Manovra stipendi, l’altra inchiesta che ora può fare male

Matteo Pinci La Repubblica 21 gennaio 2023
Manovra stipendi L’altra inchiesta che ora può fare male
Le mosse del procuratore Chinè

 

Non è finita. La giornata più nera della Juventus negli ultimi dieci anni è solo l’antipasto di qualcosa che dovrà ancora accadere. Se il sistema delle plusvalenze vale 15 punti di penalizzazione e qualche anno di inibizione per i dirigenti che l’hanno amministrata per quasi un decennio, cosa succederà adesso? La Procura federale ha altri due dossier aperti sulla questione, tutti ispirati dalla mole infinita di carte dell’inchiesta Prisma, l’indagine condotta dalla procura di Torino. Quindici faldoni, migliaia di pagine di intercettazioni e interrogatori. Che possono portare a nuove sanzioni, altrettanto gravi.

La decisione della Corte rafforza ulteriormente l’indagine bis sulle plusvalenze emerse dalle carte: altri affari, altri scambi su cui ha acceso i fari il procuratore Chinè. Cosa succederà? Se venisse accolto l’impianto, la Juve potrebbe rischiare una nuova sanzione simile? Oppure dovrebbe essere considerata già giudicata sul tema, visto che la Corte d’Appello non si è concentrata sui singoli scambi, ma sul sistema adottato dai dirigenti dell’epoca?
In ballo, però, c’è molto di più.

Il dossier più caldo riguarda le cosiddette manovre stipendi. Le operazioni con i calciatori con cui la Juventus, nelle stagioni 2019/20 e poi 2020/21, ha posticipato una parte dei pagamenti dovuti ai suoi calciatori, facendo firmare loro prima una rinuncia e poi degli accordi per restituire, se non tutti i soldi, almeno una ampia parte. Soltanto la prima manovra riguardava una novantina di milioni di stipendi, di cui 61 soltanto posticipati. La seconda invece, discussa non collettivamente, ma giocatore per giocatore, ha raccolto solo 17 adesioni. Ma sempre, l’accordo per posticipare i pagamenti è stato scritto su carte non federali.

E depositato in un secondo momento, almeno questo ha ritenuto la procura di Torino, che lo ha trasmesso al procuratore della Federcalcio Chinè. Questo non è affatto un dettaglio. Gli accordi scritti su carte non federali e non depositati — come, ad esempio, quelli della seconda manovra — violerebbero, se riconosciuti tali, l’articolo 31 del Codice di giustizia sportiva. Possono portare a penalizzazioni, sì, ma questo, paradossalmente, sarebbe il meno. Più grave sarebbe la multa: «La società che pattuisce con i propri tesserati o corrisponde loro compensi, premi o indennità in violazione delle disposizioni federali vigenti, è punita con l’ammenda da uno a tre volte l’ammontare illecitamente pattuito o corrisposto». Basta quindi averlo pattuito, non serve nemmeno aver versato le somme.

E qui entra in gioco la famosa “carta Ronaldo”, lo scambio di documenti via email che i pm torinesi hanno ritrovato, insieme alle mail tra l’ex ds Paratici e il rappresentante del portoghese. Con CR7, la Juventus cercava un accordo per posticipare il versamento di 19,5 milioni di euro di stipendi. E lo ha fatto con scritture private, non carte federali. Fossero certificate come violazioni, potrebbero portare a una multa fino a tre volte quel valore. Uno tsunami in grado di far tremare le fondamenta stesse di una squadra di calcio.

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