La Stampa 28 gennaio 2023
I Verdi dicono no all’ingresso dei 5 Stelle nel loro gruppo parlamentare europeo
Dai decreti sicurezza all’Ilva, dall’opportunismo alla scarsa democrazia interna: punto per punto la bocciatura dei pentastellati e del loro leader Conte
Dopo mesi di trattative e la visita del leader Giuseppe Conte a Bruxelles, i Verdi italiani sbattono la porta al Movimento 5 Stelle. E spiegano punto per punto le ragioni del parere «fortemente negativo» all’ingresso dei pentastellati nel gruppo Europarlamentare dei Verdi con un corposo documento approvato dalla direzione nazionale del partito. Si parte con i decreti sicurezza dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, approvati dal governo Conte «oggi usati sia contro i migranti che contro i manifestanti, a partire dalle proteste ecologiste».
Poi si passa al Piano Clima ed Energia «approvato a gennaio 2019 che non rispettava gli obiettivi climatici sulla riduzione della CO2 e sul target di rinnovabili, perché prevedeva solo il 30% di energie rinnovabili entro il 2030 e una riduzione del 37% della CO2». Inoltre si legge nel documento, «il governo Conte non ha adottato provvedimenti in favore delle politiche sulle energie rinnovabili, che sono rimaste ferme». A seguire le politiche sull’Ilva – «con Conte al governo le garanzie ambientali sono venute meno e si è concluso il processo di vendita dell’industria alla multinazionale franco-indiana Arcelor Mittal, che non ha apportato alcuna modifica e miglioramento ambientale a Taranto» – e la norma sui fanghi tossici contenuta nel Decreto-legge “Genova”.
Il dossier passa poi alla politica estera: le sanzioni alla Crimea, «Conte e Putin sottoscrissero un accordo segreto per l’invio di aiuti della Russia all’Italia durante la pandemia da Covid 19», i rapporti con l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il Russiagate e la relazione politica con l’ex presidente del Brasile Bolsonaro.
Si parla anche delle prossime elezioni nel Lazio, con un capitoletto dal titolo «L’opportunismo che favorisce la destra del partito xenofobo della Meloni». Il prossimo 12 febbraio 2023 si svolgeranno le elezioni nella regione Lazio, la più importante d’Italia, la regione che ospita la capitale Roma – scrivono i Verdi -. In questa regione i Verdi, la sinistra, il partito democratico e il M5S governano insieme. Giuseppe Conte, invece di confermare la maggioranza che governa la regione Lazio, ha deciso irresponsabilmente di rompere l’alleanza e correre elettoralmente da solo. Questa scelta farà vincere la destra e rafforzerà il governo Meloni».
Il capitolo «Democrazia e M5S»
E poi si passa all’analisi della struttura del Movimento «che non ha mai tenuto un congresso a nessun livello e che ha sistematicamente espulso ogni tipo di dissidente e di posizione difforme rispetto a quella dei leader» e alla critica puntuale alla sua politica: «l’attacco alle istituzioni, in particolare al Parlamento», «la mancanza di un impegno reale sulla parità di genere», «metodi della lotta politica come l’invettiva, la fake news, l’allusione pesante», l’uso definito «squadrista» dei social. E poi c’è un capitoletto dedicato «allo strano caso della 5 Stelle Beghin che cambiò idea sul Marocco».
Ecco le conclusioni
La bocciatura arriva in tre punti.
«No credibility. Avevano promesso e scritto nel loro programma elettorale “major environmental engagements” e, o non hanno dato seguito mentre erano al Governo, oppure se li sono rimangiati».
«No accountability: le decisioni che contano passano da una piattaforma digitale senza alcun controllo né affidabilità, il che pone la domanda sulla natura democratica del M5S».
-«Just opportunism: da come si sono visti in azione in Italia, le motivazioni per le quali vogliono andare nel Gruppo Verdi/EFA al PE sono chiarissime: da una parte rivelano un opportunismo puro, rispetto al limbo dei non-iscritti in cui sono adesso, dall’altro manifestano il tentativo di rifarsi una verginità collocandosi in un gruppo politico autorevole, competente e degno di un rispetto, da non compromettere accogliendo i 5 Stelle».