Visioni e sensibilità contrapposte la vera pietra d’inciampo del Pd

Lucia Annunziata La Stampa 22 gennaio 2023
Visioni e sensibilità contrapposte la vera pietra d’inciampo del Pd
Il documento approvato ieri è abbastanza generico da non toccare nervi scoperti. Solo tre righe ai diritti civili, un piccolo capolavoro l’equilibrio tra pace e guerra


Salutiamo oggi Enrico Letta, decimo segretario, in 15 anni, del partito democratico. Su chi lascia, come lui, a testa alta, dopo una sconfitta, non ci sono discorsi ma solo rispetto. Gli ultimi minuti in carica di questo segretario riluttante e non sempre facilmente leggibile, sono stati attraversati da una certa emozione e un altrettanto certo sollievo. Da oggi il suo partito avvia tecnicamente una fase di rifondazione, si parla infatti, impegnativamente, di una “costituente”.

Tuttavia, il (molto atteso) documento dei valori, su cui si dovrebbe articolare questa rinascita democratica, riserva una vera sorpresa: il testo di 15 pagine sembra appartenere ad altri tempi. È una piattaforma di obiettivi di buon senso, orientati a una società tradizionale, in cui si parla molto di sostegno (dello stato, della comunità) e meno di diritti civili. E in cui i drammi del presente, e il timore del futuro, tutte le ansie di pandemia, inflazioni e guerre, sono del tutto assenti. I valori vengono affermati in un universo sterilizzato.

Per tono e stile, affermativo ma rassicurante, ricorda uno di quei lunghi , e confortevoli, documenti dell’Udi – la leggendaria “Unione donne Italiane”, o, come oggi si preferisce, “donne in Italia” – negli anni ’50. Formidabili combattenti dalla voce flautata. Per non irritare troppo le sensibilità dell’epoca.

Lo scopo del nuovo Pd – dice il documento dei valori con certa ovvietà- è «promuovere lo sviluppo sostenibile, lottare contro tutte le disuguaglianze, e difendere e rafforzare la democrazia», come da titolo. La sostenibilità è, ovviamente, «fondata su un approccio integrato di 3 dimensioni: economica, sociale, ambientale». Per quel che riguarda la persona e i suoi diritti, si fondano su «lavoro, istruzione e sanità pubblica». L’emergenza climatica, anche, richiede un cambio di paradigma («paradigma», «bussola», e «cuore pulsante» sono le parole più ascoltate nel corso della giornata), per cui «Italia 2030 vuol dire per noi mettere questo senso di urgenza davanti a tutto».

Della partecipazione abbiamo detto, «che sia di tutte e di tutti». Ma il piccolo capolavoro è l’equilibrio tra pace e guerra (parola questa seconda mai usata in verità), che si otterrebbe così: «la promozione di un multilateralismo di nuova generazione capace di difendere i diritti umani, di adottare standard sociali e ambientali di alto livello, di garantire la pace e la prosperità e di evitare il ritorno a una logica di contrapposizione tra alleanze nelle relazioni internazionali».

Parlando di sensibilità, ecco come il documento dei valori affronta – in solo tre righe – le questioni dei diritti civili «l’autodeterminazione delle persone sia la bussola di ogni nostra azione, dal riconoscimento delle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+, affinché tutti e tutte possano decidere per sé anche nella fasi più delicate della vita». A quali fasi esattamente sia il riferimento, non è chiaro ma nelle righe successive si infila anche la «difesa dell’aborto» e «la lacuna normativa nel campo del fine vita».

Infine, non manca la riaffermazione di fede «nella democrazia» che va «difesa» perché sotto attacco. Chi la stia attaccando non è pervenuto, ma in generale si indicano minacce «dall’interno dovute a disuguaglianze» e «nuovi e vecchi autoritarismi». In generale «regimi extraeuropei».
Ora, va detto che tale rifugio nel generico per delineare un discorso valoriale non è certo frutto di incapacità del gruppo che ha steso il documento. È piuttosto – e appunto prima si richiamava l’Udi – un modo per non toccare nervi scoperti, non ferire sensibilità, e soprattutto tenere insieme visioni contrapposte. Che appare come la vera pietra d’inciampo dell’attuale Pd.

Lo dimostra molto bene lo studio fatto da Ipsos, su richiesta del gruppo dirigente uscente, per intercettare le opinioni degli iscritti. Lo studio Ipsos ci dà per altro una possibilità di valutare quanti sono gli elementi attivi fra gli iscritti: al questionario hanno risposto 18mila persone.
Nella relazione di Letta le loro risposte sono state ampiamente citate. E la cosa più singolare, come lo stesso (ex) segretario ha notato, è che sono spesso divise esattamente a metà.

In particolare questa drastica spaccatura si riflette nella domanda delle domande: quale scelta fra identità e responsabilità? «Il Pd si è trovato spesso davanti a un bivio: la responsabilità di dover governare per affrontare le emergenze sacrificando in parte anche le proprie battaglie identitarie; dall’altro insistere sulle proprie battaglie identitarie a scapito della possibilità di governare». Che fare la prossima volta? I 18mila si dividono esattamente come una mela: Il 50 per cento sceglie l’identità, il 46 il governo «per realizzare il cambiamento».
Chiunque vinca le primarie, non avrà vita facile.

Ps: Un malizioso retropensiero si impone mentre leggo la domanda di Ipsos: che il Pd stia già preparandosi a una eventuale caduta di Giorgia?

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