse bisognava ricordarlo. Dopo il 1945 c’è forse stato un momento nel quale la cultura non è stata libera?

Che vuol dire esattamente “egemonia culturale gramsciana”? Se si allude al fatto che per alcuni decenni le varie manifestazioni culturali (cinema, teatro, arti visive, editoria ecc) hanno visto prevalere indirizzi, uomini e donne orientati diciamo a sinistra, non c’è questione. Così è stato ma per una ragione che potrei definire empirica. La sconfitta politica e militare del fascismo s’è trascinata dietro anche una sconfitta culturale.

Le chiusure durante il ventennio erano state così asfissianti che anche i più intelligenti tra i gerarchi (per esempio Giuseppe Bottai) l’avevano capito. Anche per questo venne istituito (dal 1934) il “certame annuale” dei Littoriali dove i giovani più brillanti “si confrontarono dibattendo temi di natura politica, culturale e artistica”. I responsabili sapevano benissimo che in quei dibattiti affioravano anche idee non ortodosse rispetto alle direttive ufficiali, però lasciavano correre consapevoli che perfino sotto una dittatura un po’ d’aria bisogna lasciarla.

Quanto a Gramsci, credo che vada trattato con maggiore consapevolezza. Ricordo che nella prima lettera mandata dal carcere dove i fascisti l’avevano rinchiuso, egli scrive alla padrona di casa pregandola di fargli recapitare la sua copia dellaDivina Commedia. Dà anche precise indicazioni su dove si trovi. Signor ministro, la prego, sono cose delicate.

Che c’è scritto sulle casse dei traslochi? Handle with care — maneggiare con cura. Ecco.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.