Francesco Olivo La Stampa 26 gennaio 2023
Crosetto: “Subito le armi o vince Putin. Sta per lanciare l’attacco finale, va fermato e costretto a negoziare”
Il ministro della Difesa: «I tank possono cambiare le sorti della guerra, noi forniremo sistemi anti-aerei, ma le pressioni sulla Germania sono assurde, sbagliato intromettersi nel dibattito interno di altri Paesi»
Ministro Crosetto, i carri americani e tedeschi possono cambiare l’esito della guerra?
«Non sono un tecnico di strategia militare. Quello che è certo è che gli ucraini ne sono convinti».
Ieri c’è stato un vertice telefonico tra Biden, Macron, Scholz, Sunik e Meloni: all’Italia quali richieste vengono fatte da parte degli ucraini?
«Non sono cambiate rispetto al passato: serve materiale di difesa aerea, per difendersi dai missili che si abbattono sull’Ucraina».
Nel sesto decreto che state preparando ci sono anche armi di artiglieria e mezzi terrestri?
«Sono cose che ho letto sui giornali, ma nel decreto che stiamo scrivendo non ce n’è traccia».
Joe Biden ha ringraziato l’Italia per l’invio dell’artiglieria.
«Non posso parlare del contenuto dei decreti emanato dal precedente Governo. In quello che sarà approvato da questo non sono previste armi di artiglieria».
Ci sarà il sistema di difesa antiaerea, Samp-T?
«Non posso fornire dettagli ma il Parlamento, attraverso il Copasir, sarà sempre e puntualmente informato come prevede la legge».
I tedeschi prima di dare il via libera, hanno tentennato molto, perché?
«Le pressioni internazionali che la Germania ha subito sono assurde. A differenza di quanto fanno alcuni politici con l’Italia, io non mi intrometto nel dibattito interno di altri Paesi. Ma non può sfuggire il dettaglio che il governo tedesco sia formato da una coalizione di partiti che in campagna elettorale avevano proposto una forte riduzione della spesa militare».
Siamo in una fase diversa del conflitto?
«Sì, perché la Russia ha cambiato atteggiamento. È in arrivo una pesante campagna sul terreno e ci sono 300.000 soldati che la Russia sta formando per inviarli al fronte. L’Ucraina deve compensare la differenza numerica delle forze in campo. È per questo che le loro richieste di sostegno militare sono aumentate».
Le richieste sono cambiate?
«Fino a qualche settimana fa la richiesta era di mezzi di difesa anti missile, adesso il governo ucraino chiede anche carri armati».
Il protrarsi della guerra può generare spaesamento nelle opinioni pubbliche occidentali?
«La percezione delle opinioni pubbliche, non solo in Italia, è che questa guerra sia all’origine della crisi economica, e cresce il rischio che ci sia qualcuno che dia la colpa all’Ucraina, spaccando i nostri Paesi. È quello su cui punta Putin. C’è un terreno su cui la Russia e la Cina hanno un vantaggio rispetto agli altri, specialmente alle nostre democrazie occidentali: non hanno delle opinioni pubbliche a cui rispondere. I governi democratici occidentali invece devono prendere decisioni che vanno sempre spiegate, condivise e accettate dall’opinione pubblica. È il bello del consenso democratico. Ma in un momento di crisi questo può rappresentare un fattore di debolezza».
Qualche osservatore dice: l’unico modo per far vincere la guerra all’Ucraina è un intervento militare della Nato. È un’ipotesi sul tavolo?
«Non si tratta di vincere la guerra, ma di far capire a Putin che non la può vincere lui e costringerlo a sedersi al tavolo della pace, perché non c’è alternativa alla trattativa diplomatica. Segnalo anche che è importante ricordare che la Nato, formalmente, è rimasta fuori dalla guerra proprio perché non si è voluto autorizzare il racconto “Nato contro Russia”. Il gruppo che si incontra periodicamente a Ramstein ad esempio ha dentro Paesi Nato, la Ue e paesi non Nato che appoggiano l’Ucraina. E non è un caso che i russi cercano di sfidare nazione per nazione chi appoggia l’Ucraina, Italia in testa».
Come provocano l’Italia i russi?
«Con le fake news che la Russia e anche l’ambasciata russa in Italia fanno circolare. Come la bugia che l’Italia esporta e vende mine antiuomo nei luoghi del conflitto. Peccato che l’Italia non produce da circa trent’anni e aderiamo a tutti i trattati internazionali che ne vietano produzione ed esportazione in modo rigoroso».
È pessimista sullo sviluppo del conflitto?
«Applico il buon senso e quindi sono preoccupato perché vedo allontanarsi la prospettiva di una pace che non sia solo di facciata. Al contrario, si stanno scavando solchi di odio che creano fenomeni di intossicazione mediatica e diplomatica che coinvolgono peraltro sempre più nazioni».
Esiste il rischio che, a forza di consegnare armi all’Ucraina, l’Italia resti sguarnita da un punto di vista militare?
«Sono il ministro della Difesa e il mio compito è, appunto, quello di difendere il Paese e quindi posso dire che non si andrà mai oltre una soglia di rischio che possa intaccare la capacità militare di difendere l’Italia».
Siamo lontani da quella soglia?
«Siamo in grado di difenderci come due anni fa, non abbiamo intaccato la nostra capacità difensiva a causa del conflitto in atto. Semmai lo abbiamo fatto per altri motivi».
A cosa si riferisce?
«Chi si preoccupa oggi poteva preoccuparsi negli scorsi vent’anni quando non si è investito a sufficienza nel settore della Difesa».
Perché il governo Meloni si sta concentrando sul Mediterraneo, solo per fermare le partenze dei migranti?
«No, c’è una strategia più ampia. Noi da soli siamo morti, lo dico non solo rispetto all’Europa, ma anche rispetto all’altra sponda del Mediterraneo. Da lì dipende la nostra sicurezza, la nostra capacità di crescere economicamente, quella di contare nel mondo. Noi siamo stati centrali quando abbiamo dimostrato di essere un ponte con l’Africa e proprio perché siamo accettati da quei popoli e Stati come Paese amico, credibile e rispettoso».
La presenza russa e cinese in Africa è un pericolo anche per l’Europa?
«La penetrazione russa e cinese è un suicidio collettivo del nostro Continente. La sopravvivenza dell’Africa è il presupposto perché possa sopravvivere l’Europa. Se non interveniamo, la povertà dell’Africa comporterà la distruzione dell’Europa».
Nel corso di una visita al Cairo il ministro degli Esteri Tajani ha parlato di “rassicurazioni” ricevute dal governo egiziano sul caso Regeni, il generale al-Sisi però non collabora.
«Il nostro governo ha chiesto con forza che vengano fatti dei passi avanti nella vicenda Regeni ed è giusto così. È fondamentale arrivare alla verità. Contestualmente sappiamo che lo Stato italiano deve avere dei rapporti con lo Stato egiziano. Nel caso Regeni stiamo parlando di alcuni delinquenti che appartengono alle forze di sicurezza egiziane. In Italia c’è stato il caso Cucchi. Lì i responsabili erano alcuni carabinieri e per arrivare alla verità abbiamo dovuto sfondare un vero muro di omertà. La stessa cosa deve fare l’Egitto».
Tornando in Italia: le parole di Nordio sulle intercettazioni le sembrano opportune?
«Guardi io forse sono persino più garantista di lui. La battaglia politica in Italia si combatte attraverso la mistificazione delle parole dell’avversario, fino al punto di presentare Nordio come una sorta di alleato indiretto della mafia. Ma scherziamo? Nordio ha detto una cosa sacrosanta: un conto sono le intercettazioni per fare le indagini, un altro è vederle pubblicate, anche quelle senza alcun rilievo penale, solo per far vendere qualche copia in più ai giornali».
Nordio però ha anche chiesto di limitarne gli ambiti.
«Anche qui ha ragione: spesso si sono utilizzate intercettazioni a strascico per sperare di trovare qualcosa e distruggere le carriere a persone risultate poi del tutto innocenti».
Questa è la linea di tutto il governo?
«Questa è la linea di Nordio e io, a titolo personale, la condivido completamente».