Grazia Longo La Stampa 16 gennaio 2023
Roma, tutti i misteri dell’omicidio dell’avvocata: “Martina poteva essere salvata”
La lite a tavola, la fuga in bagno e la porta aperta dal ristoratore con una chiave di riserva
Questa è la storia di un femminicidio in cui l’unica cosa certa è, purtroppo, la morte di un’avvocata di 35 anni, Martina Scialdone che, ironia della sorte, per lavoro si occupava di diritto di famiglia e donne maltrattate. Ma il delitto è ancora pieno di punti oscuri. Di buchi nella ricostruzione di quello che è accaduto venerdì sera, dentro e fuori il ristorante Bardo, durante la lite tra la vittima e il suo assassino, l’ex fidanzato Costantino Bonaiuti, 61 anni, di origine etiope, ingegnere e sindacalista dell’Enav. Con una domanda che aleggia su tutto: Martina poteva essere salvata? Il dubbio è inevitabile e si porta dietro una serie di domande. Innanzitutto, vista l’aggressività di Costantino durante il litigio furioso, gestori e clienti del ristorante non potevano intervenire per evitare il drammatico epilogo? Martina ha perso la vita nell’indifferenza generale?
Quella che doveva essere una cena per chiudere definitivamente il rapporto si è trasformata in un’occasione di morte. Lei lo aveva lasciato, forse per l’eccessiva differenza d’età, forse per un altro amore, e lui non accettava il rifiuto. Si sono incontrati per discutere e dopo aver vistosamente litigato l’uomo l’ha uccisa sparandole un colpo di pistola al petto. L’omicidio è avvenuto fuori dal ristorante, poco prima delle 23,30.
Ma prima, a tavola, i due hanno iniziato a bisticciare. Martina, terrorizzata, si è rifugiata in bagno e Costantino ha incominciato a bussare contro la porta urlandole insulti come un forsennato. Le gridava contro parolacce di ogni genere e tirava pugni contro la porta. Tanto da essere invitato dal gestore del locale a uscire. Lo conferma il difensore dell’assassino, l’avvocato Domenico Pirozzi: «Il mio assistito ha riferito che il ristoratore ha invitato lui e la ragazza a non fare rumore e ad accomodarsi fuori».
L’ingegnere accoglie il suggerimento ed esce dal ristorante. Martina ancora non si fida, ha ancora troppa paura e rimane chiusa in bagno. Per farla uscire, la porta viene aperta con una chiave di riserva. E a questo punto che cosa succede? Esce in strada di sua spontanea volontà o le chiedono di farlo? «Quando lei è entrata in bagno il proprietario invece di darle una mano le ha detto di andare fuori per non disturbare i clienti», ha raccontato un testimone ai microfoni del Tg3 Lazio. E un senzatetto, Simone De Angelis, che spesso staziona davanti al Bardo, insiste: «La gente è stata indifferente al litigio e agli insulti che ha subìto quella povera ragazza ammazzata. Ho sentito un cameriere dire a un poliziotto che non avevano capito la gravità del litigio altrimenti non li avrebbero invitati a uscire dal ristorante per non dare fastidio agli altri clienti». La vicina di casa di Martina (che abitava con la mamma, vedova, Viviana Pieroni) rincara la dose: «Adesso dicono che l’hanno aiutata, ma non è vero: nessuno in quel ristorante ha mosso un dito per aiutare Martina».
Ma i buchi della vicenda non si limitano solo alla possibile indifferenza degli spettatori di questo dramma. Tutta da definire è anche la personalità dell’assassino. A partire dal fatto che ora nega di avere il cancro. «Me lo ha escluso nella maniera più categorica – riferisce ancora il suo avvocato -. Mi ha detto di essere depresso e amareggiato per quello che ha fatto. Ma ha negato di avere un tumore maligno».
Peccato però che ai colleghi dell’Enav Costantino Bonaiuti avesse detto il contrario. «Ci raccontava della malattia oncologica – raccontano – e delle lunghe sedute di chemioterapia a cui si sottoponeva». L’ingegnere era separato dalla moglie, ma viveva ancora con lei in un alloggio a Fidene. Appassionato di armi era campione regionale di tiro e si esercitava nello stesso poligono dove sparava il killer della strage di Fidene, Claudio Campiti. I vicini di casa di Bonaiuti lo definiscono come «un uomo molto irascibile e violento». Uno addirittura ricorda: «Sfrecciava con la sua Mercedes nera come un pazzo e quando gli ho chiesto di andare più piano mi ha risposto “Non mi scocciare, sennò ti sparo”».
L’ultimo buco di questa tragedia è sui tempi dell’intervento della polizia. I ristoratori dicono di averla allertata già durante il litigio della coppia. Altre telefonate al 112 sono arrivate dopo gli spari, ma la Volante è arrivata appunto solo dopo l’omicidio. La procura, che coordina le indagini della polizia, contesta a Costantino Bonaiuti «l’omicidio premeditato aggravato dai motivi abietti e futili rappresentati dalla gelosia e di avere agito contro una persona a cui l’uomo era legato sentimentalmente».
E ora il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, si interroga sull’uso delle armi. «Forse – dice – dovremmo fare una riflessione sulla necessità di limitare il possesso delle armi, riducendone il numero in circolazione, per aumentare la sicurezza di tutti».