Mario Manca Vanity Fair 20 Gennaio 2023
Call My Agent Italia è il remake italiano migliore di sempre
Arriva il 20 gennaio su Sky la versione italiana di Chiami il mio agente!, la popolare serie francese dedicata al dietro le quinte del cinema e dei suoi capricci. E noi ce ne siamo innamorati
Quando abbiamo saputo che Sky avrebbe realizzato un remake di Chiami il mio agente!, la serie francese disponibile su Netflix e apprezzatissima dalle bolle a cui piacciono le cose che piacciono alle bolle, abbiamo un po’ tutti sudato freddo perché capita spesso che gli adattamenti nel nostro Paese seguano due strade: o la copia carbone dell’originale (vedi Noi) o lo stravolgimento a favor di contesto (vedi Tutto può succedere).
L’altra paura era che le star del cinema italiano, abituato da tempo a prendersi decisamente troppo sul serio, non avrebbero accettato di mettersi in gioco fino a questo punto, accettando di comparire in una serie nella quale avrebbero dovuto prendersi in giro evidenziando i loro capricci e i loro difetti. Fortunatamente ci sbagliavamo, perché Call My Agent Italia, disponibile su Sky e in streaming su NOW dal 20 gennaio, è il miglior adattamento che Chiami il mio agente! avrebbe potuto desiderare.
Godibile, divertente, brillante, Call My Agent Italia ricalca, sì, la trama dell’originale così come gli altri remake della serie nel mondo (ce n’è stato uno anche in Corea), ma adattandola al contesto e alla narrazione più italiana (e romana) che ci sia. Per chi non conoscesse la serie originale, partiamo dai fondamentali: gli episodi ruotano attorno a un’agenzia, la fittizia CMA, che rappresenta i principali attori, registi e sceneggiatori del cinema italiano. Per rappresentare intendiamo che gli agenti che fanno parte della CMA fanno in modo che i propri assistiti-artisti ottengano gli ingaggi migliori perché più sarà alto il compenso pattuito dal contratto e più sarà grande la fetta che quegli agenti si porteranno a casa – ossia il 10% del loro cachet. Il titolo originale di Chiami il mio agente! in Francia è, non a caso, Dix Pour Cent (10%, appunto).
Ogni agente ha la sua personalità e la sua scuderia di artisti da coccolare e promuovere: c’è Vittorio (il bravissimo Michele Di Mauro), freddo e calcolatore, il tipico esemplare che cura più i suoi interessi che quelli del gruppo al quale appartiene; c’è Lea (una Sara Drago in stato di grazia), donna in carriera che fa fuori le sue assistenti come nel Diavolo veste Prada perché sembra che nessuna stia al suo passo; c’è Elvira (Marzia Ubaldi) che, con il suo cagnolino Marcello (che sta per Mastroianni. Nella versione originale si chiamava Jean Gabin), rappresenta l’anello di congiunzione tra lo star-system di ieri e quello di oggi; e c’è Gabriele (un Maurizio Lastrico sempre più bravo), il più pasticcione e il più di buon cuore tra i colleghi. Gli equilibri della CMA si complicano, però, quando Claudio Maiorana, il deus ex machina dell’agenzia, decide di mollare il lavoro per godersi la pensione in un luogo esotico dove il cellulare prende e non prende e quando si fa viva una ragazza di nome Camilla (Paola Buratto), che scopriremo essere presto la figlia illegittima di Vittorio, intenzionata a fare la sua parte e ad entrare alla CMA in incognito proponendosi come nuova assistente di Lea.
In mezzo a loro, oltre ad attori comprimari bravissimi come Francesco Russo (ma quanto è bravo?), Sara Lazzaro, che riesce a reggere alla perfezione il confronto con il personaggio originale interpretato da Laure Calamy, il bel Filippo De Carli e la magnetica Kaze, ci sono loro: gli artisti, coloro che hanno accettato la sfida di interpretare una versione esagerata di loro stessi in Call My Agent Italia rivelando quel senso di profonda autoironia che temevano l’Italia non riuscisse a eguagliare.
Anche qui, il risultato è andato oltre le aspettative: da Paola Cortellesi, alle prese, come la Cécile de France della versione originale, con il delicato problema dell’età che avanza e una spassosissima videochiamata con Alberto Angela (sì, quello vero) e un servizio fotografico esclusivo di Vanity Fair (grazie Sky, grazie Palomar) che finirà per costarle caro, a Pierfrancesco Favino, intrappolato nei panni di Che Guevara per una serie che ha girato e dalla quale non riesce a liberarsi con grande apprensione da parte della moglie Anna Ferzetti, abituata al fatto che Picchio – questo è il soprannome di Favino – ogni tanto ci metta talmente tanto nei suoi personaggi da conservarne uno strascico -; da Stefano Accorsi, che dimostra un talento brillante mostrando la parte più stakanovista del suo essere come Isabelle Huppert in Chiami il mio agente!, a una Matilda De Angelis alle prese con le shitstorm che si scatenano su Internet e dalle quali occorre tirarsi fuori prima che diventino incontrollabili; da Corrado Guzzanti, che abbraccia con reticenza la proposta di partecipare a una sorta di Fleabag italiano interpretato da Luana Pericoli, attrice di scarso talento e fanalino di coda dall’agenzia interpretata da una straordinaria Emanuela Fanelli, a una serie di cameo indimenticabili come quello di Pif, dipendente dal suo agente come se fosse il suo guru spirituale, del Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano Piera Detassis, di Joe Bastianich, del piccolo Federico Ielapi del Pinocchio di Garrone, e di Paolo Genovese, simbolo del più grande capitombolo della storia della CMA visto che, al momento della sua proposta di Perfetti sconosciuti, il suo agente gli aveva risposto che l’idea non avrebbe mai funzionato, ignorando che di lì a poco sarebbe diventato il film italiano più riproposto al mondo.
L’episodio, tuttavia, che ci ha davvero conquistato e che vale un abbonamento a Sky è quello di Paolo Sorrentino che, staccandosi completamente dalla serie originale, a dimostrazione che i rifacimenti bisogna saperli fare, arriva alla CMA con una proposta decisamente sopra le righe – un sequel di The Young Pope dal titolo Lady Pope con protagonista Ivana Spagna e Denzel Washington – che verrà dirottato in un modo geniale che non vi diciamo.
Insomma, qualora non fosse ancora chiaro, Call My Agent Italia è la dimostrazione che il modo italiano di prendere le idee che arrivano dall’estero e farle proprie è unico e inimitabile, perché pochi sarebbero riusciti a trasformare Chiami il mio agente! in un capolavoro di questa portata, esaltato dalla regia di Luca Ribuoli, già dietro un’altra gemma rara e sottovalutata dell’universo Sky come Speravo de morì prima, e soprattutto dalla sceneggiatura di Lisa Nur Sultan, che ha partorito serie pazzesche come Circeo e film deliziosi come Beata te, sempre su Sky, e di Federico Baccomo.
La speranza, naturalmente, è che la serie vada avanti per tante altre stagioni coinvolgendo tanti nuovi artisti – adoreremmo Valeria Bruni Tedeschi e Valeria Golino, ma anche Valerio Mastandrea ed Elio Germano, per non parlare di Sophia Loren e di Claudia Cardinale – con la speranza che il pubblico se ne innamori così come ce ne siamo innamorati noi. La parola capolavoro spesso è usata a sproposito, ma questa volta non potrebbe essere più calzante.