Nordio: “Non vacilleremo sugli abusi”. Ma la destra si spacca.

Francesco Grignetti La Stampa 19 gennaio 2023
Affondo sulle intercettazioni. Nordio: “Non vacilleremo sugli abusi”. Ma la destra si spacca.
Dalla Lega a Fdi crescono i malumori sulle limitazioni ai pm

 

Gli spifferi corrono. Le voci di dissidi nella maggioranza si accavallano. Forse la riforma della giustizia e delle intercettazioni, come l’aveva delineata il ministro Carlo Nordio, subirà più di un ripensamento. Specie dopo il successo investigativo di Palermo, con la premier Giorgia Meloni che si precipita in Sicilia, si fa fotografare tra i carabinieri, spiega al mondo come alla figlioletta che «è il successo dei buoni contro i cattivi», e poi certo non ha alcuna intenzione di entrare in conflitto proprio con i magistrati, eroi positivi di questa vicenda. Perciò da giorni si sente dire nel centrodestra che la riforma delle intercettazioni slitterà a tempi migliori.

Qualcuno è esplicito al riguardo. Tommaso Foti, il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, inviato a parlare nella trasmissione Agorà, alla domanda se il reato di corruzione sia un reato sul quale bisogna adoperare l’intercettazione come strumento di indagine, ha risposto seccamente: «Sì». Oppure si ascolti il senatore indicato dalla Lega per intervenire in Aula, Manfredi Potenti: «Si è dimostrato intangibilmente come questo strumento sia indispensabile e insostituibile proprio per la lotta alla criminalità».

E di contro sale il mugugno di Forza Italia, che vedeva dietro l’angolo uno storico successo, con le intercettazioni ridotte al minimo indispensabile, e di nuovo tornate un tabù intoccabile per chi crede in legge e ordine a destra come a sinistra.

Ecco, se queste sono le premesse, si capisce allora la veemenza con cui il ministro Guardasigilli, ieri al Senato, svolgendo la relazione annuale sull’andamento della giustizia, ha battuto virtualmente i pugni sul tavolo: «Non vacilleremo né esiteremo. Andremo avanti fino in fondo». In realtà Nordio è stato sulla difensiva tutto il tempo. «Non vi saranno riforme che toccheranno le intercettazioni sulla mafia e sul terrorismo».

Il punto è che la discussione non verte su mafia e terrorismo, ma sul resto. Sui cosiddetti reati spia, per dire. Sono intercettazioni «indispensabili», dicono i magistrati. L’ha detto ieri il Superprocuratore antimafia, Gianni Melillo. L’ha ripetuto il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, ospite di Metropolis sui siti Gedi: «I boss parlano, eccome se parlano. Le intercettazioni – ribadisce il magistrato – sono ambientali e telematiche, non solo al telefono. È un tema ineludibile: senza intercettazione i processi di mafia non si possono fare». E un autorevole ex come Giancarlo Caselli è bruciante: «Le parole di Nordio non stanno né in cielo né in terra. I mafiosi parlano. Le intercettazioni siano rispettate da tutti, a partire dal ministro».
Su queste parole si arroccano le opposizioni, ma anche ambienti della maggioranza, dove molti considerano un po’ spericolata la sua frase «tanto i mafiosi non parlano al telefono». Lui lo sa e ne è piccato. Perciò ci torna sopra alla Camera e scandisce: «Alludo al fatto che ritengo che nessun mafioso abbia manifestato al telefono la volontà di delinquere, o comunque espresso delle parole che costituiscono prova di un delitto in atto, in progressione o programmato».

Detto questo, anche Nordio, che è stato per decenni magistrato a Venezia, pensa che le intercettazioni siano indispensabili, specie contro l’ala militare delle mafie. «Ciò di cui abbiamo bisogno delle intercettazioni – dice – sono i movimenti delle persone sospettate di criminalità, terrorismo e altri reati gravissimi. Serve la capacità di comprendere attraverso le intercettazioni quali sono i rapporti occulti che legano queste persone ad altre. Per questo le intercettazioni, anche quelle preventive e non quelle giudiziarie, sono indispensabili».

C’è poi il caso spinoso del trojan, su cui sta indagando la commissione Giustizia. Alcuni esperti hanno paventato la possibilità di manipolare le intercettazioni e la messaggistica da parte degli intercettatori. Annuisce Nordio: «Non è una novità. Richelieu diceva: Datemi una lettera e un paio di forbici e io farò impiccare l’autore». Non proprio una prova di fiducia per le toghe, anzi. «Si è potuto fare anche successivamente con la tecnologia del taglia e incolla delle conversazioni digitalizzate. Oggi con il trojan si può fare molto peggio».

In definitiva, Nordio non intende deflettere dal proposito di intervenire. Solo che ora pare concentrarsi sulla pubblicazione delle intercettazioni, scagliandosi contro quelle che «coinvolgono persone non imputate né indagate e che, attraverso un meccanismo perverso e tra l’altro costosissimo di diffusione pilotata, finiscono sulla stampa e sui giornali e delegittimano e offendono cittadini che non sono minimamente coinvolti nelle indagini».

Il resto della riforma, che richiederà tempi lunghi, resta quello annunciato: separazione delle carriere, riforma costituzionale sulla discrezionalità dell’azione penale, un nuovo codice penale che sostituisca il Codice Rocco. Ma è sulle intercettazioni che si scalda l’Aula. Dice Anna Rossomando, Pd: «C’è una continua confusione tra la pubblicazione del contenuto e l’impiego dello strumento». E le grilline Valentina D’Orso e Ada Lopreiato: «Le acrobazie del governo sono ormai all’ordine del giorno».

 

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