Conchita Sannino La Repubblica 17 gennaio 2023
Bombe e segreti. A chi fa paura il boss finito in cella
Cafiero de Raho “Questa volta si staranno perquisendo tutti i covi dello stragista”
Cosa accadrà un attimo dopo gli applausi? Saranno evitati gli errori dolosi commessi dopo l’arresto di Riina? Usare questa cattura eccellente per colmare il vuoto pericoloso che resta tra i misteri legati a quella cattura e la fine della latitanza di Matteo Messina Denaro. Capire ad esempio dove sia finito l’archivio segreto dell’allora capo dei capi. E con esso la massa di informazioni e ricatti contenuta in quella sorta di scrigno. I segreti che Riina ,U curtu ,si è portato nella tomba erano tenuti in condominio con U siccu ,l’ideologo e carnefice che si faceva chiamare col nome di un ex ministro della Giustizia.
«Sono sicuro che in queste ore si stia perquisendo di tutto, che siano già stati visitati da cima a fondo tutti i possibili luoghi, tutti i riferimenti dell’ultimo stragista in circolazione », ragiona con Repubblica Federico Cafiero de Raho, ex procuratore nazionale antimafia, oggi deputato M5S. Ieri è stato tra i primi a congratularsi con il generale Angelosanto del Ros, «da amico, perché ne conosco il rigore e la grande fatica che ha fatto in tutti questi anni: sempre con estrema attenzione ed umiltà».
Bisogna capire, però, dove andare a trovare le risposte. Perché non bisogna aver paura, come dice Salvatore, il fratello di Paolo Borsellino, di «farsi guastare la gioia con le domande », dopo il risultato eccellente, ovvero vedere U Siccu finalmente assicurato alla giustizia. Perché il “lavoro” che il Paese aspettava da 30 anni non si chiude oggi (il messaggio che forse impropriamente passa in queste ore) con la cattura nella clinica Maddalena. Il lavoro inizia adesso, intorno alla primula rossa da record che poteva, ancorché malato e indebolito, contare su varie e convergenti cerchi di protezione.
Il cantiere degli interrogativi rimasti per aria è aperto, tutto da istruire. Almeno un pugno di quesiti: i mandanti esterni, politico-istituzionali- imprenditoriali degli eccidi a Palermo e degli attentati nel continente, chi sono? Chi li ha coperti. In cambio di cosa? Misteri che si trascinano dietro il secondo livello: chi ha “vigilato” proprio sulla vicenda Riina, sulla successiva cattura di Provenzano.
E si potrebbe cominciare da quei dettagli, arcinoti, che insistono sempre nella zona di cerniera tra acquisizioni criminali e interesse politico al silenzio. La presenza, inspiegabile, degli 007 dei nostri Servizi sulla strage di via D’Amelio. La borsa di Paolo Borsellino che scompare. Verrà poi restituita, priva però della famosa agenda rossa. Il dna di una donna in un guanto di lattice. La presenza sempre di una donna sulla scena dell’attentato di via dei Georgofili a Firenze.
Su questo e molto altro le parole di Messina Denaro possono aprire voragini. Non solo sulle connivenze, ma sul potere economico, sulle diramazioni che il suo patrimonio ha assunto: cambia poco che abbia potuto contare finora su 5, 8 o 10 miliardi di euro, calcolati sia sulle confische inflitte, sia su inchieste aperte. «L’augurio è che lui possa collaborare, raccontare delle stragi sul continente.
Messina Denaro è a conoscenza di profili di responsabilità sull’ideazione e l’organizzazione della campagna stragista in Italia, con la decisione di scegliere per la prima volta come obiettivi le città d’arte, nel 1993», auspica infatti Luca Tescaroli, l’aggiunto di Firenze.
«La sola ipotesi che possa aprire bocca fa paura chissà a quanti, fa tremare la politica e l’area degli affari», sottolinea Cafiero de Raho. «Oggi i cittadini tirano un sospiro di sollievo. La politica fa la ola.
Ma le istituzioni sanno che le mafie non sono finite – aggiunge – Il Paese racconta tutt’altro». In questi decenni, ricorda ancora Cafiero, «quando Riina viene catturato, Messina Denaro decide e circola : è lui che spinge la strategia del terrore e la sostiene in pieno. Ed è sua in particolare la figura a cui sono riconducibili le entità esterne che hanno agito sullo scenario degli attentati a Milano e a Firenze.
Fu ad esempio Paolo Bellini (l’ex collaboratore del terrorismo nero, poi killer al servizio delle ‘ndrine, ndr ) a suggerire come strategia d’attacco al cuore dello Stato l’esplosivo da puntare contro il nostro patrimonio artistico». Questo collegamento era casuale, con Messina Denaro? Cafiero analizza: «Farebbe pensare ad una formazione estremista di destra. Su questo ci si concentrerà».
Non sarebbe certo indolore, se parlasse. Per i Palazzi di ieri, e anche per quelli di oggi: in una Sicilia che è tornata ad essere governata da personaggi sostenuti da politici discutibili del passato fin troppo recente. E sono in forte connessione con quell’onda di consenso che ha portato a Palazzo Chigi un centrodestra in cui il nuovo si mescola al vecchio e risorto. Messina Denaro lo sa. «L’uomo catturato ha bisogno di cure rigorose – dice Cafiero – Lo Stato faccia di tutto perché collabori. Il 41 bis è un regime che può e deve convivere con le migliori cure. La soddisfazione non deve far abbassare guardia». È sconfitta la parte visibile di Cosa Nostra di Messina Denaro. «Le mafie di oggi lavorano sotto il rumore degli applausi».