Matteo Pucciarelli La Repubblica 28 gennaio 2023
“Trasformisti”. “Falsi”. Scontro tra Verdi e M5S sull’alleanza in Europa
Sembra una piccola bega politica, tutto sommato; dietro i simboli e le denominazioni c’è però un pezzo di futuro del progressismo italiano e non solo. E allora si spiega meglio il perché di uno scontro plateale.
Da una parte i verdi e la loro lunga tradizione — quelli arcobaleno nacquero a fine anni ’80 mettendo insieme due filoni della nuova sinistra: ex radicali ed ex Democrazia proletaria, non a caso le due formazioni che promossero il primo referendum contro il nucleare —, i quali sono rientrati nel Parlamento italiano con la denominazione di Europa verde dopo 14 anni di assenza, grazie anche all’alleanza elettorale con Sinistra Italiana; dall’altra il M5S, che dopo anni di tecnopopulismo “né di destra né di sinistra” ha scelto la seconda e oggi in Europa vorrebbe entrare nel gruppo dei Greens, cioè la famiglia dei verdi italiani. Ecco, capitanati da Angelo Bonelli e Eleonora Evi (eletta due volte europarlamentare con il M5S), gli italiani di Ev stanno puntando i piedi: i 5 Stelle non devono entrare nel gruppo.
Per questo ieri hanno presentato alla stampa estera un dossier di 16 pagine mettendo in fila le ragioni del no. Un documento che in via riservata una decina di giorni fa era stato girato a tutti e 71 i componenti del gruppo Greens a Bruxelles e che fa un po’ di storia: quando i 5 Stelle stavano con l’euroscettico di destra Nigel Farage, quando nel Movimento comandavano i Casaleggio e al diavolo la democrazia interna, quando erano alleati con la Lega, quando Giuseppe Conte da presidente del Consiglio varò il decreto Ischia, le sue foto con Trump e Bolsonaro e così via. Per cui “no credibility”, “no accountability” e “just opportunism”. Insomma, trasformisti. «I verdi? Parlano tanto e poi nel Lazio stanno con il Pd che vuole il termovalorizzatore», è la replica da via di Campo Marzio, la sede del Movimento.
Dietro questo fuoco di sbarramento del Sole che ride c’è in ballo la supremazia sul “bollino verde” che, in tempi di catastrofe climatica e crescente preoccupazione, ha un suo appeal elettorale e conferisce comunque un tratto identitario chiaro e comprensibile. Cosa pensano i compagni ambientalisti stranieri dei verdi italiani del M5S? Francesi, spagnoli, belgi e olandesi sembrano ben disposti ad accogliere il Movimento. I tedeschi (i grünen, ma nella loro delegazione ci sono anche Volt e Partito pirata) un po’ meno, anche perché ad esempio sul conflitto a est hanno una visione meno pacifista.
Entro marzo, massimo aprile, ci sarà un responso definitivo alla richiesta di Conte. Quando il presidente del Movimento è stato a Bruxelles martedì scorso ed è stato ricevuto dal bureau ecologista gli sono state poste due domande: perché volete entrare nei verdi? Che posizione avete sulla guerra in Ucraina?
Conte ha citato il 2050 posto nel nuovo simbolo del Movimento, l’anno (si spera) del definitivo cambio di paradigma ambientale, e l’articolo 2 del nuovo Statuto dei 5 Stelle dove viene citato l’orizzonte politico: «Beni comuni, l’ecologia integrale, la giustizia sociale, l’innovazione tecnologica e l’economia eco-sociale di mercato». Sul resto, ha ricordato di essere stato uno dei primi leader di partito in Italia a recarsi all’ambasciata ucraina per esprimere solidarietà e che «l’obiettivo è trovare una soluzione diplomatica, evitando un’ulteriore escalation».
Conte, impegnato ad accreditare il “suo” M5S come forza progressista, cerca insomma la definitiva benedizione europea. Mentre Europa verde guarda già alle europee del 2024 e teme di vedersi scippare la propria ragion d’essere, perlomeno sul piano del marketing elettorale. Se comunque i sondaggi dicono il vero, con un 20 per cento il Movimento si porterebbe dietro 14-15 eletti, tra un anno e mezzo. Diventando insomma la forza più importante dei Greens, cioè la seconda o terza gamba del centrosinistra continentale, composto dai socialisti e dalla sinistra radicale e ambientalista di The Left