Matteo Pinci La Repubblica 3 febbraio 2023
Sempre più Serie Africa Da Osimhen a Lookman i nuovi signori del gol
Nel torneo femminile l’attaccante regina è Tabitha Chawinga malawiana dell’Inter
Era il 1996 quando tutte le promesse sull’esplosione del calcio africano sembravano improvvisamente avverarsi. L’oro olimpico della Nigeria, capace di battere in finale l’Argentina, pareva un presagio: il futuro è loro. Dopo un quarto di secolo, la Nigeria non s’è presa il mondo, come tutti in quei giorni di Atlanta erano pronti a pronosticare. Si sta prendendo, però, il campionato italiano, sempre più Serie Africa.
Pochi mesi prima che Victor Osimhen nascesse a Lagos, nel 1998, Parigi ospitava una finale dei Mondiali con 11 giocatori della Serie A in campo, nonostante l’Italia fosse uscita ai quarti. Sei giocavano nella Francia, cinque nel Brasile. Otto anni dopo, a Berlino, furono 17, e 14 avevano la maglia azzurra. Oggi ai Mondiali non ci andiamo, Osimhen trascina il Napoli verso lo scudetto e le stelle dei Mondiali si chiamano Messi e Mbappé, due che in Italia sono passati giusto per le vacanze.
L’Italia che deraglia verso la periferia del calcio ha nuove stelle: addio ai Palloni d’oro di Argentina e Brasile, e non bisogna arrivare ai tempi di Maradona e Zico, basta riavvolgere il nastro a quando Shevchenko e Ronaldo sceglievano la Serie A. Il fu campionato più bello del mondo, prima di inchinarsi alla Liga e poi alla Premier.
Qui è sbocciato oggi Ademola Lookman, ragazzo nato alla periferia di Londra ma nigeriano di origini e di cuore: ha scelto di giocare per le aquile di Lagos, pur avendo indossato, a livello giovanile, la casacca dei Tre Leoni.
L’Atalanta e Gasperini lo hanno trasformato da aletta inconcludente in spietata seconda punta. Con 12 gol insidia l’ascesa al trono di Osimhen, capace di segnarne 14 venendo dalla fame: la mamma persa presto, il papà disoccupato e lui bambino che insieme agli altri 5 fratelli vendeva buste d’acqua sotto il sole delle strade di Lagos.
Da lì viene anche David Okereke della Cremonese, 5 gol: nessuno di loro era nato quando la Nigeria vinse quelle Olimpiadi del 1996.
Da lì l’Italia, periferia del calcio, pesca oggi i propri sovrani: costano poco, non guadagnano cifre impensabili e scontano, all’estero, un minimo di scetticismo.
I nigeriani in Serie A sono 8 e segnano più di tutti: 0,31 gol a partita. Più del doppio degli argentini, oltre il triplo di inglesi e brasiliani. Meglio, solo l’Angola, grazie ai 9 gol in 18 partite con lo Spezia di M’Bala Nzola, 4° tra i bomber dietro a Lautaro. Cresciuto in Francia, la sua America l’ha trovata grazie a un procuratore che lo ha ospitato a casa sua, a Bologna, quando nessuno voleva credere che oltre al fisico da corazziere sapesse far gol. Mille rifiuti in Serie B, per sfondare è dovuto partire dalla Virtus Francavilla, neopromossa in Serie C, prendendo un treno con un marsupio come unico bagaglio. Il traguardo? «Entrare stabilmente tra i migliori 5 marcatori del campionato».
I tre attaccanti africani hanno messo insieme 35 gol, dieci in più di quanti ne abbiano realizzati i 4 migliori italiani, Zaccagni (8 gol), Immobile (7), Barella e Frattesi (5 a testa).
Unico problema: il rischio che questa vetrina alimenti l’illusione di ragazzi e di famiglie, ingannati da procuratori senza scrupoli che portano in Italia i giovani con la promessa di un futuro nel calcio per poi abbandonarli dopo il primo provino, costringendoli alla fame e ai centri di accoglienza.
Anche tra le donne domina una ragazza africana. Tabitha Chawinga è la stella dell’Inter, rivelazione del campionato femminile. Già 13 gol, la juventina Girelli l’ha superata in testa ai marcatori ma la battaglia è apertissima. E Tabitha è abituata a sfide più dure. Cre- sciuta in un villaggio rurale del Malawi, un Paese in cui la disabilità visiva colpisce 160 mila persone, ha iniziato a giocare col cugino, scalza, e ha dovuto vincere la peggiore delle umiliazioni: costretta a spogliarsi davanti a compagne e avversarie per convincerle di essere davvero una bambina.
Da quel giorno, Tabitha lotta con (o contro) la federcalcio del Malawi perché nulla del genere debba più accadere. E ogni gol è un timbro a fuoco su quel messaggio.