Meloni a Tripoli tra i 2 fronti libici, salta l’incontro con Haftar

Marco Galluzzo Corriere della Sera 29 gennaio 2023
Meloni a Tripoli, i contatti con Haftar. Così il governo si è mosso sui due fronti libici
Il faccia a faccia tra la premier italiana e il generale sfumato all’ultimo minuto

Meloni atterra a Tripoli e lì si ferma. Vede il governo legittimo ma non fa tappa a Bengasi, non vede il generale Haftar, l’altro leader forte del Paese africano. In apparenza può apparire una scelta politica, per alcuni può essere uno strappo, per altri persino il frutto delle critiche rivolte al mega contratto fra Eni e Noc. In questo caso l’apparenza inganna: la missione del capo del governo in Libia è stata preparata a fondo sia dalla nostra diplomazia che dai nostri apparati di sicurezza, e quelle che possono sembrare delle forzature in realtà sono l’esito di colloqui e di rapporti che sono stati soppesati con estrema prudenza da parte del governo italiano.

Nella prima versione del suo viaggio la presidente del Consiglio (che per ragioni di sicurezza ha rinviato di qualche giorno l’annunciata visita a Kiev) aveva preso accordi anche per un faccia a faccia con Haftar, l’autoproclamato capo dell’esercito nazionale libico. Per una serie di coincidenze sfortunate però, almeno così viene ricostruito da fonti italiane, il generale ha dovuto rinunciare al confronto con Meloni per ragioni personali: si trova in questi giorni a Parigi, per una serie di cure mediche.

Ma i contatti con il nostro esecutivo non sono mai cessati e persino il grande contratto firmato dall’Eni su due giacimenti off shore è solo in apparenza mal visto da un pezzo forte del potere locale. Il nuovo capo della Noc, la compagnia locale di energia, che dal 1959 collabora con il nostro colosso nazionale, è stato nominato dal governo legittimo anche per fare un favore ad Haftar.

Secondo diverse fonti che hanno lavorato al dossier infatti Farath Bengdara è stato voluto proprio dal premier del governo legittimo per venire incontro a Khalifa Haftar, il generale che controlla la parte orientale della Libia dove si trovano vari campi petroliferi e grandi terminal. Anche queste dinamiche, al di là delle polemiche pubbliche delle ultime ore, avrebbero blindato gli accordi e rassicurato il governo italiano sulla scelta di confermare la missione nonostante l’assenza di Haftar.

L’accordo sul gas firmato dall’Eni e dalla Noc «è al mille per mille nell’interesse della Libia», ha assicurato il premier del governo di unità nazionale di Tripoli, Abdul Hamid Dbeibah, rispondendo alle critiche sull’intesa arrivate anche dal ministro del Petrolio Mohamed Aoun, che ieri ha disertato gli incontri, e secondo cui l’intesa sarebbe «sbilanciata» a favore dell’Italia. Mentre il premier «rivale», designato dal Parlamento di Tobruk, Fathi Basghaha, ha parlato di un accordo «misterioso». Critiche che vengono derubricate a gelosie e dinamiche di potere locali.

Parlando alla tv libica Dbeibah ha affermato che «sono state modificate le condizioni a favore della Libia, in quanto abbiamo ridotto dal 40% al 38%» i costi di capitale. Mentre il presidente della Noc, di fronte alle minacce del governo rivale di rivolgersi ai magistrati, ha replicato davanti alla Meloni che «il nostro lavoro è legale, chi pensa che non lo sia può andare in tribunale». In ogni caso l’accordo di ieri è un altro tassello nel massiccio processo di investimenti e diversificazione delle fonti energetiche che l’Eni ha accelerato dall’inizio della guerra in Ucraina.

L’accordo viene definito «il più grande investimento nel settore energetico della Libia da oltre 25 anni. Con la potenzialità di raddoppiare l’attuale produzione di gas», ha affermato l’ad di Eni. «Il fatto importante è che non solo svilupperemo gas ma cattureremo la Co2 di queste produzioni e svilupperemo anche energia solare», ha aggiunto. «Quindi in futuro progetti non solo di export di gas, ma anche di elettricità verso l’Italia sfruttando le condotte di Green Stream».

 

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