Il patto necessario contro l’inflazione per salvare consumatori e pensioni

Pasquale Tridico La Repubblica 20 gennaio 2023
Il patto necessario
Contro l’inflazione che attacca il potere d’acquisto dei consumatori serve un accordo tra sindacati, imprese e governo

 

Caro Direttore, il dibattito sulla dinamica dell’inflazione, grazie agli interventi di alcuni economisti di fama mondiale come Blanchard, Stiglitz e Krugman, sono utili per capire l’attuale situazione italiana ed elaborare soluzioni per la crescita economica. La loro visione non ortodossa vede l’inflazione come originata da un conflitto distributivo tra imprese, lavoratori e stato attraverso la tassazione, Invece, la teoria economica dominante degli ultimi 30 anni considera l’inflazione un fenomeno monetario generato da un eccesso di domanda legato alla spirale salari-prezzi e a politiche monetarie accomodanti. Come avvenuto negli anni ’80, quando la rincorsa tra salari e prezzi ha autoalimentato una forte inflazione.

Oggi, il fenomeno sembra avere origini diverse. Durante la pandemia, si sono verificate penurie temporanee di approvvigionamenti e strozzature nelle catene del valore che hanno inciso su un iniziale aumento dei prezzi. Quasi senza soluzione di continuità, si è poi aggiunto l’incremento dei prezzi del settore energetico scatenato dalla guerra di aggressione della Russia in Ucraina, che a catena si è riversato su incrementi dei prezzi in altri settori produttivi. Nel frattempo, i salari sono rimasti invariati. E ciò innesca un “conflitto distributivo”, con prezzi ed extra profitti in crescita e salari stagnanti.

In questo contesto, è sbagliato intervenire con politiche restrittive e alzare i tassi di interesse, come fatto dalla Bce, perché si rallenta la crescita economica e l’occupazione. Sarebbe come intervenire dall’alto con un elicottero per spegnere un incendio che si è originato in una stanza della casa con dosi massicce di acqua, con il rischio di allagare tutta la casa, piuttosto che intervenire chirurgicamente con un estintore nella stanza, e salvare la casa. Ovvero, per uscire dalla metafora, salvare crescita economica e occupazione.

Se l’origine di questa inflazione è legata al fatto che i costi (soprattutto energetici) sono cresciuti, le imprese li ribaltano sui prezzi e si mantengono costanti i salari monetari, la soluzione non può essere il raffreddamento dell’economia, ma una serie di interventi mirati. Innanzitutto, adottare il controllo dei prezzi energetici, con un price-cap non solo per i fornitori di materie prime energetiche nel mondo, come ottenuto dal governo a livello europeo, ma anche per le aziende fornitrici e trasformatrici di energia. Tassare gli extraprofitti ha scarso successo, non riesce a contenere l’inflazione e i costi di nuove tasse verrebbero scaricati comunque sui consumatori. In secondo luogo, come avvenuto anche in altri Paesi, sarebbe opportuno introdurre “politiche dei redditi” e sottoscrivere un patto tripartito tra sindacati, imprese e governo che dovrebbe prevedere: 1. il contenimento dei prezzi da parte delle imprese con una programmazione dell’inflazione insieme ai sindacati; 2. uno sforzo da parte dello Stato per far recuperare ai lavoratori il potere d’acquisto eroso dall’inflazione, attraverso beni e servizi pubblici a prezzi contenuti, sostegno ai redditi, contrasto alla povertà, riduzione del cuneo fiscale; 3. incentivi alle aziende per favorire investimenti ad alto contenuto tecnologico, capace di trainare incrementi di produttività del lavoro e quindi successivi incrementi salariali.

Infine, occorre tenere presente che l’attuale contesto inflattivo ha un impatto negativo sulla sostenibilità dei conti pensionistici. Solo gli adeguamenti attuali delle pensioni costano ai conti pubblici circa 24 miliardi l’anno. Questi incrementi, tuttavia, se i salari rimangono costanti, non vengono adeguatamente “coperti” dai versamenti contributivi dei lavoratori e delle aziende. Per avere sempre la sostenibilità necessaria non solo è importante spingere in alto il tasso di occupazione, combattere il lavoro nero e l’evasione contributiva, ma anche prevedere la giusta proporzionalità tra gli incrementi di salari e adeguamenti di pensione. Oggi, mentre queste ultime vengono adeguate, seppure in maniera decrescente al crescere dell’assegno pensionistico, i salari continuano a essere fermi. Ed è questo che rischia di bloccare la crescita economica presente e mina la sostenibilità futura.

L’autore è presidente dell’Inps e professore di Politica economica all’Università Roma Tre

 

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