Raffaele Cantone La Repubblica 19 gennaio 2023
L’arma contro la corruzione
Le intercettazioni vanno riformarle, ma sono uno strumento essenziale per la lotta alla criminalità organizzata
Il dibattito sulla riforma delle intercettazioni al momento ha un solo punto fermo, ribadito davanti al Senato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio: l’indispensabilità del loro utilizzo nelle indagini su mafia e terrorismo. E’ altrettanto importante però rilevare come esse siano fondamentali anche in altre indagini a partire da quelle corruzione, nelle quali la questione ha una doppia rilevanza.
Anzitutto perché è indubbio che nei territori originari delle storiche organizzazioni criminali la corruzione sia uno degli strumenti tipici utilizzati per rendere cogente l’assoggettamento e l’intimidazione ambientale, che rappresentano i dati ontologici della mafia e i tratti caratterizzanti della fattispecie incriminatrice.
È lampante che poter far leva sul controllo di pezzi dell’amministrazione pubblica, soprattutto locale, sia determinante per ottenere quel consenso sociale che rappresenta un obiettivo strutturale dell’azione delle mafie. Sotto questo aspetto le mafie hanno dunque dimostrato di essere in grado di fare scelte improntate a una logica utilitarista e assai pragmatica: il coinvolgimento negli affari delle organizzazioni criminali e nei conseguenti vantaggi economici agli esponenti amministrativi (burocratici e politici) paga più che assoggettarli attraverso l’intimidazione e la minaccia.
Modalità, queste ultime, che non scompaiono mai del tutto, ma che divengono una risorsa estrema da impiegare nei confronti di chi non rispetta i patti o di coloro che invece si rifiutano di scendere a patti: cittadini coraggiosi che non sono mai mancati e che, per fortuna, continuano a non mancare neppure oggi.
Un’amministrazione che non funziona o che, peggio ancora, è attraversata da fatti di corruzione è inoltre il terreno fertile per l’organizzazione criminale. E’ necessario rilevare come negli ultimi anni siano emersi sempre più di frequente episodi di corruzione messi in atto dalle mafie in regioni dove non c’è un radicamento storico dei clan: sono l’elemento cardine di una strategia di controllo di territori dove i tradizionali metodi omertosi ed intimidatori non avrebbero probabilmente efficacia.
La mafia, in estrema semplificazione, piuttosto che “esportare” il suo consueto ricorso alla violenza, che al di fuori delle zone di origine non avrebbe attecchito ed anzi avrebbe rischiato di dar luogo a meccanismi di rigetto, ha preferito ricorrere al metodo collusivo, meno abituale ma comunque consolidato per infiltrarsi nel sistema economico delle aree del Paese in cui non era presente e che sono fra le più ricche d’Italia.
L’ingresso dei boss in affari ha, però, un effetto devastante, perché mina il fondamento dell’attività d’impresa andando a cancellare il principio della concorrenza: la disponibilità di capitali enormi, di fondi cash che sfuggono al fisco, di reti di collusione offre alle cosche un vantaggio su qualunque imprenditore corretto.
Queste considerazioni assumono ancora più rilevanza alla luce degli ingenti investimenti del Pnrr che proprio in questo periodo per concretizzare in tutta la Penisola appalti pubblici per importi mai visti prima nella storia nazionale: opere che sono vincolate al rispetto di tempistiche stringenti, tali da spingere a chiedere una semplificazione di procedure e controlli. Sono le condizioni ideali, come hanno evidenziato decine di indagini a partire da quella sull’Expo 2015, per favorire accordi illeciti in cui la criminalità organizzata non rinuncerà a giocare un ruolo di primo piano.
Non bisogna illudersi: senza le intercettazioni non ci sarà possibilità di contrastare questi disegni perché sono l’unico strumento efficace per arrivare alla scoperta dei patti illeciti. Esse, quindi, non solo non vanno vietate, ma è necessario siano rese ancora più incisive con nuovi strumenti di tipo informatico; si discute tanto di Trojan, certamente indispensabile, ma bisogna già guardare avanti per affrontare il problema di sistemi di comunicazione criptati massicciamente diffusi tra gli uomini di ndrangheta, cosa nostra e camorra, anche quando si occupano di corruzione!
L’arresto di Matteo Messina Denaro rappresenta un grande successo delle istituzioni ma le mafie, pur essendo in difficoltà anche nei loro tradizionali luoghi di insediamento e pur manifestandosi con differenti modalità al di fuori di essi, sono un fenomeno lungi dall’essere stato debellato. La sconfitta sarà possibile soltanto mettendo al centro dell’azione di prevenzione e repressione la corruzione.
Quanto agli abusi nella diffusione delle informazioni frutto di intercettazione, condivido certamente la preoccupazione sottolineata dal ministro Nordio: una riforma delle procedure volta a limitare questi abusi è entrata in vigore il primo settembre 2020 e ha stentato a trovare piena applicazione a causa della pandemia. Altri provvedimenti possono essere introdotti ma questa giusta valutazione non può e non deve trasformarsi nel pretesto per azzerare lo strumento di contrasto più importante contro la corruzione.