Tommaso Ciriaco, Giuseppe Colombo La Repubblica 18 gennaio 2023
Tregua sull’Autonomia, Meloni chiede garanzie. Ultimo scontro su Rivera
La premier concede a Salvini il primo ok in Cdm entro le Regionali: “Ma via la spesa storica”
Un po’ rimandano, un po’ non decidono, un po’ si accordano per evitare guai peggiori. Giorgia Meloni convoca un vertice di governo a Palazzo Chigi.
E offre a Matteo Salvini una bandierina, da poter sventolare in campagna elettorale: il disegno di legge sull’Autonomia avrà “un’approvazione preliminare” durante uno “dei prossimi Consigli dei ministri”. La richiesta della Lega era di licenziare il testo entro fine gennaio, ma già si parla di inizio febbraio. Comunque in tempo, si raccomanda allarmato il vicepremier leghista, per sfruttare l’effetto annuncio a ridosso delle Regionali lombarde. “Giorgia, siamo sempre leali, me lo devi”.
Meloni acconsente. A una condizione: deve saltare il richiamo alla “spesa storica”. Con questa rassicurazioe garantisce un teorico passo avanti al progetto dell’autonomia, ben consapevole che si tratta comunque di una riforma che anche nella maggioraza piace a pochi. E che sarà soggetta a pesanti stravolgimenti. Anche perché i berlusconiani sono scettici. Due giorni fa Antonio Tajani e Licia Ronzulli hanno convocato i governatori azzurri. E hanno raccolto un pesante sfogo contro la “spesa storica” e il meccanismo dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni). Il ministro degli Esteri ha ascoltato, ma ha provato a sedare le preoccupazioni: “Dobbiamo accontentare la Lega, ma state tranquilli perché poi la riforma deve comunque passare dalle Camere. E lì è chiaro che è tutta un’altra storia”. E infatti il problema è soltanto rimandato: il testo licenziato dall’esecutivo sarà vagliato poi in Conferenza unificata Stato-Regioni, quindi è nuovamente atteso in Cdm. Infine il passaggio davanti alle Camere, dove Forza Italia e Fratelli d’Italia sono scettici, più che scettici.
Meloni, insomma, guadagna tempo. Ed evita nuove fratture. Resta il fatto che non ha digerito l’ultima settimana di tensioni, errori, marce indietro. “Quello che è successo sulle accise – dice ai suoi ministri – non può ripetersi, io di certo non lo consentirò”. Chiede lealtà. E distribuisce bandierine: anche il cronoprogramma su Presidenzialismo e sullo status di Roma Capitale – che i convenuti a Palazzo Chigi assumono come impegno nero su bianco – è un tentativo di Meloni di garantire una sponda al candidato governatore del Lazio Francesco Rocca, scelto da Fratelli d’Italia. Tutto, insomma, pur di non mostrarsi già nel pantano. Un po’ di fiato arriverà anche dai viaggi internazionali, che la porteranno presto in Algeria e Svezia (il prossimo 3 febbraio). Confermato pure il viaggio in Libia, nonostante qualche smentita apparsa negli ultimi giorni.
E però la mole dei problemi è talmente ingombrante da ingolfare l’azione del governo. Emblematico, in questo senso, è il caso del direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera, su cui si consuma da settimane uno scontro durissimo. Il problema è che il momento delle decisioni è arrivato: oggi, infatti, si riunisce il Consiglio dei ministri in cui decretare la sua eventuale sostituzione. Di fatto, si tratta dell’ultima finestra utile per lo spoils system che scade il 24 gennaio.
La posizione di Meloni è nota: Rivera va sostituito. Ieri pomeriggio, in un faccia a faccia con Giancarlo Giorgetti a Palazzo Chigi, la premier ribadisce la sua intenzione. Qualcosa però si inceppa: dai vertici istituzionali alle fondazioni bancarie, il fronte a favore del direttore del Tesoro resiste. Tanto che a sera il diretto interessato non è informato di un eventuale siluramento. Si tratterebbe di un clamoroso stop imposto alla premier, che aveva individuato anche pubblicamente in Rivera uno dei simboli della macchina amministrativa da cambiare. Anche perché nel frattempo Giorgetti incassa la conferma del Ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta (mentre sarà sostituita Valeria Vaccaro, a capo del dipartimento del personale del Mef). Per tutte queste ragioni, non è escluso che prima del Consiglio dei ministri di stasera la presidente del Consiglio tenti un ultimo assalto, provando a imporre il nome di Antonino Turicchi, attuale presidente di Ita.