Ilaria Venturi La Repubblica 27 gennaio 2023
Gli insegnanti bocciano la scuola di Valditara: “Giusto adeguarsi all’Europa, non al costo della vita”
Dopo la proposta del ministro sulle retribuzioni differenziate, il coro unanime dei prof: “Pensi piuttosto ad alzare gli stipendi a tutti
Chi s’indigna, chi boccia il paventato ritorno di gabbie salariali. E chi sospira: “Ci risiamo, ogni volta che c’è un ministro leghista o vicino alla Lega salta fuori la questione”. La questione è il polverone sollevato dal ministro Giuseppe Valditara sulle retribuzioni degli insegnanti differenziate, ovvero che tengano conto del costo della vita. E la replica di chi sale in cattedra ogni mattina è una bocciatura. Unanime il coro: “Il ministro pensi piuttosto ad alzare gli stipendi a tutti”.
La categoria meno pagata rispetto ai colleghi europei è esausta. Impaurita dallo spettro della scuola delle Regioni. I prof nemmeno si fidano più, anche quando il ministro mette in chiaro che il contratto nazionale non è certo in discussione, che la “sfida è garantire il lavoratore che si trova ad avere un costo della vita più alto”. Ironico è Alessandro Natalini, docente all’istituto comprensivo di via dei Sesami, periferia romana: “Perché allora non differenziamo lo stipendio tra chi insegna a Centocelle e chi in via Cavour o in corso Vittorio?
In periferia la vita costa meno”. Poi riflette: “Si studi almeno la storia del Paese, quanto si è lottato contro le gabbie salariali negli anni ’70. Trovo davvero questa idea sbagliata, un’uscita che mi indigna e mi preoccupa, ma che non mi stupisce. Il parametro sui nostri stipendi sia l’Europa, non il costo della vita”.
Che pure c’è, “e chi lo nega, un maestro a Milano non vive” osserva Cinzia D’Eramo, prof al liceo scientifico Volta di Francavilla al Mare, in provincia di Chieti. “Il problema c’è, ma l’autonomia differenziata non è la soluzione. Andrebbe fatto un contratto nuovo per dare stipendi dignitosi a tutti gli insegnanti, con un reclutamento serio per rendere appetibile la nostra professione. I miei studenti più bravi vogliono fare gli ingegneri e i medici, non certo il mio lavoro, perché sperano di guadagnare bene”.
Quello degli stipendi svalutati per Gloria Ghetti, che insegna filosofia al classico di Faenza, sarebbe tema da sciopero come sta avvenendo in Portogallo e in Scozia: “Questa ennesima sponda all’autonomia differenziata – dice – non è altro che un modo per disgregare e mortificare la nostra professione. Ma trovo ancora più grave la proposta sulle sponsorizzazioni dei privati: chi mai investirà nelle scuole di marginalità produttive e sociali?”.
Salvo Amato, docente di informatica all’istituto industriale Euclide di Caltagirone, con il portale Professione insegnante da 185mila membri tasta il polso in tempo reale: “Anche con il ministro Bussetti, leghista, facemmo una petizione per ribadire che l’istruzione deve essere gestita dallo Stato. Il lavoro che svolgiamo a Catania come a Milano è lo stesso”.
Nord-Sud, è già la scuola dei divari su abbandono, competenze, risorse. Girolamo De Michele è di Taranto, insegna storia e filosofia a Ferrara e fa notare: “Anche gli indici di disoccupazione al Sud sono più alti, del 50% nella mia città per donne e giovani. Al Nord è più facile che ci siano due lavoratori in famiglia. Vergognoso che si pensi di colpire l’anello debole: si aspetta che gli insegnanti dicano di sì così poi i salari differenziati passano dappertutto. Si proporzionino piuttosto gli stipendi al valore del lavoro”.
Taglia corto Giuseppina Nobile, docente di Lettere a Milano: “Pensassero piuttosto a come valorizzare il merito, visto che all’interno di una scuola non facciamo tutti lo stesso lavoro tra incarichi aggiuntivi e diverse funzioni”. Carlo Alberello si è trasferito da Roma a Padova, al liceo Curiel: “Certo che al Nord costa di più vivere, ma ci sono anche più servizi, qui siamo alla solita campagna”.
Laura Bianco ha scelto di insegnare nella sua città, Potenza: “Non ho accettato l’incarico al Nord dell’algoritmo, per entrare di ruolo ho aspettato. Penso che mettere la scuola in mano alle Regioni in un momento in cui la scuola raccoglie le macerie post pandemia è un’ulteriore mazzata, va ad alimentare il divario Nord e Sud.
Valditara non toccherà il contratto nazionale? Non ci fidiamo”. Nelle sale insegnanti si discute, “non come si dovrebbe” osservano i più. Il variegato mondo di prof e maestri condivide il sentimento di essere inascoltato sui vissuti nelle classi, affaticato da un sistema che porta alla migrazione verso le scuole del Nord. “Semmai bisognerebbe agevolare gli insegnanti che si trasferiscono, per esempio con aiuti per la casa – dice Gabriella Fenocchio, prof di lettere al liceo Copernico di Bologna – sul resto però non si discute: la scuola è dello Stato. E così deve restare”.