Nuova Zelanda, la premier Jacinda Ardern annuncia le dimissioni in lacrime

Irene Soave Corriere della Sera 20 gennaio 2023
Nuova Zelanda, la premier Jacinda Ardern annuncia le dimissioni in lacrime
Lascerà l’incarico il 7 febbraio. In una conferenza stampa a sorpresa la leader laburista ha detto: «Non ho più l’energia per continuare». Poi la proposta al compagno: «Clarke, sposiamoci». Le elezioni si terranno il 14 ottobre

Diventata premier a 37 anni, progressista nelle scelte politiche, ferrea nella gestione delle emergenze — dall’attentato terroristico di Christchurch alla pandemia — la leader neozelandese Jacinda Ardern è per molti analisti la premier più importante della storia del suo Paese; anche la fine del suo mandato, annunciata il 19 gennaio in una conferenza stampa a sorpresa, ha un che di epocale, o almeno generazionale. Dopo cinque anni e mezzo di governo, «i più appaganti della mia vita», ha annunciato che si dimetterà il prossimo 7 febbraio, alludendo ai sintomi di un burnout. «Non ho più energia». Il suo secondo mandato dura da poco meno di tre anni. Le prossime elezioni si terranno il 14 ottobre.

Davanti ai giornalisti, molto emozionata, non è riuscita a trattenere la commozione e le lacrime. La 42enne leader laburista ha detto che durante l’estate aveva sperato di trovare l’energia per andare avanti «ma non sono stata in grado di farlo». «Guidare un Paese», ha detto con voce strozzata, «è un compito di massimo privilegio, ma anche uno tra i più faticosi», ha detto. «Non puoi e non dovresti affrontarlo a meno di non avere un serbatoio pieno. E un po’ di riserva per le sfide inaspettate».

Le sfide inaspettate non sono mancate nei cinque anni di governo di Jacinda Ardern, e il mondo l’ha osservata con crescente ammirazione mentre ne gestiva una dopo l’altra. L’assalto alle due moschee di Christchurch nel 2019 è stata la prima: 51 fedeli musulmani uccisi, 40 feriti da un suprematista bianco australiano. Ardern ha incontrato il giorno seguente la comunità musulmana della città, indossando un hijab e proclamando due minuti di silenzio nazionali. Empatia; ma anche fermezza. Sei giorni dopo ha promulgato leggi decisive per un giro di vite sull’uso delle armi, vietando del tutto le semi-automatiche. E ha rifiutato di dire il nome dell’attentatore: «Cercava molte cose in questo atto, tra cui la notorietà. Ed è per questo che non me lo sentirete mai nominare».

Pochi mesi dopo il vulcano di Whaakari, un’isola del Paese, erutta e Ardern si trova di nuovo a consolare una comunità; i morti questa volta sono ventuno.

Eletta nel 2017, era la premier più giovane degli ultimi 150 anni nel Paese, nonché la terza donna in quel ruolo dopo Jenny Shipley (1997-1999) e Helen Clark (1999-2008). Già dopo pochi mesi di governo aveva collezionato una serie di apparizioni più che simboliche: è stata la prima premier del Paese a partecipare a un Pride, nel 2018; a incontrare la regina Elisabetta, al verti ce dei leader del Commonwealth dello stesso anno, è andata indossando il korowai, abito tradizionale Maori. A giugno del 2018 è diventata madre (prendendo sei settimane di maternità): la figlia Neve è stata la prima bambina allattata al seno da un leader nel palazzo delle Nazioni Unite, dove all’Assemblea Generale di quell’anno ebbe persino il suo minuscolo pass.

Ma la massima popolarità all’estero — in patria negli ultimi mesi i sondaggi continuano a declinare — Jacinda Ardern l’ha guadagnata per la gestione, ferrea, della pandemia. Subito chiusura delle frontiere e lockdown, già dopo i primi casi nel 2020; emergenza contenuta efficacemente (nonostante qualche difficoltà nel rimpatrio dei suoi connazionali dall’estero). Un anno fa, in piena ondata di Omicron, ha posticipato le sue nozze: l’emergenza era ancora alta.

Non è un caso, dunque, che nel discorso in cui ha annunciato le sue dimissioni, il 19 gennaio, abbia anche chiesto al suo compagno di una vita Clarke Gayford di «sposarci, finalmente». Ha anche promesso alla figlia Neve «di essere finalmente lì con te ora che cominci la scuola», e dichiarato di voler passare «più tempo con la mia famiglia: evidentemente sono loro che hanno fatto i maggiori sacrifici in questi anni».

E anche le sue dimissioni, proprio come il piglio «femminile» nella gestione del potere che spesso le è valso il plauso internazionale, hanno il sapore di una rivoluzione culturale. Irrituali nella grammatica politica classica, «lasceranno, lo so già, spazio a un ampio dibattito su quali fossero le mie vere ragioni», ha detto Ardern. «Ma il punto è che anche i politici sono umani. Facciamo tutto quello che possiamo per tutto il tempo che possiamo, e poi a un certo punto è ora di andare. Ecco, per me è ora».

La notizia ha terremotato i laburisti, la premier era al ritiro del caucus del partito a Napier quando ha annunciato l’addio in conferenza stampa: «Sono rimasti sorpresi, ma mi hanno capita — ha poi spiegato lei — . Se non ho quello che serve, devo lasciare che qualcun altro si occupi di questo lavoro». Domenica i Labour terranno una votazione per un nuovo leader e un nuovo candidato primo ministro. Ardern si è detta convinta che la sua squadra sia perfettamente in grado di portare avanti il Paese e vincere le prossime elezioni: «Non me ne vado perché credo che non possiamo vincere le elezioni, ma perché credo che possiamo e lo faremo». Nessuno «scandalo segreto» dietro le sue dimissioni, assicura, ma una scelta personale e di vita: «Sono umana. Diamo il più possibile il più a lungo possibile e poi arriva il momento. E per me è questo il momento. Renderei un cattivo servizio ai neozelandesi se continuassi».

Poi le parole dedicate alla famiglia. Dopo aver ricordato il supporto costante di chi l’ha sostenuta in questa difficilissima decisione, si è rivolta direttamente al compagno Clarke Gayford, che era lì ad aspettarla. Prima, un pensiero alla figlia: «A Neve, la mamma non vede l’ora di essere lì quando inizierai la scuola quest’anno. E a Clarke, sposiamoci». Alla piccola delle dimissioni non aveva detto niente: «I bambini di 4 anni sono chiacchieroni, non potevamo correre il rischio». Per quanto riguarda le nozze, la premier era stata costretta ad annunciare il rinvio a gennaio di un anno fa a causa delle restrizioni decise dal suo governo per contrastare la nuova ondata di Covid-19 in Nuova Zelanda. Sollevata, al termine della conferenza stampa, Ardern ha abbracciato il compagno e lasciato con lui, sorridendo, la sala. Vorrebbe che i neozelandesi la ricordassero — ha detto — «come qualcuno che ha sempre cercato di essere gentile» e ha voluto sottolineare che uno dei suoi più grandi privilegi «è stato lavorare con i Māori».

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