Ma ora è in bilico la riforma Nordio, e Nordio

Stefano Folli La Repubblica 2 febbraio 2023
Ma ora è in bilico la riforma Nordio
Comunque la si pensi sul caso Cospito-Donzelli-Delmastro, è probabile che la vera vittima di questa confusa vicenda sia la riforma della giustizia.

Concepita dal ministro Nordio, sia pure fra errori e incongruenze, in chiave liberale e garantista, il testo non ha ancora visto la luce ma sembra già un veliero disalberato e avviato al bacino di carenaggio. La giornata di ieri alla Camera ha descritto come meglio non si potrebbe uno scenario malinconico.

Il Guardasigilli avrebbe dovuto dire una parola chiara sulla vicenda del giorno prima (le carte riservate la cui sostanza è stata diffusa in aula da un esponente di FdI), tuttavia è stato vago e ha rinviato la questione. Certo, c’è una procura che se ne sta occupando ed era stato annunciato anche un rapporto chiesto dal ministro al suo capo di gabinetto.

Ma al dunque non è stato spiegato alcunché, lasciando un’impressione di imbarazzo. O magari si tratta del timore di prendere una posizione netta, perché implicherebbe le dimissioni di uno dei due personaggi implicati nella vicenda, probabilmente di tutti e due: il primo vicepresidente del Copasir, il secondo — quello che gli avrebbe passato le informazioni “sensibili” — sottosegretario nel ministero di via Arenula.

Un esito che si risolverebbe in una sconfitta alquanto grave per il governo Meloni. In realtà l’insuccesso è già nei fatti. Può darsi che non abbia riflessi sul consenso elettorale del governo e della stessa presidente del Consiglio, ma una crisi “ibernata” per timore delle sue conseguenze è già una ferita alla credibilità dell’esecutivo. Per meglio dire, alla credibilità del ministro che più di tutti dovrebbe definirne il profilo innovativo, proteso verso una giustizia capace di offrire garanzie al cittadino, impedendo soprusi e abusi.

Per questa ragione Nordio era stato chiamato dalla premier a ricoprire il ruolo più delicato. E non si capisce perché egli si trovi oggi in una simile scomoda posizione senza ricevere aiuto da chi avrebbe il dovere di dargliene: proprio per non compromettere il progetto riformatore, ammesso che fosse un disegno e non solo un’operazione strumentale. Nel frattempo Nordio si trova in una specie di tenaglia. Attaccato dall’opposizione (Pd e Cinque Stelle) che non gli offre alcuno spiraglio, tranne Renzi che ha visto la contraddizione nel centro-destra e si sforza di allargarla.

Messo all’angolo dall’uscita di Donzelli, con il suo sapore rétro da campagna elettorale permanente; deluso dal suo sottosegretario Delmastro. Si possono attendere tutte le inchieste del mondo, ma sul piano politico è purtroppo già chiaro chi ha sbagliato e perché. Ed è altrettanto chiaro, sempre sul terreno politico, il motivo per cui non si sono prese le decisioni che sarebbero necessarie.

Ecco la ragione per cui la riforma della giustizia è probabilmente già compromessa.
Prima il pasticcio delle intercettazioni, adesso questo scivolone molto più grave. Il governo si è sforzato di portare la discussione sul 41bis, con il sottinteso di rendere più coeso il fronte del centro-destra e suggerire che la sinistra non lo è abbastanza.

Ma pochi pensano che le violenze degli anarchici e gli appelli di Cospito avranno l’effetto di cambiare la legislazione. Il punto politico delle ultime ore è un altro: lo scontro trasversale tra giustizialisti e garantisti e l’affare delle carte segrete. Con il partito della premier che non ha voluto o non è riuscito a sostenere fino in fondo Nordio.

Una sorta di opposizione interna si è ritrovata, pur nel conflitto, alleata dell’opposizione esterna per esprimere diffidenza verso la riforma promessa e non ancora definita. Così il ministro esce indebolito dalla due giorni parlamentare. Può risalire la china, ma avrà bisogno di coraggio. E qualcuno dovrà, se vorrà, coprirgli le spalle.

 

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