Stavolta la Meloni si trova il fuoco in casa, è parte in causa

Lucia Annunziata La Stampa 2 febbraio 2023
Cara Premier, ci può dire se sapeva?
Ahi! È toccato ancora una volta a un fiorentino, col piglio del ragazzo, entrare nella cristalleria romana e fare un po’ di macerie. Esponendo una falla dentro il partito del nuovo presidente del Consiglio. Caso Donzelli, il giorno dopo.

Il ministro della Giustizia Nordio, celebrato come un uomo di marmo, non critica il deputato/coordinatore del partito nazionale/responsabile del partito romano. Rimanda la decisione allo studio di documenti. Palla in angolo. Attendiamo chiarimenti.

Sul versante Chigi si segnala invece che “Giorgia è furiosa”, dicono alcuni delle prime file del partito. È la prima reazione, che mette in moto il meccanismo di protezione che ha fin qui tenuto al sicuro la Presidente. La narrazione di questi primi 100 giorni, è che, qualunque valutazione se ne voglia fare, Giorgia Meloni fin qui non ha mai sbagliato. Errori, retromarce, decisioni non condivise, temi anticipati in modi non del tutto soddisfacenti dagli altri partiti o da alcuni membri della coalizione.

Giorgia no, non ha mai avuto parte in causa. Anzi, continua la narrazione, Giorgia in tutti i casi è intervenuta facendo una ramanzina a chi è uscito dai binari, e ha resettato tutto.

Ma il caso Donzelli che pure dovrebbe essere trattato nello stesso modo (“Giorgia lo difenderà fino in fondo e alla fine non succederà nulla”) è troppo sgangherato, e l’uomo è troppo vicino alla premier, per escludere dal suo grande flop la stessa Meloni. Per cui, il tavolo su cui ora arrivano un bel po’ di domande, è quello di Palazzo Chigi.

Davvero possiamo immaginare che uno dei personaggi politici col maggior numero di incarichi nel partito al governo non abbia riportato a Chigi le “informazioni” ricevute dal sottosegretario alla Giustizia dello stesso governo, sui rapporti fra l’anarchico, la mafia e la sinistra? Ancora: possiamo immaginare che un deputato che finora si è presentato come il fedelissimo difensore di una esperienza istituzionale – come vuole se ne parli la premier – abbia deciso da solo di accusare in Parlamento, con toni esagerati e sovraeccitati, la sinistra, sul suo tasso di fedeltà fra Stato o mafia?
Tutto porta a pensare che quello di Donzelli sia stato un intervento scelto, e programmato, a livello di vertice, anche se poi non attentamente calibrato. Se così fosse perché il governo avrebbe scelto di dar via libera a questo intervento? Per la stessa ragione per cui il governo non riesce a procedere nella sua azione di governo. Dopo la approvazione della finanziaria – operazione già difficile in sé, per tempi e risorse – l’esecutivo Meloni è sostanzialmente bloccato su se stesso. La prova di questo stallo è dentro le stesse dichiarazioni fatte dalla premier per celebrare i suoi primi 100 giorni. Basta rivedere il video del messaggio, che ha un favoloso incipit, in cui la Presidente sostiene di aver fatto “100 azioni in 100 giorni”, Bum!

Operazioni che vanno da “Provvedimenti contro la mafia, come il mantenimento del carcere ostativo, contrasto all’illegalità, anche con controlli a tappeto nelle stazioni e avviando le procedure per oltre 10 mila assunzioni nelle forze dell’ordine”, insomma poco più di una ordinaria amministrazione, spacciata come “cambiamento di passo dello Stato”; “la lotta alla immigrazione illegale, con il decreto sulle Ong”, e “il riconoscimento dell’Unione europea della necessità di affrontare il problema in modo strutturale” (ah sì, il famoso impegno dell’Europa!).

Le uniche misure finora fatte di sicuro sono “la stretta sul reddito di cittadinanza”, “la tregua fiscale e l’estensione della tassa piatta per autonomi e partite Iva”, e, ancora, “l’innalzamento del tetto all’uso del contante”, “per contrastare l’evasione fiscale dove l’evasione fiscale si annida davvero”. Poche misure, come si vede, e molto discusse. Dal cui elenco sono scomparse le decisioni sbagliate, cancellate o ritirate: Pos, porti chiusi per migranti, tagli delle accise sul carburante.

Un panorama difficile in verità, quello che si trova davanti il governo italiano, lo ammettiamo. Ma è insopportabile il rifugiarsi nel forzato ottimismo di una frenetica attività di una premier proiettata sul più grande panorama internazionale, così descritta: «Dal sostegno all’Ucraina fino al Piano Mattei per l’Africa, passando per oltre sessanta contatti e incontri con i leader di altrettante nazioni, abbiamo proiettato l’Italia come nazione di nuovo protagonista a livello internazionale.

Dall’investimento di 30 miliardi per abbassare il prezzo delle bollette per famiglie e imprese, all’aumento della produzione di energia rinnovabile e di estrazione di gas nei nostri mari, fino alla battaglia vinta per un tetto europeo per il prezzo del gas, abbiamo contribuito a difendere la sicurezza energetica italiana». A parte le misure ottenute già da Draghi, insomma, solo fuffa. Sull’Ucraina persino c’è cauta attesa.

Le migliori performance del governo sono venute da altre scelte, tutte di natura “sicuritaria”, il terreno preferito di Fratelli d’Italia, quelle in cui l’azione dello Stato è palpabile: la cattura di Matteo Messina Denaro, e l’ultima emergenza, quella dell’attacco degli anarchici sulla questione della libertà di Cospito, sono divenuti il palcoscenico su cui sfoggiare operatività.

Perché allora non accelerare, su questi temi? Perché non ribaltare lo stato di paralisi con una splendida uscita che riporti il FdI allo smalto dei suoi anni di battaglia? Sarà stato questo il pensiero di Chigi? Noi di qui, con lo Stato e la Nazione, e la sinistra e tutti gli altri complici e traditori, collusi con i nemici dello Stato. Mafia, terrorismo, anarchici e quant’altro sia necessario.

Un intervento facile, bello che avrebbe ridato fiato anche alle relazioni con quella parte della base, tipo Rampelli e i suoi Gabbiani a Roma, scontenti della deriva governista di Giorgia, e che avrebbe incastrato la sinistra tutta, governista (ma il radical chic mancava). Un ritorno ai bei tempi, a quando la generazione Atreju poteva maledire il mondo dagli spiazzi dei giardinetti, sufficienti a ospitare le sue adunate. Perfetto insomma per il giovane (in verità ha 47 anni) fiorentino, espressione di quella generazione arrivata a Chigi.

Un discorso così facile e bello che il Donzelli si è fatto prendere dalla foga, e fra fremiti e scossoni del microfono, ha inguaiato la premier. Cui resta la domanda che stavolta non sarà facile aggirare: sapeva, Presidente Meloni, di questo intervento?

 

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.