Paolo Condò La Repubblica 23 gennaio 2023
Juventus, la corsa Champions sulla Roma e l’anomalia dei verdetti a rate
Il commento al campionato di Serie A dopo la penalizzazione di 15 punti ai bianconeri
Se fissiamo a 73 punti l’ideale fettuccia del quarto posto (negli ultimi dieci anni solo due volte ce ne sono voluti di più), il pari con l’Atalanta inchioda la Juve a dover replicare nel ritorno il girone d’andata del Napoli, se vuole rientrare in Champions: 50 punti, davvero un’impresa come l’ha definita il suo tecnico. A complicare il lavoro di Allegri non è soltanto la pesantezza della sentenza di venerdì, ma anche il dubbio che i filoni processuali ancora aperti possano portare nuove punizioni.
Questa dei verdetti a rate è una novità che sarebbe stato bene evitare, come sempre in passato nei grandi casi di cui si è occupata la giustizia calcistica. Lo scandalo del Totonero (1980), quello che il 23 marzo aveva visto addirittura l’arresto in campo di 13 giocatori, andò a sentenza di primo grado il 18 maggio – a campionato appena concluso – e di secondo il 19 luglio. Il Totonero-bis (1986) venne giudicato in primo grado il 9 agosto e in appello il 26. Calciopoli (2006) portò la prima sentenza il 14 luglio e il secondo grado il 25. Per il Calcioscommesse del 2011 i giudizi arrivarono il 9 e il 19 agosto mentre le sue derivazioni Bis e Ter si conclusero fra giugno e agosto dell’anno dopo. Sempre a campionati finiti, e prima che iniziassero quelli successivi. In questi processi vennero comminate sanzioni durissime – basti pensare alla retrocessione di Milan e Lazio nel 1980 e della Juve nel 2006 – che non intaccarono l’ordine e la regolarità dei tornei. Cosa che una punizione a metà stagione, forse non definitiva, inevitabilmente fa.
Il processo-plusvalenze definito la scorsa primavera e poi parzialmente riaperto, il secondo filone sullo stesso tema e la questione stipendi nascono tutti dall’inchiesta Prisma, la cui chiusura indagini (con richiesta di rinvio a giudizio) risale al 24 ottobre 2022. Quello è il momento in cui sarebbe stato bene che il procuratore federale, riscosso dalla Procura di Torino il materiale acquisito, avesse aperto l’istruttoria sportiva portandola in aula la prossima estate. Il processo allestito in fretta e furia ad aprile, quando si disponeva soltanto del decreto di perquisizione (eppure si sapeva dell’esistenza di intercettazioni), ha soltanto pasticciato la situazione, giungendo alla conclusione che le plusvalenze “a specchio” non sono perseguibili salvo fare retromarcia dopo aver analizzato il materiale sequestrato. Le motivazioni della sentenza chiariranno perché soltanto la Juve ne è stata colpita – par di capire che a essere punita sia stata la slealtà del disegno generale, rivelata come sappiamo dalle intercettazioni del vecchio gruppo dirigente – lasciando però il dubbio se il provvedimento sia esaustivo per esempio del secondo filone plusvalenze, oppure no.
Quando scoppia uno scandalo di queste proporzioni, è illusorio pensare che le tifoserie colpite possano accettarne le conseguenze di buon grado. Ma proprio per questo motivo, e tenendo presente che gli inevitabili tecnicismi sono difficilmente comprensibili al grande pubblico, lo sforzo di chiarezza e di coerenza dovrebbe essere assoluto. La strada maestra sarebbe un processo sportivo istruito almeno dopo la sentenza penale di primo grado: siccome i tempi del calcio sono necessariamente più rapidi, un processo sportivo unico celebrato nell’estate 2023 sull’insieme dei filoni rivelati dall’inchiesta Prisma (e magari del materiale aggiunto nel frattempo da altre procure) sarebbe stato di gran lunga preferibile.
L’ultima di andata, intanto, ha indicato la Roma come punto di riferimento sul quale correre, partendo da un handicap di quattordici punti, ed è ovvio che vedersi davanti la sagoma di Paulo Dybala – oltre tutto in condizioni strepitose – causa agli juventini ulteriori mal di pancia. La Roma ha diffuso buona qualità, oltre alla solita tigna difensiva.
Il Napoli ha girato a quota 50, dove l’aria è rarefatta e il paesaggio meraviglioso, senza distrarsi a guardarlo. Non si è seduto sul vantaggio, né preoccupato per la coppa Italia svanita: Osimhen ha suonato senza sosta il tamburo finché la Salernitana non ha alzato le mani, implorando un po’ di quiete. L’Inter oggi e il Milan domani sono chiamate a reggerne il ritmo, e se Inzaghi lo farà con la serenità di chi ha già portato a casa una vittoria – la Supercoppa è il terzo trofeo in bacheca firmato Simone, qualcosa vuol dire – , Pioli è invece atteso dall’ultimo scontro diretto dell’andata, in casa Lazio. Su entrambe le milanesi grava il peso di dover dare il massimo senza la certezza che basti per rientrare in corsa: ma il girone che va in archivio è stato – almeno lui – chiarissimo.