Andrea Carugati il Manifesto 22 gennaio 2023
A battesimo il nuovo Pd. Ma Bonaccini lo smonta subito
Approvato il manifesto dei valori più di sinistra. Il nuovo testo critico sul neoliberismo piace a Schlein, Orlando e Speranza. Che sigilla il rientro di Art.1. Il governatore: «Quello del 2008 è attuale»
Stefano Bonaccini parla per ultimo, dopo quasi sei ore di assemblea del Pd: «Oggi non ho mai sentito risuonare la parola impresa. Per me è inconcepibile per una forza progressista e riformista perché senza impresa non c’è lavoro». E ancora: «Mai più discussioni incomprensibili tra noi sulle regole del congresso». La costituente? «Quella la faremo dopo le primarie, provando a capire come parliamo al paese per farci comprendere in 30 secondi». Il nuovo manifesto dei valori? «A me quello del 2007 pare ancora attuale». C’è n’è anche per Speranza e quelli di Articolo 1, che proprio ieri hanno festeggiato il rientro nella casa madre dopo la scissione anti-Renzi del 2007: «Sono contento che siete tornati, ma da solo questo è poca cosa. Una vera costituente deve riportare milioni di elettori che non ci votano più».
IN 20 MINUTI DI INTERVENTO uno dei due favoriti alla guida del Pd smonta praticamente tutto il lavoro fatto da Letta dopo la sconfitta del 25 settembre.
E che era l’oggetto della discussione di ieri: un nuovo manifesto dei valori, per adeguare in chiave autocritica il Pd alla crisi del modello neoliberista, per archiviare l’impostazione blairiana.
Un testo che alla fine è stato approvato dall’assemblea a larga maggioranza (450 sì, 18 contrari e 22 astenuti), salutato con entusiasmo da Enrico letta (che ha guidato con Roberto Speranza i 100 saggi del comitato che lo hanno scritto): «Un testo bello, moderno, che ha sciolto molti nodi con chiarezza, e deve diventare la base politica della nascita del nuovo Pd», le parole del segretario uscente.
Che alla fine esce del suo ecumenismo per replicare a Bonaccini: «Nel manifesto ci sono tanti riferimenti alle imprese». E infatti nella versione finale lo stesso Letta ha fatto aggiungere una frase sulle imprese come «patrimonio essenziale del paese».
Apprezzamenti anche da Elly Schlein, Gianni Cuperlo, Andrea Orlando (che parla di «un compromesso positivo») e da Speranza che avverte: «Ci sono scritte cose importanti e impegnative, ma per riconquistare la fiducia delle persone non basta scriverle, serve coerenza».
Certo, lo stesso Letta spiega che il testo del 2007 non viene archiviato, ma resta accanto a quello nuovo, «perché sarebbe stato sbagliato fare le pulci al lavoro fatto da persone come Pietro Scoppola e Alfredo Reichlin». Una sorta di ritomo alla filosofia del ma anche.
L’ASSEMBLEA, CHE IN TEORIA dovrebbe ospitare circa 1200 persone, ne vedi presenti circa 200, e almeno la metà sono i revenant Articolo 1.
In centinaia hanno preferito collegarsi da casa via zoom.
La scena fotografa una spaccatura che è più forte del fatto che i candidati non si siano attaccati in modo diretto.
Da una parte c’è Schlein che tenta di personificare una «inversione di rotta» rispetto agli «errori che sono stati commessi in questi anni». E che si pone come obiettivo quello di «ricucire» con i mondi del lavoro e della scuola dopo i disastri dell’era Renzi e di affermare una visione crtica sul modello di sviluppo.
Dall’altro c’è Bonaccini che vuole «un Pd che torna a fare il Pd», rivuole la «vocazione maggioritaria» e critica l’eccesso di verbosità dei colleghi: «Un partito laburista il lavoro non si limita a evocarlo, bisogna fare progressi non enunciazioni». Le parole di critica arrivano non sulle scelte politiche del passato, ma sui tempi del congresso («troppo lungo, sembriamo marziani», il peso delle correnti, il mancato coinvolgimento degli amministratori.
Cuperlo lo punge su questo: «Ora non ci serve un programma di governo, ma un pensiero potente sul tempo che viviamo, non basta una buona pratica di governo».
A CONFERMA DELLO SCARSO interesse di Bonaccini per il «nuovo Pd», il fatto che praticamente nessuno dei suoi sostenitori prenda la parola nelle sei ore di riunione. Tranne la vicesegretaria in pectore Pina Picierno, che mette subito in chiaro come non ci siano 15 anni di errori da riparare: «Questa non è la costituente di un nuovo partito, ma di questo partito e di 15 anni di storia in una continuità di valori. Nessuna delle ragioni per cui è stato fondato il Pd è venuta meno, anzi quelle ragioni si sono rafforzate».
C’È SPAZIO ANCHE PER UN botta e risposta tra Orlando e Bonaccini. Se il primo invita a riflettere sul cambio del nome in «partito del lavoro» (una questione di sostanza, non solo di forma»), il governatore emiliano replica: «Non ho trovato un cittadino che mi ponesse questo tema, mi chiedono invece di cambiare politiche e classe dirigente».
Scintille anche sul rapporto con Meloni. Se Bonaccini ripete ogni giorno che appena eletto chiederà un incontro alla premier, Orlando risponde: «Forse le abbiamo fatto qualche sconto. Sul fatto che abbia aderito a tutti i valori della democrazia costituzionale ho qualche perplessità, visto che lei ha citato Almirante che voleva due pene di morte per i terroristi. Un po’ di cautela!».
Alla fine Bonaccini abbraccia Letta e i 3 sfidanti. «Se vinco chiederò loro di dare una mano, se perdo mi metto a disposizione».
C’è tempo anche per una foto ricordo con i 4 candidati. Prima di andarsene, il governatore emiliano sussurra al suo vicino di banco: «Sembrava il congresso del Pcus..».