Alberto Simoni La Stampa 28 gennaio 2023
La missione di Blinken in Medio Oriente per scongiurare una nuova crisi
Il raid di Jenin non cambia l’agenda del segretario di Stato, che dovrà lavorare per la stabilità regionale
Domenica il segretario di Stato americano Antony Blinken partirà per Egitto e Israele per una missione diplomatica che il raid di Jenin e l’attentato alla sinagoga di Gerusalemme rendono ancora più complicata. Il sottosegretario di Stato con delega al Medio Oriente, Barbara Leaf, giovedì aveva sottolineato che il raid di Jenin non cambia l’agenda del segretario di Stato e pur sottolineando i timori americani per queste azioni che creano instabilità e vittime fra i civili, aveva lasciato a Israele il diritto alla difesa. Per Washington anzi, la decisione di Mahmud Abbas di interrompere la collaborazione con lo Stato ebraico sulla gestione della sicurezza nei Territori, era una decisione affrettata che complicava ulteriormente lo scenario.
Ieri l’attentato alla sinagoga è stato condannato nei «termini più forti possibile» dagli Stati Uniti e Blinken ha evidenziato la coincidenza del raid con la Giornata della Memoria. Biden ha chiamato il premier Netanyahu ribadendo il legame di amicizia e offrendo «gli strumenti appropriati per sostenere il governo e il popolo di Israele».
Ma anche se a Foggy Bottom si cerca di tenere la barra dell’agenda ferma, Washington si trova ora in mano una potenziale nuova crisi da maneggiare con cura. E senza la benché minima garanzia di successo. Ieri sera l’esercito israeliano ha colpito Gaza da dove la Jihad islamica aveva lanciato missili verso Israele.
Tuttavia gli Usa da qualche settimana avevano iniziato a temere una recrudescenza. Il 20 gennaio era stato Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale, a volare a Gerusalemme per consultazioni; quindi ieri c’era il capo della Cia, William Burns.
La visita di Blinken è quindi solo l’ultimo tassello di una strategia volta a stabilire tre cose: il rafforzamento nel Grande Medio Oriente del ruolo di Israele al fianco dei Paesi sunniti; il messaggio di fermezza contro l’Iran, sia nelle sue ambizioni nucleari dopo la denuncia dell’Aiea che Teheran ha il materiale per costruire diverse bombe atomiche, sia per quanto riguarda le ramificazioni delle milizie sciite; e infine il sostegno al piano di due Stati – uno palestinese accanto a quello ebraico – che Biden in estate nella sua visita fra Gerusalemme e Gedda era riuscito a convincere pubblicamente l’allora premier Lapid a sostenere.
Tutti e tre i pilastri sono ora pericolanti e la missione di Blinken dovrà puntellare non tanto l’ultimo (la questione dei due Stati è l’approdo di un processo più che la premessa), quanto gettare le condizioni perché la stabilità regionale, che condensa i tre pilastri, possa tenere.
L’Iran soffia su Hamas e Hezbollah e ieri sera a Teheran i media del regime hanno «celebrato il martirio» dei due aggressori della sinagoga. Dinanzi alle distrazioni ormai del mondo arabo che da anni ha relegato la questione palestinese a corollario e non più a «ragion d’essere» della sua unità, Teheran ha buon gioco nel suo proselitismo. E questo a Washington è temuto quasi quanto un Iran dotato di atomica. La combinazione sarebbe devastante.
Per questo Blinken, ha spiegato Leaf, si muoverà su un doppio binario: da una parte agli uomini di Mahmud Abbas, presidente dell’Anp, ricorderà che è fondamentale mantenere aperte i contatti con Israele in modo da isolare gli estremisti; dagli israeliani, di ogni colore politico, al governo all’opposizione e nella società civile, vorrà sapere di più della riforma giudiziaria «contestata da segmenti ampi della società».
Washington era riuscita a costruire un filo con Lapid; il ritorno al potere di Netanyahu ha complicato certi scenari. Non tanto per Bibi, conosciuto e già affrontato da Biden, quanto per la presenza di esponenti ortodossi e dell’ultradestra nel governo che rendono il dialogo una mera ipotesi e la tensione dentro Israele e nei rapporti con i palestinesi una certezza.
Prima di arrivare a Gerusalemme (da dove farà anche una tappa a Ramallah per vedere Mahmud Abbas) Blinken sarà al Cairo. E la questione Gaza – non la prima sino a giovedì fra le priorità elencate dal Dipartimento di Stato – qualche posizione l’ha recuperata.