Altalena Giarrusso: prima di Bonaccini aveva chiesto posto a Schlein

Stefano Cappellini La Repubblica 1 febbraio 2023
Altalena Giarrusso: prima di Bonaccini aveva chiesto posto a Schlein
L’ex Iena continua a dividere il Pd: la sua è una maschera formidabile da commedia all’italiana. È rimasto fuori rosa come Zaniolo ma le Europee sono vicine

Onore alla determinazione: Dino Giarrusso teneva così tanto all’idea di entrare nel Partito democratico che, prima di rivolgersi al candidato segretario Stefano Bonaccini, aveva provato a chiedere ospitalità alla sua rivale Elly Schlein. Che però ha ringraziato e declinato l’offerta.

Lo raccontano con una punta di orgoglio, nell’entourage di Schlein, un sentimento misto tra il sollievo per aver evitato l’asteroide e l’inconfessabile soddisfazione per l’incapacità degli avversari di scansarlo. Del resto, aveva un senso che Giarrusso provasse a bussare alla porta di ingresso in teoria a lui più vicina, anche se ormai, dopo le polemiche furibonde e i falò virtuali di tessere dem seguiti alla visione della ex iena televisiva sul palco di Bonaccini, è probabile che trovi serrate tutte le porte, anche gli ingressi sul retro.

Però che saggio di post-politica, che impagabile spettacolo. Giarrusso come Tony Brando alias Christian De Sica in Compagni di scuola, che ha una parola buona e diversa per ogni vittima da intortare, il Sironi di Giarrusso ha sicuramente le “zinne” rosse, il periodo comunista, Giarrusso come il Pippo Franco di Pierfrancesco Pingitore, un vero arcigrillino ante litteram l’inventore del Bagaglino, che allo stadio fa un tempo nella curva della Lazio e uno in quello della Roma, la prova che la commedia all’italiana non è finita, ha solo smesso di finire in sala e resta a disposizione di chi sappia vederla dove ancora sta. In politica, sicuramente.

Nel consiglio regionale di Calabria un eletto con il partito di Giovanni Toti, fortunato chi ricorda il nome, è appena passato ad Azione di Carlo Calenda. Si chiama Francesco De Nisi. Il suo curriculum comprende: Democrazia cristiana, Partito popolare, Margherita, Pd, e fin qui niente di strano, poi Direzione Italia, qualunque cosa sia stata, Fratelli d’Italia, Coraggio Italia, Cambiamo!, Italia al centro, ora appunto Azione. Ma De Nisi non è passato all’opposizione, resta in maggioranza.

Capite perché Giarrusso si sente angariato ingiustamente e, in fondo, crede di avere le sue ragioni nel citare De Gregori alla convention di Bonaccini, «sempre e per sempre dalla stessa parte mi troverai»: se per il vecchio Pd, Conte era «il fortissimo punto di riferimento dei progressisti», qualcuno potrebbe persino essersi convinto che la sponda sia la stessa, e se Conte ambisce al ruolo di capo della sinistra italiana, Giarrusso può sempre dire di essere rimasto nell’album di famiglia e che prima era solo un “compagno che sbagliava”.

Tutto è maschera – e Giarrusso è una maschera formidabile, in senso letterale, prendete una sua foto a caso e lo troverete sempre con l’espressione seduttiva mezzo Bell’Antonio mezzo Zoolander – tutto è farsa, tutto è circo. Giarrusso ha persino fatto il pugno chiuso ai sostenitori di Bonaccini, neanche fosse in una casa del popolo con Benigni e Berlinguer e il 1979, invece in platea c’erano Giorgio Gori e Dario Nardella, e improvvisamente è sbiadito pure il Checco Zalone che per equivoco al convegno della Lega Nord cantava in calabrese “U facimmu ‘stu cazzu di punti”, il Ponte sullo Stretto, che oggi peraltro sarebbe l’inno ufficiale della Lega salviniana. Non è vero che la satira è morta, ha cambiato format.

Andatevi a riguardare il video con il quale Giarrusso, ancora fervente grillino, contestava ai fuoriusciti dal Movimento di non essersi dimessi dalle cariche elettive: «Hanno la poltrona incollata al c…», diceva e a un certo punto si alzava portandosi appresso la sedia, per testimoniare plasticamente il concetto. Poi se ne è andato lui dal M5S, con tanto di lite con Conte («A me chiedeva solo incarichi ogni volta che lo incontravo», commentò l’ex presidente del Consiglio, «è lo zerbino del Pd», fu la replica giarrussiana) e ha cercato di cavarsela con formule fumose e degne del vecchio sinistrese illustrato: resto perché, nella misura in cui, fatte salve le premesse, il quadro congiunturale.

In fondo, dicono i suoi sostenitori, è una polemica ingenerosa: nel Pd è entrata Beatrice Lorenzin, si è fatto eleggere Pierferdinando Casini, si è alleato alle elezioni Luigi Di Maio, state a cavillare su Giarrusso? Che ha sicuramente avuto il torto di avere fretta, nella politica di oggi si può tutto, ma serviva magari il tempo di una intervista pensosa, un caso di cronaca su cui dare ragione ai dem, un seminario con Bettini, e magari veniva a cercarti direttamente il Pd. Invece niente, ora Giarrusso è come Zaniolo, fuori rosa chissà per quanto, ma le europee arrivano presto, l’anno prossimo, bisogna che qualcuno lo rielegga e non può nemmeno sperare in Bonelli e Fratoianni. Porta centomila preferenze, Dino Giarrusso detto Iena, così era indicato nelle liste elettorali del 2019. Mai dire mai, però, nella politica italiana qualcuno che compra un Sironi si può sempre trovare, magari non del periodo rosso.

 

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