Donzelli-Cospito, l’imbarazzo di Palazzo Chigi. Sconfessata la linea Meloni

Francesco Verderami Corriere della Sera 1 febbraio 2023
Donzelli-Cospito, l’imbarazzo di Palazzo Chigi. Sconfessata la linea «sobria» di Meloni
Gli atti citati a Montecitorio non sono disponibili per i parlamentari. Freddezza tra gli alleati: solo Salvini ha manifestato solidarietà all’esponente FdI


Donzelli-Cospito, l’imbarazzo di Palazzo Chigi. Sconfessata la linea «sobria» di Meloni
L’imbarazzo di Palazzo Chigi si è presto tramutato in preoccupazione, perché le parole pronunciate alla Camera da Donzelli hanno scatenato un putiferio non solo nei rapporti con l’opposizione ma anche nella maggioranza e soprattutto dentro il governo. E rischiano di produrre gravi conseguenze, non solo politiche.

L’intervento in Aula del responsabile organizzativo di FdI doveva servire ieri a sottolineare che il trasferimento dell’anarchico Cospito dal carcere di massima sicurezza in Sardegna nulla c’entrava con la linea intransigente del suo partito e dell’esecutivo sul 41 bis, riaffermata la sera prima in Consiglio dei ministri.
Ma Donzelli si è spinto troppo oltre. E per attaccare la sinistra è arrivato a riferire dei rapporti tra le sbarre di Cospito con i boss della mafia per far cadere la norma sul carcere duro. Una ricostruzione dei colloqui talmente circostanziata non poteva che esser frutto di documenti riservati: quelli in possesso di una struttura sensibile del ministero della Giustizia come il Dap. E sul Dap ha la delega un altro esponente di FdI, il sottosegretario Delmastro, che divide casa a Roma proprio con Donzelli e che candidamente ha ammesso di aver «parlato» dell’argomento con il collega.

L’incredibile autogol ha lasciato basito un magistrato dai trascorsi ineccepibili come il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mantovano, ha provocato l’ira del Guardasigilli per la fuga di notizie dal suo dicastero e ha costretto Meloni a intervenire presso gli alleati per cercare di limitare i danni. Solo Salvini si è esposto per solidarizzare con Donzelli. Il resto del centrodestra è rimasto a debita distanza, in silenzio, mentre Nordio esternava tutto il suo disappunto e chiedeva al gabinetto della Giustizia di verificare quanto accaduto. Anche perché per ottenere accesso agli atti citati da Donzelli servono precise richieste: non sono nelle disponibilità dei parlamentari, come ha tentato di difendersi il deputato.
Si vedrà se il responsabile organizzativo di FdI resterà al Copasir o si dimetterà dal ruolo di vice presidente del Comitato sui Servizi, come chiedono le opposizioni. Si vedrà se la presenza di Delmastro al ministero sarà compatibile ancora con quella di Nordio. E si vedrà anche se — a causa di quel discorso in Aula — sono state violate notizie di un possibile fascicolo d’inchiesta. Ma il punto è politico. E il danno ricade su Meloni, che cercherà di far abbassare la tensione e preservare per quanto possibile i dirigenti del suo partito, consapevole che le opposizioni cavalcheranno la questione.

Appare scontato che la polemica sia destinata a montare. A parte le ammissioni di Delmastro e dello stesso Donzelli, che fuori dall’Aula ha infarcito di ulteriori particolari il suo discorso, lo scontro si protrarrà anche nel giurì d’onore, che il Pd — sentitosi offeso dalle affermazioni del deputato di FdI — ha chiesto ed ottenuto dal presidente della Camera Fontana. «Hanno tentato di accostarci ai mafiosi», denuncia la capogruppo dem Serracchiani, che insieme ad altri compagni di partito era andata in carcere per verificare le condizioni di salute di Cospito: «Ma noi siamo convinti sostenitori del 41 bis». Se l’intento della destra era denunciare le contiguità di una «certa sinistra» con i gruppi anarchici, il colpo è finito fuori target.
Così la ricaduta su Palazzo Chigi è duplice. Intanto l’obiettivo degli avversari è mettere in difficoltà la premier sul delicato tema della giustizia, evidenziando la contraddizione in cui è stata cacciata: «Se è vero che mira a debellare l’uso mediatico delle intercettazioni — dice Costa del Terzo polo — non può far passare che un suo esponente riveli notizie riservate addirittura in un dibattito parlamentare». Di qui il nervosismo di Nordio: per quanto le forze di opposizione gli abbiano fatto sapere che non è lui nel mirino, il timore del Guardasigilli è che questo passo falso possa intralciare la sua azione legislativa.

Ma soprattutto è Meloni che vede di fatto sconfessata quella linea della sobrietà alla quale ancora l’altro ieri si era richiamata, esortando a evitare polemiche nell’interesse nazionale. Attenta com’è nella gestione dei dettagli e dei rapporti, capace di strappare giudizi positivi da Bruxelles per l’atteggiamento in Europa e di ricevere consensi dai partner internazionali per la postura sul conflitto in Ucraina, la premier viene in questo caso risospinta indietro per responsabilità della sua stessa classe dirigente, che stenta a interpretare il nuovo ruolo. E come Penelope deve tessere la tela che altri in questi primi cento giorni le hanno a volte disfatto.

 

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