Federico Monga La Stampa 17 gennaio 2023
Nino Di Matteo: “Letale dire che lo Stato ha vinto se non si svelano le coperture”
Il magistrato dell’inchiesta sulla presunta trattativa: «È stato davvero l’erede di Riina. Ora ci saranno scossoni nelle mafie. Cosa Nostra può colpire ancora il cuore del Paese»
«Oggi è una giornata importante per la lotta alla mafia ma sarebbe letale pensare che lo Stato abbia sconfitto Cosa Nostra». Il magistrato Nino Di Matteo, noto per l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, ha combattuto per una vita la criminalità organizzata siciliana è certo: «È un madornale errore pensare che con l’arresto del boss Matteo Messina Denaro, la mafia sia finita». Anzi, «la mafia ha ancora la forza per tornare ad attaccare il cuore del nostro Paese».
Quale è il valore di questo arresto?
«Viene posta la parola fine alla latitanza di un uomo che è stato condannato definitivamente per le stragi del ’92 e ’93 e di altri delitti gravissimi. Un boss crudele».
La politica e il governo sono euforici. Ma si può parlare di una vittoria dopo una latitanza durata 30 anni?
«Lo Stato avrà davvero vinto quando avrà approfondito e fatto chiarezza sul come e sul perché sia stata possibile una latitanza così lunga nonostante l’impegno di migliaia di agenti delle forze dell’ordine e di decine di magistrati. Avevamo identikit molto fedeli, Messina Denaro ha vissuto a Palermo, è stato arrestato in una delle cliniche più frequentate della città».
Ha fatto un selfie con il suo medico curante. Che risposta si dà?
«È assai probabile che la sua latitanza non sia dovuta solo all’abilità del fuggiasco ma anche alle protezioni di cui ha goduto. Proprio ieri in una sentenza della Corte di Assise di Palermo, a proposito della trattativa Stato-mafia che ha condannato i boss e assolto gli apparati dello Stato, è scritto che per un certo periodo gli alti funzionari del Vecchio Ros avevano coperto Provenzano per interesse nazionale in modo che potesse consolidare la leadership moderata rispetto all’ala stragista. Insomma ci sono sempre state coperture istituzionali. E fino a quando non si chiariranno le coperture e le complicità, allora come ora, non potremo di avere vinto».
Chi è stato Messina Denaro?
«Ha avuto un ruolo centrale. Non solo operativo ma strategico negli attentati a Falcone e Borsellino. Per fare un esempio: indicò i monumenti da colpire. Era frutto solo delle sue conoscenze o aveva dei suggeritori?».
Un altro pentito, Salvatore Baiardo, pochi mesi fa ha detto in tv che Messina Denaro era malato e che avrebbe potuto farsi arrestare magari, ha lasciato intendere, se in cambio si discutesse davvero dell’abolizione dell’ergastolo ostativo.
«Avevo già notato allora la precisione del suo racconto. Ora si deve fare il possibile per capire come abbia potuto prevedere tutto questo. E soprattutto come e attraverso chi aveva saputo delle condizioni di salute di Messina Denaro».
Quale è stata la forza di Messina Denaro?
«È stato un capo particolare. Ha incarnato lo spirito corleonese. È cresciuto con l’esempio del padre Ciccio Messina Denaro ed è stato il preferito, fin da ragazzo, di Riina, ma ha saputo traghettare Cosa Nostra nel nuovo millennio. Ha una storia diversa rispetto ai boss storici. Ha frequentato ambienti nuovi, ha avuto relazioni con donne straniere. Non era il capomafia che ha sempre vissuto nei casolari dell’entroterra siciliano. Ha utilizzato la tecnologia per comunicare, non solo pizzini. Ha aperto le frontiere nuove per investire fuori dalla Sicilia».
È il custode di tanti segreti. Anche dell’agenda rossa di Borsellino e dell’archivio di Riina?
«Non sono congetture, ma considerazioni fatte in un certo periodo dai boss e riferite dal pentito Nino Giuffrè, che è stato al vertice di Cosa Nostra. Giuffrè ha sostenuto che Messina Denaro avrebbe utilizzato l’agenda rossa e l’archivio di Riina come arma di pressione e ricatto all’interno e all’esterno di Cosa Nostra».
Si può pentire?
«Non lo so. Auspico che, se decidesse di parlare, lo faccia pienamente. Ma anche lo Stato deve fare la sua parte senza avere paura di fare domande e di ascoltare risposte come avvenuto in passato. Messina Denaro non deve aggiungere qualche tassello sulla stragi ma farci capire chi ha voluto gettare nel panico un Paese, con finalità terroristiche».
L’ergastolo ostativo va abolito?
«L’abolizione dell’ergastolo ostativo è uno degli obiettivi primari di Cosa Nostra. Il fine pena mai è stato uno dei motivi delle stragi e dei ricatti. Il decreto di questo governo ha evitato che, dopo le sentenze europee e della nostra Consulta, l’abrogazione possa accadere facilmente ma non lo ha escluso in via definitiva».
Questo è un governo che si impegnerà a fondo nella lotta alla mafia?
«Me lo auguro. Lo vedremo dai fatti. Non posso però non ricordare che di questo governo fa parte un partito, Forza Italia, fondato anche da Marcello Dell’Utri, condannato in via definitiva per mafia e che, lo dice la stessa sentenza definitiva, il suo leader (Silvio Berlusconi, ndr) ha avuto per anni rapporti economici con uomini di Cosa Nostra protagonisti del periodo stragista».
Chi comanda ora Cosa Nostra ?
«Messina Denaro era il vero successore di Riina. Adesso non penso che sia facile capire cosa succederà. L’arresto darà uno scossone che creerà un assestamento attorno a nuovo equilibri, non solo nella mafia siciliana»