Carlo Bertini La Stampa 15 gennaio 2023
Bonaccini: “Porte aperte a Bersani e D’Alema. Con un Pd forte, il M5s ci seguirà”
Il candidato alle primarie: «Non possiamo divenire irrilevanti, il tema è come riconquistare milioni di voti»
«Bersani e D’Alema? Porte aperte a tutti, a chiunque voglia rientrare». Non mette ostacoli al ritorno a casa dei vecchi compagni della “Ditta” Stefano Bonaccini, che quando esce dal Caffè letterario del quartiere Ostiense a Roma, dopo aver incontrato i militanti con il capogruppo dem in Europa Brando Benifei, si ferma per alcune considerazioni, anche spiazzanti: sui 5stelle (che saranno costretti dagli elettori ad allearsi col Pd se si continuerà a perdere divisi), sui ritorni in patria dei big, che interessano poco alla gente e su cosa vorrebbe fosse il «suo» Pd: «Dobbiamo riscoprire la vocazione maggioritaria che è il contrario dell’autosufficienza: le alleanze sono indispensabili, ma o le fai da una posizione di forza oppure viene a mancare la ragione stessa della nostra esistenza: perché noi siamo nati per essere un grande partito, non un partito irrilevante».
Sul rischio che invece diventi irrilevante questo Pd in caduta libera nei sondaggi, il governatore emiliano non chiede sconti al destino. «Non bisogna esaltarsi quando va bene o deprimersi quando va male. La storia ci dimostra che dalle vette si scende rapidamente, è successo a noi dal 2014, alla Lega e ai 5stelle. Ma sono convinto che ci sia molta più gente di quanto non si pensi disposta a votare un Pd tonico, con proposte convincenti e con una classe dirigente nuova. Così come non è scontato che non si diventi irrilevanti». Certo, errori ne sono stati fatti, «come regalare milioni di voti di partite Iva alla Meloni» e impiegare mezzo anno per votare un leader: « Se divento segretario cambieremo i tempi, non è tollerabile stare sei mesi a fare un congresso».
Il Pd a trazione Bonaccini dovrebbe essere un partito con l’ambizione di tornare così forte da costituire «un baricentro» su cui far ruotare gli alleati satelliti, compresi i vecchi fuoriusciti. Con Bersani ad esempio ha parlato? «Non ancora, ma mi chiedo se agli italiani interessi questo tema. Chi vuole, può rientrare nel Pd: ma il problema sono milioni di italiani che se ne sono andati, al di là dei dirigenti. Va ristabilita la connessione sentimentale con il popolo».
Per ristabilire una connessione sentimentale però, va data anche una speranza di riscossa alla propria gente: lavoro e di sanità («facendosi capire da chi ha tre lauree e da chi nessuna»), ma anche una prospettiva. In tal senso, nessun contatto con Giuseppe Conte? «No, ancora no, ma noto che siamo troppo ossessionati dagli altri. Tanto siam forti noi, tanto saranno costretti loro a venire a discutere. E anche viceversa. Ma guardate che se andremo divisi sempre e continueremo a perdere, anche i loro elettori gli busserebbero alla porta».
Quindi dopo il vostro congresso scommette su una risalita dei consensi? «Non lo so, speriamo, ma c’è tempo perché si voterà alle politiche tra un po’ di anni e il primo banco di prova saranno le europee». E alle regionali, dove andate divisi nel Lazio? «Speriamo bene, ma io non faccio parte del gruppo dirigente, se hanno deciso così… vedremo come andrà». Insomma, Bonaccini guarda al traguardo del 2024, poiché l’esito delle regionali non potrà essere accollato ai nuovi capi del partito. Che – ed è questo un altro tassello del «suo» Pd – saranno tutti sulla tolda di comando dopo le primarie: «Se vincerò io, chiederò ad Elly, a Gianni e a Paola di darmi una mano», annuncia riferendosi a Schlein, Cuperlo e De Micheli, i suoi avversari: che intende coinvolgere in una gestione unitaria del Pd. Dunque responsabilità condivise, niente scontri perenni. A questa mano tesa, però corrisponde anche una pretesa: che alle elezioni, quando saranno, si candidino tutti nei collegi, al contrario di quanto hanno fatto a settembre Letta, Orlando, Franceschini, Guerini e company. «Non è per essere offensivo, ma così si dà l’idea che non si va neanche a combattere». Di qui la promessa fatta poco prima ai compagni del Caffè letterario: «Se divento segretario, non succederà mai più che nessuno del gruppo dirigente nazionale si candidi nei collegi: se resta questa legge elettorale, candidate e candidati al Parlamento li scegliete voi con le primarie, se dobbiamo sbagliare è meglio farlo tutti insieme che in quattro chiusi in un stanza».
Quanto al Qatargate, solo un accenno: un brivido scuote la sala in via Ostiense, dove si svolge l’evento romano, quando Bonaccini guarda Benifei che annuisce mesto: «Quando vedo le immagini delle valigie piene di soldi – sgrana gli occhi il candidato che forse si accollare un restyling totale del Pd – mi viene il voltastomaco».