Il governo ha un altro problema, la mina vagante Nordio

Conchita Sannino La Repubblica 20 gennaio 2023
“Sulle intercettazioni parole sbagliate e fuori linea”. Il governo prova a contenere le uscite di Nordio
Anche in Parlamento la destra si divide sulle dichiarazioni del ministro: “Un errore inimicarci proprio adesso il fronte dell’antimafia”

Contenere la “bomba” Nordio. «Com’è possibile aver fatto questo capolavoro, cioè inimicarsi il fronte antimafia nella settimana in cui la giustizia in Italia scrive una pagina storica?», si sfoga un senatore FdI. Ovattare le provocazioni del Guardasigilli con l’elmetto. Era difficile, in effetti, segnare un colpo come la cattura di Matteo Messina Denaro e contemporaneamente accendere la contrarietà di magistrati e antimafia civile intorno al progetto del ministro della Giustizia di «una revisione profonda dello strumento delle intercettazioni», obiettivo mai nascosto da parte dell’ex toga veneta, ma rilanciato e dettagliato con “lezioni” somministrate ai pm, prima dal Senato, poi ieri dalla Camera, proprio nelle ore di una temporeanea, non scontata vittoria comune.

«E comunque sul fatto che si continua a intercettare anche per corruzione, frodi, e vari traffici criminali mi pare che adesso è più chiaro, no? Il ministro si è spiegato con maggiore chiarezza, e pazienza», dice sarcastico uno dei deputati più in contatto con Palazzo Chigi. Sempre di maggioranza, un’altra voce, lucida: «Il ministro dice cose non scorrette, ma un po’ datate, a volte. Anche sull’abuso d’ufficio: ci sono stati interventi normativi che già hanno delimitato l’area in cui incide. Certe intemerate appaiono superflue».
È giovedì sera, l’ora in cui i parlamentari scattano con i trolley verso gli aerei o i treni, sospiro di sollievo per come si è chiusa la seconda giornata di relazione del Guardasigilli ieri, a Montecitorio (tra i troppi applausi di Forza Italia, non graditissimi), andata a segno anche l’elezione del decimo laico al Csm che, dopo il grave impasse del caso Valentino, si prepara all’insediamento dopo veleni e scandali.

«Ecco, che bisogno c’era di svegliare il can che dorme, noi, adesso?», è la rustica immagine che usa un altro parlamentare meloniano, riferendosi alle toghe che non erano pregiudizialmente sul piede di guerra. «Una parte dei magistrati, seri, sono alla finestra a capire quale idea abbiamo: magari persino disposti a considerare che la nostra politica giudiziaria non è vetero berlusconismo. E invece: bum, gli facciamo ‘sto regalo».

Nervosismo, è dire poco. Anche se le dichiarazioni ufficiali di FdI ieri blindano i varchi creati in queste ore, l’irritazione per «i concetti» e «i toni» espressi da Nordio — ritenuti «sbilanciati» — non viene nascosta. Accomuna anche esponenti della Lega, oltre ai meloniani di peso: «Visto che noi siamo quelli che difendono l’ergastolo ostativo, chiedono certezza della pena, teniamo il punto all’ultimo referendum con il No alla cancellazione della Severino». Queste “complicazioni” create dalla postura di un Guardasigilli (che era stato scelto dalla premier anche in ragione del suo profilo autonomo e ruvido), ora spinge Palazzo Chigi a qualche attenzione.

Sopire, correggerre. Anche se poi Meloni e Nordio ieri si vedono intorno alla torta di compleanno di lei, con tutti, e saluti e sorrisi appaiono senza cedimenti. Ma la consegna è “armonizzare” le esternazioni più radicali di lui. E per svolgere la missione, che non vale solo per ieri, ma da oggi si consolida, la presidente del Consiglio fa leva soprattutto su due figure. Da un lato Andrea Delmastro, il sottosegretario alla Giustizia che non a caso, tre giorni fa, mentre Nordio apriva il fuoco su captazioni, trojan e abusi dei magistrati, si precipita in tv a dire: «Le Procure non saranno mai private delle intercettazioni». Dall’altro, la figura chiave di Chigi, il sottosegretario alla Presidenza, Alfredo Mantovano, altra toga, pacato, lontano da tensioni conflittuali.

«Le mafie e i delinquenti sono quelli che dobbiamo fare arrabbiare, appena arrivati, non i magistrati che ti arrestano Messina Denaro. Quindi, anche per i reati spia restano le cimici, tranquilli: però senza gli abusi ignobili delle conversazioni private sui giornali. Questo vuole dire il ministro, ma si fa coinvolgere forse da vecchie battaglie. E alla Camera lo ha detto. Certo, meglio di mercoledì in Senato con quella scivolata mostruosa con i boss che non parlano al cellulare», ancora il senatore. Sospiro teatrale: «Alcune cose le dice male, con la spada. Altre non sono completamente in linea», ribadisce il parlamentare di FdI.

Se c’è una cosa che però ha creato disagio, e incrinato seppur per qualche ora gli equilibri tra Palazzo Chigi e via Arenula è stato quell’annuncio dello stop alle intercettazioni «per i reari minori»: «Non vacilleremo, non esiteremo nella rivoluzione copernicana su questa forma di abuso», uno squillo di tromba al Senato, Ieri, altra musica: «Intercettazioni anche per i reati satellite», corregge Nordio. Frenare il ministro con l’elmetto, salvare, dicono, il senso di Meloni per la giustizia.

 

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