Marco Palombi il Fatto Quotidiano 29 gennaio 2023
Due paradisi della sanità privata: Lombardia e Lazio vanno al voto
Il 12 e il 13 febbraio si vota nelle due Regioni più popolose d’Italia: Lazio e Lombardia, dove risiedono circa 15,7 milioni di cittadini, il 26,5% del totale. Non sorprendentemente, in entrambe le campagne elettorali si parla assai di sanità, un comparto che rappresenta oltre due terzi dei bilanci regionali.
I numeri della spesa (clicca)
Più sorprendentemente entrambe detengono una sorta di record: sono le due regioni che dirottano più spesa pubblica sanitaria verso il settore privato e, non bastasse, tra quelle in cui è più elevata la spesa sanitaria “out ofpocket”, cioè che esce direttamente dalle tasche dei residenti per finire in quelle di imprese private del settore, fatto non irrilevante mentre le due regioni affrontano problemi enormi con liste d’attesa infinite.
PARTIAMO DALLA QUANTITÀ di spesa pubblica che finisce al privato convenzionato nelle due Regioni, oggetto di un interessante articolo apparso su lavoce.inft e firmato da due ricercatori dell’Istat, Monica Montella e Franco Mostacci: vi si scopre che nel periodo 2012-2021 (escluso il 2020 dei lockdown) le Regioni italiane hanno in media destinato il 22% della loro spesa sanitaria al privato, risultato dovuto anche al dato delle due Regioni più grandi, dove quella percentuale è del 30% circa, miliardi in più ogni anno.
Nel dettaglio la Lombardia “nel 2021 su oltre 22 miliardi di spesa pubblica sanitaria (2.200 euro per abitante), ne ha conferiti 6,4 agli operatori privati (erano 5,7 nel 2012). Più di un terzo è andato alle `altre prestazioni’ sanitarie” (1,5 miliardi per prestazioni di consultori privati e comunità terapeutiche), altri 2,1 miliardi pagavano i ricoveri ospedalieri presso strutture private e 1,1 miliardi le visite specialistiche: la spesa per abitante dirottata verso i privati è stata 645 euro, il 10% in più di dieci anni prima.
Il Lazio nel 2021 aveva una spesa pro-capite equivalente (circa 2.200 euro), ma ovviamente inferiore in termini assoluti per il minor numero dei residenti: su 11,6 miliardi di spesa pubblica sanitaria ben 3,8 miliardi sono finiti al privato (+22% sul 2012), quasi 1,6 miliardi dei quali per servizi ospedalieri, che hanno “un trend in forte crescita negli ultimi 3 anni”.
Calcolato in spesa per abitante parliamo di 669 euro nel 2021, i120% in più rispetto a dieci anni prima. In questo periodo, peraltro, la sanità laziale è stata commissariata. Un recente report della Ragioneria generale dello Stato ha invece, tra le altre cose, quantificato la spesa out of pocket delle famiglie italiane nell’arco di tempo 2016-2021: in questo periodo siamo passati dalla già considerevole cifra di 28,13 miliardi a quella di 37,16 miliardi con un aumento di quasi il 25%.
Ebbene, grazie ai dati scorporati per Regione, sappiamo che i cittadini di Lombardia e Lazio – che rappresentano il 26,6% circa della popolazione e alla fine del periodo osservato erano destinatarie del 27% abbondante del finanziamento del Ssn – nel 2021 hanno speso out of pocket 12,72 miliardi, cioè il 34,5% del totale nazionale, due miliardi e mezzo in più del valore atteso.
Si tratta, in una parte non disprezzabile, di spese che vengono affrontate per sopperire alle carenze del pubblico. Un problema chiaro ai cittadini e ancor più a chi cerca i loro voti: le Giunte di Lazio e Lombardia, ad esempio, nella seconda parte del 2022 hanno lanciato piani straordinari per tagliare le liste d’attesa, ambito nel quale sono entrambe in grossa difficoltà (ma l’apertura serale e nel week end delle strutture, che pure ha funzionato, non può durare senza massicce assunzioni di personale, che invece è ad oggi e sarà in futuro sotto organico).
CAMBI DI ROTTA repentini di politica sanitarianon sono alle viste e d’altronde gli stretti rapporti della politica locale col ricco settore privato sono il segreto di Pulcinella. Sulle magagne del “modello Lombardia” abbiamo letto tutto, ma forse è il caso di ricordare che la recente riforma cofirmata da Attilio Fontana e Letizia Moratti, oggi candidati rivali, ribadisce l’indifferenza tra pubblico e privato nella fornitura di servizi (ringraziano soprattutto i colossi come Gruppo San Donato, Humanitas e Maugeri, ma anche Unipol che ha appena comprato il Centro Santagostino).
Quanto al Lazio basti dire che il probabile prossimo presidente, Francesco Rocca, candidato del centrodestra, fino a poco fa sedeva nel cda della Fondazione San Raffaele degli Angelucci. Certo, il capostipite Antonio oggi è deputato della Lega, ma la famiglia sa evidentemente farsi voler bene anche a sinistra: dopo anni di scontri anche pubblici con l’assessore Alessio D’Amato, oggi candidato di Pd e Terzo Polo, gli Angelucci a novembre hanno se non altro incassato un emendamento al Bilancio regionale grazie al quale potranno ottenere di nuovo l’accreditamento per la loro Rsa di Rocca di Papa, sospeso dopo che nella prima ondata Covid si erano registrati 168 contagi e 43 decessi tra i pazienti.