Innocenzo Cipolletta Domani 24 gennaio 2023
Il governo delle corporazioni
La forte attenzione che la maggioranza di destra in parlamento sta portando ai gestori degli stabilimenti balneari per sottrarli alla concorrenza voluta dalle disposizioni europee è significativa della natura corporativa di questo governo.
Un’analoga attenzione è stata riservata ai lavoratori autonomi a cui il governo ha dedicato la flat tax, ai piccoli commercianti favorevoli all’uso del contante che è stato esteso fino a 5mila euro e per i quali il governo ha anche tentato di evitare l’uso del Pos per i pagamenti digitali sotto una certa cifra (poi rientrato per non irritare la Commissione europea), agli agricoltori con la difesa della “sovranità alimentare” e contro la carne sintetica e altre diaboliche innovazioni, ai proprietari di immobili con la rivolta contro la prossima direttiva europea sulle case per la conservazione energetica, ai titolari dei distributori di benzina con i quali dialoga nel tentativo di rabbonirli dopo averli involontariamente accusati di speculazione e, in genere, a tutte le categorie particolari, più o meno organizzate.
Sta in questa natura corporativa l’essere un governo conservatore, che rifiuta l’idea stessa del progresso e che difende il passato rappresentato dagli interessi consolidati nel tempo. D’altro canto, FdI ha aderito, nel parlamento europeo, al partito conservatore e la sua leader ne è diventata la presidente.
Secondo l’enciclopedia Treccani, è conservatore «chi, in politica, sostenendo il valore della tradizione, si oppone a qualunque ideologia progressista, e mira a conservare le strutture sociali e politiche tradizionali».
LIBERALI DELUSI
Chi si attendeva una rivoluzione liberale non può che rimanerne deluso. Un liberale è, per sua natura, aperto alla concorrenza dei soggetti e non può temere il progresso, che anzi è un importante fattore di cambiamento sociale ed economico.
Ma rimangono delusi anche quanti fanno parte di associazioni di carattere trasversale intercategoriale che, per loro natura, non possono difendere i privilegi di specifiche categorie che finirebbero per nuocere ad altre categorie.
Ecco allora che sindacati dei lavoratori e associazioni di imprese multicategoriali, come sono i sindacati italiani e la Confindustria, finiscono per trovarsi spiazzati a fronte della difesa di interessi particolari che ostacolano la concorrenza e finiscono per aumentare i costi e le inefficienze del sistema.
Non solo, ma tale politica corporativa rischia di portare ad una frammentazione delle rappresentanze di categoria, posto che singole componenti potrebbero ritenere di avere una forza persuasiva ben maggiore agendo singolarmente, piuttosto che vincolati da un quadro di compatibilità che, necessariamente, organizzazioni come Confindustria devono assumere per una difesa di tutto il sistema imprenditoriale.
Ma alla lunga, una simile frantumazione non farebbe neanche il gioco del governo che comunque è tenuto al rispetto delle diverse compatibilità economiche e politiche e lo esporrebbe a pressioni di segno opposto, fino a minarne la tenuta, come paventa Dario Di Vico in un articolo su Il Foglio (pubblicato il 18 gennaio), dove mette in evidenza le contraddizioni delle singole istanze cui corre dietro questa maggioranza.
Una contraddizione che è densa di rischi per il nostro paese, già gravato da un grosso debito pubblico e che non sopporterebbe altri squilibri.