Renzi: “Meloni, quanti errori, ma resta fino al 2024. Asse Fdi-M5S contro di noi”

Fabio Martini La Stampa 16 gennaio 2023
Renzi: “Meloni, quanti errori sulla benzina, questo governo non supera il 2024”
Il leader di Italia Viva: «Consenso ancora alto, ma accusare i gestori è stato un autogol. Manca una visione del Paese, la premier smetta di inseguire il consenso sui social newtork»


Matteo Renzi, l’ultimo refrain suona così: la luna di miele tra Giorgia Meloni e gli italiani è finita. E’ l’ansia dei media di “fare titolo” o c’è qualcosa di vero?

«Il consenso della premier è ancora molto alto, la luna di miele non è finita. Tuttavia la crescente irritazione di Meloni con gli alleati e con la stampa dimostra un nervosismo inatteso dopo neanche cento giorni. Del resto l’effetto novità si affievolisce, contraddizioni e incoerenze aumentano e quanto a Berlusconi e Salvini, sono due alleati non facili da gestire. A ciò si somma il fatto che Meloni ha iniziato a sbagliare, come dimostra il suo eccesso di comunicazione sulla vicenda benzina».

Meloni prima ha rivendicato senza fumogeni demagogici il “rialzo” delle accise, poi ha negato le sue promesse pre-elettorali e alla fine ha aperto una trattativa con maggioranza e con benzinai. La Giorgia demagoga si è “mangiata” la Giorgia di governo?

«Ha detto tutto e il contrario di tutto. Per fortuna le hanno suggerito di fermarsi con post e video altrimenti avrebbe negato anche di chiamarsi Giorgia. Dare la colpa ai benzinai “speculatori” dell’aumento delle accise votato dal governo è stato un autogol».

Le opposizioni somigliano al Bartali che ripete stancamente “l’è tutto da rifare”. Al netto della propaganda, al posto di Meloni, lei cosa farebbe con inflazione , vincoli europei e rischio di stagnazione?

«Occorre avere un progetto Paese, non l’ansia da prestazione di intervenire su tutto senza una visione ma solo per prendere dei like sui social. Questa legge di bilancio azzoppa Industria 4.0 ma regala soldi alle società di calcio: puoi anche prendertela con l’inflazione ma se la politica economica la fai pensando a Lotito e non alla classe media è evidente che manca una strategia».

L’esito delle Regionali nel Lazio e in Lombardia è scontato e si finirà per guardare le percentuali dei partiti: se i Fratelli d’Italia saranno ancora molto avanti agli alleati, il logoramento sul governo potrebbe accentuarsi?

«Queste elezioni sono importanti per il Lazio e per la Lombardia. Ma non sposteranno nulla, nemmeno una virgola, sulle questioni nazionali. Il primo banco di prova per il governo sarà il 2024, con le Europee. Prima di allora saranno solo scaramucce tattiche».

Sulla durata dei governi, lei ha doti quasi profetiche: quanto dura il governo e quanto Giorgia Meloni presidente del Consiglio?

«Questo governo non supera il 2024. Troppo disunito, troppe polemiche, troppe tensioni. Quanto a Meloni premier dipenderà molto da lei. Ha fatto una lunga marcia in dieci anni. Nelle ultime settimane mi pare abbia ingranato la retromarcia su tutto. Per lei il 2023 sarà l’anno della verità. Lo dovrà affrontare senza il suo principale alleato, Enrico Letta. Senza la fallimentare strategia di Letta, Meloni non sarebbe mai arrivata a Chigi. Il congresso del Pd finalmente restituirà Enrico ai suoi studi parigini ma priverà Meloni del suo alleato più solido».

La legge sulle nomine garantisce alla maggioranza una sorta di diritto allo spoil system: come sempre la differenza la fa la qualità della lottizzazione?

«Questo governo si perde in un bicchier d’acqua. È ovvio che l’Esecutivo deve scegliersi i manager pubblici. Non è un diritto di Meloni, è un suo dovere. Solo da noi, dopo aver trasformato il Pos in un affare di Stato, ci siamo buttati sul tema spoil system. Ora la questione chiave sembra la sostituzione del direttore generale del Mef, Rivera. Era dai tempi della coppa del mondo in Messico nel 1970 che la sostituzione di Rivera non aveva così centralità sui media. Almeno allora c’erano Valcareggi e Mazzola, qui abbiamo solo Giorgetti e Lollobrigida».

La Commissione di Vigilanza Rai andrà all’opposizione e lei ci ha messo gli occhi sopra: Maria Elena Boschi o Roberto Giachetti?

«La Vigilanza toccherebbe a noi perché le altre opposizioni hanno fatto il pieno di vicepresidenze, questori, segretari d’aula, Copasir. E tuttavia mi risulta che il ministro Lollobrigida, a ciò delegato dalla premier, abbia da tempo chiuso l’accordo per dare la Vigilanza ai grillini. Credo che sia tutto finalizzato a far fiorire l’asse populista tra Fratelli d’Italia e Conte. Vedremo come andrà a finire. Noi sappiamo che quel ruolo tocca al terzo polo. Ma sappiamo anche che se la maggioranza preferisce i grillini, non possiamo farci niente».

Lo ammetta: Bonaccini del Pd segretario toglierebbe spazio a voi del Terzo polo?

«Ho fatto un fioretto: non dire nulla di Bonaccini, in nessun momento del congresso. E comunque Stefano vincerà a mani basse. Nel 2024 sarà lui, io credo, a guidare i socialisti europei in Italia».

Nei mesi scorsi Letta aveva perfezionato dietro le quinte il rientro di Articolo 1 e ora Bonaccini conferma le porte aperte. Che segnale è?

«La naturale ricostruzione della Ditta. Letta ha garantito il rientro di Speranza e compagni in Parlamento, normale che Bonaccini chiuda il cerchio. Non mi scandalizzo».

Alcuni dei suoi detrattori – D’Alema, Bersani, Bettini, Orlando, Speranza – dovrebbero sostenere Schlein ma non lo dicono chiaro e tondo. Un “agnosticismo” originale, come lo spiega?

«Fanno tutti una gran fatica a trovare un collante che vada oltre l’anti renzismo, così come prima della mia segreteria non riuscivano a trovare una identità che non fosse l’anti-berlusconismo. Tra i candidati l’unico che veramente può rivendicare coerenza contro di me è Cuperlo. Gianni è rimasto al congresso di dieci anni fa ma almeno è a suo modo coerente. Gli altri hanno tutti avuto dalla stagione renziana molto più di quanto fingano di ricordare oggi, ma danno sempre la colpa a me di tutto. Ce ne faremo una ragione».

Lei e Calenda lo sapete a memoria: tutti aspettano il primo litigio plateale per poter dire: eccoli, sono incompatibili! Sia sincero: quante volte avete litigato seriamente? E come pensate di trasformare una lista elettorale in un partito credibile? I liberali in Italia sono stati sempre una minoranza…

«Abbiamo caratteri, storie, esperienze molto diverse. Ma siamo convinti che questa famiglia di Renew Europe sarà decisiva alle Europee del 2024 e alle Politiche 2027. E dunque lavoriamo insieme. Carlo sta guidando bene la federazione, il nostro obiettivo è andare a doppia cifra alle Europee. Non si tratta di rifare il partito liberale ma dare una casa politica a tante culture diverse che tengano insieme i liberal democratici ma anche i Popolari, Azione e Italia viva, Più Europa e tante esperienze civiche. Dobbiamo tuttavia trovare un modo originale per trasformare i contenitori elettorali in un progetto politico innovativo e vincente. Non sarà facile ma ci riusciremo. La lista alle Politiche è andata bene, quella alle Europee dovrà andare meglio».

 

 

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