Giuseppe Sarcina Corriere della Sera 31 gennaio 2023
Scholz chiude all’invio dei caccia, Zelensky porta la sua pace all’Onu
Macron sugli F16: «Non escludo nulla». Il leader ucraino vuole far votare la sua proposta in dieci punti
Più che un rilancio è un ritorno. Volodymyr Zelensky riprende la richiesta avanzata all’indomani dell’invasione russa, il 24 febbraio 2022: bene i carri armati, ma ci servono anche gli F-16 per proteggere lo spazio aereo. Il primo «no», per ora secco, è quello di Olaf Scholz.
Da Santiago del Cile, dove è in visita ufficiale, il cancelliere tedesco ha di fatto escluso la consegna di jet da combattimento agli ucraini e, nello stesso tempo, ha evocato il pericolo di una continua corsa verso armamenti sempre più potenti. «Abbiamo assicurato assistenza finanziaria, umanitaria e anche militare, fornendo armi, perché questo è un nostro obbligo – ha detto Scholz – ma nello stesso tempo faremo tutto ciò che è in nostro potere perché non si arrivi a una guerra tra la Russia e la Nato».
Il tema degli aerei sta dividendo l’Europa, che sembrava essersi ricompattata con la decisione tedesca di consegnare i panzer a Kiev. Il primo ministro olandese, Mark Rutte, ha già aperto all’ipotesi. Anche il presidente francese Emmanuel Macron è possibilista: «Nulla è escluso in linea di principio», ha detto.
Il premier polacco Mateusz Morawiecki è in linea di principio favorevole, ma chiede la copertura politica della Nato, o almeno di un gruppo consistente di alleati. Ma, naturalmente, sarà decisiva, ancora una volta, la posizione degli americani. Joe Biden, al momento, non cambia linea: la consegna dei caccia a Kiev rischierebbe di provocare una reazione russa pericolosa, se non potenzialmente devastante.
Tuttavia, scrive il sito Politico, nell’Amministrazione, specie all’interno del Pentagono, cresce la spinta per dare a Zelensky «tutto ciò di cui ha bisogno», compresi gli F-16. Non sembra un caso che proprio ieri Biden abbia telefonato all’olandese Rutte per una «ricognizione» sugli aiuti a Kiev.
La reazione di Mosca, come accade ormai da mesi, prova a seminare allarme tra gli europei. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov osserva: «L’Occidente sta incoraggiando l’Ucraina a chiedere sempre più armi».
Kiev, intanto, si muove anche sul fronte politico-diplomatico. Risulta al Corriere che Zelensky abbia proposto la convocazione di un’Assemblea straordinaria dell’Onu, il 24 febbraio prossimo, giorno del primo anniversario dell’attacco putiniano. L’idea è chiedere ai rappresentanti dei 193 Paesi di votare «il piano di pace in dieci punti» elaborato dallo stesso Zelensky.
Il pronunciamento dell’assise non avrebbe effetti giuridici, bensì un forte significato politico. Il presidente ucraino ne ha parlato con i partner occidentali (Italia compresa), facendo riferimento al precedente del 5 marzo del 2022, quando la plenaria esaminò una mozione contro Mosca. I «sì» furono 141; cinque i contrari (la stessa Russia e poi Bielorussia, Corea del Nord, Eritrea e Siria); 34 gli astenuti, tra i quali spiccavano Cina e India, oltre a Sud Africa e Arabia Saudita.
Ma americani ed europei sono perplessi. L’impressione condivisa è che si stia allargando l’area dell’insofferenza rispetto al conflitto. Ciò non significa che si temano slittamenti nel campo russo. Nello stesso tempo, però, lo schieramento anti-Putin non sembra in grado di attirare altri Stati.
Sicuramente né la Cina né l’India, ma neanche la regione del Sudest asiatico, larghe aree dell’Africa e del Sud America. Pesa l’instabilità che danneggia il mercato dell’energia, l’approvvigionamento dei beni alimentari, le forniture di materie prime. È un disagio che non ha sbocchi, perché non si vedono prospettive di negoziato.
In conclusione gli alleati osservano: molti governi che nel marzo 2022 avevano stigmatizzato l’assalto russo, ora potrebbero scaricare la frustrazione, bocciando o comunque non appoggiando il «piano di pace» presentato da Kiev. Il rischio, quindi, è di fare un regalo a Putin. Il confronto tuttora in corso.