Andrea Marinelli e Guido Olimpio Corriere della Sera 21 gennaio 2023
I 10 punti sulla guerra in Ucraina da tenere d’occhio in vista della decisiva battaglia di primavera
Il punto militare. Un anno dopo, si ricomincia da capo. Il direttore della Cia William Burns vola a Kiev e presenta i possibili piani russi. L’aiuto della coalizione era iniziato per evitare la sconfitta ucraina, ora l’obiettivo è la liberazione dei territori occupati
Dieci punti per delineare il conflitto, le forniture, le incognite mentre si avvicina l’anniversario dell’invasione.
1. Sembra di rivivere l’inverno 2022. Il capo della Cia William Burns è in piena azione, vola a Kiev e presenta a Zelensky i possibili piani russi come successe un anno fa. Intanto i generali americani discutono le opzioni ed assistono la resistenza con contatti diretti. Gli alleati lanciano una nuova iniziativa di supporto. L’intelligence, ieri come oggi, è cruciale nella «prevenzione» delle mosse e nell’individuazione dei lati deboli avversari.
2. L’aiuto della coalizione — che si è incontrata oggi a Ramstein — è iniziato con l’obiettivo di evitare la sconfitta dell’Ucraina, ora il target è quello di favorire la liberazione dei territori. Progetto ambizioso e costoso. La nuova assistenza è calibrata per questo.
3. Il Pentagono, insieme ai partner, ha indicato con chiarezza: l’esercito di Zelensky va dotato di equipaggiamenti e dell’addestramento per condurre azioni su larga scala con contingenti ampi. È ciò che i soldati stanno imparando a fare in queste settimane. Serve comunque tempo, come servono i sistemi anti-aerei. Per alcuni la Casa Bianca deve sbloccare i razzi a lungo raggio per stabilire un equilibrio e per incalzare gli occupanti nelle retrovie distanti. Kiev li ha chiesti, idem per i caccia che alcuni Stati sarebbero pronti a dare. L’Olanda ha offerto gli F16.
4. I tank «pesanti». L’Ucraina ha sempre dichiarato di avere bisogno di un «parco» di 300-500 carri armati. La Nato discute l’invio di mezzi adeguati e la scelta cade sul Leopard tedesco in quanto il modello è disponibile in numerosi Paesi europei. La Germania ha fermato il «processo» con il veto sulla riesportazione dei tank. Quanto alla consegna, oltre all’ok di Berlino, molto dipenderà dalle condizioni dei mezzi, dal lavoro per riattivarli e dal training. Washington intanto avrebbe chiesto alla Grecia di consegnare 2-3 Leopard a Kiev nella speranza che questo induca il cancelliere Olaf Scholz a cambiare idea, non essendo lui ad avere infranto il tabù. Scorciatoie non incoraggianti se paragonate alla posta in gioco.
5. I carri armati cambiano davvero il quadro? Mosca, nelle sue reazioni minacciose, afferma di no. Qualche analista sottolinea l’importanza dei corazzati (inclusi i blindati in arrivo) ma avverte anche che al massimo riusciranno a creare un paio di brigate. Ancora poche rispetto agli impegni.
6. La guerra è logistica, logistica, logistica. Gli ucraini devono preoccuparsi della manutenzione, dei rifornimenti, dell’appoggio, della gestione di un arsenale imponente. È un impegno gravoso che cresce e introduce difficoltà per la disparità di veicoli/cannoni/blindati. Decine di tipi, ognuno con le sue caratteristiche. Indispensabile uniformare, ma come arrivarci quando i fornitori attingono a depositi diversi? Gli ottimisti confidano nella determinazione e nell’arte d’arrangiarsi messa in mostra dai «difensori» nei mesi passati.
7. Un esperto, Tyler Rogoway, insiste su un aspetto: le spedizioni di armamenti servono da deterrenza, rappresentano un messaggio lanciato verso il Cremlino per ribadire che non potrà vincere.
8. Vladimir Putin, invece, è convinto di farcela e lo dichiara. Si affida alla quantità da gettare letteralmente sul campo di battaglia, conta sulla tradizione di un’Armata che — nonostante tutto — tiene il colpo, spera che gli «altri» si stanchino. La strategia di logoramento, nella sua visione, sfinisce gli sponsor stranieri, consuma gli ucraini. Fonti dell’intelligence tedesca hanno fatto trapelare sullo Spiegel indiscrezioni allarmate sull’alto numero di perdite patito dagli ucraini a Bakhmut. La soffiata conferma, allo stesso tempo, la tattica suicida degli invasori mandati all’assalto senza preoccuparsi delle conseguenze. Per il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin gli occupanti, oltre ai morti a centinaia, starebbero esaurendo le munizioni.
9. Lo Stato Maggiore esegue gli ordini del neo-zar, raccoglie tutte le forze possibili. I regolari e i mercenari della Wagner. È in pressing sulla Bielorussia perché «entri» con le unità. Una mobilitazione strisciante. I «sovietologi», in base alla loro esperienza, sono scettici, ritengono che emergeranno i nodi mai sciolti, le carenze, i «freni» di una struttura mai riformata. Credono poco nei ritmi dell’industria bellica. Ma sono previsioni, variabili, mai certe. Perché la Russia non mostra segni di cedimento.
10. L’attenzione è concentrata sulla primavera, quando i due schieramenti proveranno a rompere lo stallo. Tuttavia a Washington invitano a guardare oltre: i generali americani avvisano che sarà arduo cacciare via gli invasori nell’anno in corso, gli scenari sono di medio e lungo termine. E su questo sono d’accordo con Putin.