Carburanti, spiagge e giustizia. Meloni: “FI è una spina su tutto”

Ilario Lombardo La Stampa 25 gennaio 2023
Carburanti, spiagge e giustizia. Meloni: “FI è una spina su tutto”
La leader teme un disegno: i berlusconiani puntano ai voti delle “nostre” categorie. E sui gestori: trattare va bene ma non possiamo permetterci un’altra retromarcia

Arriverà il momento in cui Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi finalmente si incontreranno. Se l’erano promesso, ma senza troppa fretta. Prima del voto regionale del 12-13 febbraio qualcosa accadrà. Bisognerà capire solo come i due alleati ci arriveranno, a quell’appuntamento.

La pazienza della presidente del Consiglio comincia a scarseggiare. I parlamentari di Fratelli d’Italia le hanno fatto notare che sui temi politici più controversi delle ultime ore, quelli che stanno impegnando maggiormente il governo, c’è ogni volta lo zampino di Forza Italia. Sempre più spesso i protagonisti dell’arte del distinguo e del controcanto sono deputati o senatori berlusconiani, più o meno noti.

Basta prendere le tre norme più discusse in questo momento: giustizia, balneari, benzinai. Sulle intercettazioni è l’intero partito di Berlusconi a spingere nella direzione di una stretta più decisa al potere dei magistrati, ma è soprattutto il sottosegretario Francesco Paolo Sisto a dare una mano al ministro della Giustizia Carlo Nordio contro i pm.

E chi sta vestendo il saio del Savonarola di ombrelloni e lettini contro le gare previste dall’Europa? Maurizio Gasparri, che la diaspora missina, lungo anni di incomprensioni politiche e dispetti personali, ha diviso da Meloni. Infine, c’è lui, Luca Squeri, ex presidente della Figisc, una delle due associazioni dei benzinai che hanno confermato lo sciopero di 48 ore degli impianti di carburante.

Ieri, mentre il governo tentava un ultimo compromesso con i gestori e offriva un’ulteriore modifica al decreto trasparenza, il deputato azzurro dava una versione un bel po’ diversa, rispetto a Palazzo Chigi, dello stato delle cose: «La cosiddetta trasparenza che va salvaguardata e va condivisa è già in essere, perché c’è già l’obbligo per i gestori di comunicare il proprio prezzo. Per cui non è che siamo scoperti da questo punto di vista».

Secondo gli uomini di FdI le coincidenze cominciano a essere troppe. E stando a quanto riferiscono queste stesse fonti del partito della premier, Meloni è convinta che ci sia un preciso disegno, dietro: «Sono una spina su tutto, perché hanno capito che funziona su un certo elettorato». È un’egemonia che si gioca su un consenso ristretto, conteso di volta in volta dai diversi soci del centrodestra.

Qualche sondaggio effettivamente ha registrato un lieve calo di FdI a favore di FI e Lega. Il tempo dirà se sono i primi sintomi di una crisi. Quel che è certo è che le categorie da sempre coccolate da Meloni – balneari su tutti, ma anche piccoli commercianti – pretendono risposte. Vogliono che anni di promesse, pronunciate nell’Aula del Parlamento o durante i comizi, si trasformino in realtà.
L’amore tra la premier e i berlusconiani non è mai sbocciato davvero. È una vecchia tradizione italiana quella del partito junior della coalizione che riesce a imporre veti al governo. Tanto più se si fa rampante e tenta in tutti i modi di soffiare elettori agli alleati. Meloni, inoltre, porta il peso del suo ruolo, la fatica di dover trattare con l’Europa, i limiti imposti dalla necessità di non compromettere il negoziato sul Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Non solo. Da leader politico sa che le scelte vanno difese, anche a costo di liti e divorzi. In questi mesi non lo potuto fare sempre: i passi indietro e i ripensamenti sono già stati tanti, fotografati ormai quotidianamente dalle opposizioni. Meloni, se possibile, vorrebbe evitarne altri. Per questo, quando è tornata dall’Algeria e si è confrontata con il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, il mandato che gli ha dato, per provare a scongiurare in extremis lo sciopero dei benzinai, è stato preciso: «Fai le concessioni che servono, ma senza che appaia come una nostra retromarcia».

La presidente del Consiglio ha evitato di incontrare di persona le associazioni dei gestori. Un gesto che invece loro si attendevano. Ha lasciato che fosse Urso ad occuparsene. Meloni non poteva permettersi una capitolazione ma neppure di mettere definitivamente la propria faccia sul fallimento delle trattative e su uno sciopero che terrà a secco l’Italia. E che – lei immagina – disegnerà una smorfia di soddisfazione sul volto di qualcuno dei suoi alleati.

 

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