Gabriele Romagnoli La Repubblica 1 febbraio 2023
Zaniolo dall’alba al tramonto, con Mourinho nel ruolo di patrigno
Nicolò resta alla Roma fuori rosa. Un destino capovolto lo riporta alla casella di partenza
Ci sono partite in cui perdono tutti. Questa ne è un esempio: perdono Zaniolo, la Roma, i suoi tifosi. Perdono un pezzo di futuro, molti soldi, l’occasione per mostrarsi maturi.
Non è facile, qui: dall’alba al tramonto passa un istante. Ci sono cascati dentro in tanti: dal marziano di Flaiano a tutti i SuperMario, Monti o Draghi che fossero. Figurarsi se poteva farcela un ragazzo insicuro, frastornato da troppi consigli.
La condiscendenza dentro casa non l’ha preparato alla severità del mondo fuori. Il carattere aveva bisogno di assistenza, ma per queste cose Mourinho fa rima con patrigno, di quelli da favola nera.
Anche rispetto alla velocità con cui Roma sa capovolgere opinioni e destini il rovesciamento di Zaniolo è straordinario. Spazza via tutte le immagini felici. Il carro del vincitore dopo la finale di Tirana, sul quale aveva accolto senza reagire imperdonabili sfottò.
Il murale a Trastevere che lo raffigura come Robin, il compagno di Batman. La fotografia simbolo del lockdown: il bambino di Milano, zona rossa, che gioca a pallone da solo, in strada, tra le rotaie del tram, con la maglia giallorossa 22, invocando un arrivo che sarà come quello di Godot.
La sera dei miracoli (12 febbraio 2019): doppietta al Porto in Champions League, mai un italiano c’era riuscito alla sua età. «È la notte del predestinato!», continuava a urlare il telecronista, Fabio Caressa. La notte vera comincia adesso.
Fuori rosa, più di 200 giorni all’alba (sempreché qualcuno se l’accolli in estate). La carta degli imprevisti l’ha rimandato alla casella di partenza: La Spezia. Era davvero una svolta imprevedibile? Certo che no, ma in parte sì. Come ogni vita anche la sua ha sparso indizi e prove contrarie. Ognuno è artefice della propria fortuna, poi magari qualcun altro gli dà una mano o un martello.
Tutta la sua breve carriera racconta difficoltà di adattamento e incomprensioni. Allo Spezia lo considerano un raccomandato perché figlio di calciatore. I genitori degli altri ragazzini vanno al campo con il cronometro per verificare non goda di un minuto preferenziale. Alla Fiorentina lo giudicano troppo piccolo, privo di determinazione, lo tengono a lungo in panchina e lo scaricano a fine anno.
Dopo il purgatorio all’Entella va in paradiso: all’Inter, la squadra sognata da suo padre (che se la giocò per una testata a un difensore e sei mesi di squalifica). Fino a una settimana fa hanno deriso Spalletti per avergli preferito tal Emmers e poi averlo ceduto come mancia per avere Nainggolan. Le rivincite, come le disgrazie, non vengono mai sole. Zaniolo a Roma si rompe due volte, ma torna. Da questa rottura, più difficile.
Eppure c’è, o c’è stato, in lui un carattere. Quando, ancora gracile, frequentava la sua prima scuola calcio, la Maria Rosa di Salerno, il suo allenatore Enrico Anastasio ricorda che nelle giornate gelide, mentre gli altri bambini erano tenuti a casa da genitori prudenti, lui pretendeva di venire ugualmente.
A Messina, nel giorno libero del padre, si facevano aprire lo stadio Franco Scoglio dai magazzinieri, poi Zaniolo senior andava in porta e Zaniolo jr tirava, per ore, davanti a 38 mila posti vacanti. A Roma, proprio a Roma, quando all’ultimo giorno di mercato stavano per mandarlo in prestito al Chievo, fece chiamare il direttore sportivo Monchi dalla madre, se lo fece passare e gli disse che voleva restare e guadagnarsi il posto.
Poi l’ha ottenuto e non ha più saputo bene che farsene. Anche con la maglia azzurra, quella dell’Under 21, arrivata presto, ha saputo soltanto fare tardi agli allenamenti ed essere escluso. A Roma sembrava garantito: era nella scia dell’ultimo re, Mourinho lo aveva difeso dalle critiche e dal gioco pesante. Poi, qualcosa è cambiato.
Dybala, basta metterlo in campo e non farsi venire le ubbie di Allegri. A Zaniolo vanno trovate posizione e predisposizione. Bisogna farlo diventare uomo, ricordargli che “family” può essere un tatuaggio, ma a 22 anni te la giochi da solo. Ci vuole pazienza e il portoghese non ne ha più, preferisce sbarazzarsi: di Karsdorp, Candela, adesso Zaniolo.
Disse Sabatini: «Mourinho non conosce Roma: ora Karsdorp non potrà più fare la spesa». Aveva ragione nella seconda parte. Quanto alla prima, invece, Mourinho Roma l’ha capita in fretta e ne usa le debolezze.
Che cosa si lascerà alle spalle, non è un problema suo. Ranieri non s’innamorò di Zaniolo, ma lo comprese abbastanza da regalargli un libro dal titolo: Niente teste di cazzo – Lezione di vita dagli All Blacks.
E adesso ragazzo, che cosa ti resta di quel destino scritto e stracciato? Prova con Beckett, non si sa mai: “Fallisci ancora. Fallisci meglio”.