I Repubblicani festeggiano l’incidente di Xi sul pallone spia

Federico Rampini Corriere della Sera 4 febbraio 2023
Perché il pallone-spia cinese sopra gli Usa è un autogol, per Xi Jinping
La scoperta del pallone spia sopra gli Stati Uniti è un incidente di percorso che arriva nel pieno del tentativo di Washington e Pechino di «normalizzare» i rapporti

 

 

La decisione di Antony Blinken di rimandare la visita ufficiale a Pechino (sarebbe stato il primo segretario di Stato Usa ricevuto da Xi Jinping da ben cinque anni, l’ultimo fu Rex Tillerson nel 2017 quando c’era Donald Trump alla Casa Bianca) dà improvvisamente un rilievo inaspettato alla crisi del pallone-spia cinese sui cieli d’America. Quasi a voler rievocare la vicenda dell’U2-spia americano abbattuto dai sovietici nel 1960, alla vigilia di un importante summit bilaterale Usa-Urss.

C’è un elemento di politica interna: la nuova maggioranza repubblicana alla Camera di Washington è decisamente più anti-cinese della squadra di Joe Biden. Molti repubblicani avrebbero voluto che il pallone-spia venisse abbattuto dai caccia della US Air Force, ripetendo «alla rovescia» proprio lo scenario del 1960: l’aereo-spia U2 americano allora venne abbattuto da un missile, e il suo pilota fu catturato dai sovietici.

C’è anche il Grande Gioco Usa-Cina che si rimette in movimento in Asia, con le nuove basi militari americane nelle Filippine, ottenute per preparare uno scenario d’invasione di Taiwan.

Questo incidente di percorso interviene proprio quando Biden e Xi Jinping stavano tentando di stabilire delle regole del gioco perché il loro antagonismo rimanga entro limiti controllabili.

La storia del pallone-spia è certamente un infortunio per i cinesi. La vecchia regola è che tutti spiano tutti, ma è meglio non farsi beccare in flagranza. Tanto più che, in questo caso, il gioco non vale la candela. Gli esperti di tecnologie militari sostengono che americani e cinesi dispongono di satelliti in grado di effettuare riprese di grande precisione, senza violare lo spazio aereo della nazione spiata. Il pallone è un mezzo abbastanza rudimentale, anche se di sicuro avrà raccolto una ricca messe di fotografie sorvolando una base di armi nucleari nel Montana. Il Pentagono ha preferito non abbatterlo citando il rischio che i detriti colpissero qualcuno precipitando a terra. La diplomazia cinese ha accusato il colpo, perché nell’offrire la versione – poco verosimile – del pallone destinato a studi meteorologici, ha però aggiunto un «rincrescimento» che si avvicina molto a delle scuse formali. Nell’era della diplomazia del Guerriero Lupo non è frequente che il linguaggio della diplomazia cinese sia così gentile.

Blinken ha dovuto rinviare la sua visita a Pechino anche perché assediato dai repubblicani. Sotto il nuovo presidente della Camera Kevin McCarthy, la nuova maggioranza di destra ha reagito all’incidente del pallone-spia anticipando quello che sarà uno dei fili conduttori della sua azione: la pressione per una politica estera di contenimento duro verso la Cina. Non che Biden possa essere accusato di essere una «colomba» su quel fronte. Anzi, se c’è una cosa che distingue il Biden ucraino dal Biden cinese, è la maggiore determinazione del secondo. Mentre il presidente democratico ha sempre respinto le richieste di Vladimir Zelensky per una no-fly zone della Nato che protegga lo spazio aereo ucraino dai missili russi, al contrario per ben quattro volte ha dichiarato che l’America interverrebbe militarmente a difendere Taiwan in caso d’invasione cinese.

Lo spettro di una guerra per Taiwan fa da sfondo all’accordo importante che il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha concluso con il governo delle Filippine. Il presidente Ferdinand Marcos Jr. ha accettato di concedere al Pentagono l’uso di nove basi militari. Non ci sarà una presenza permanente di soldati americani – come accadeva nelle Filippine fino agli anni Novanta, in particolare nella celebre base di Subic Bay – però la U.S. Navy, la U.S. Air Force, l’esercito e i marines potranno usare queste basi per manovre militari congiunte con gli alleati, nonché per lasciarvi dei depositi permanenti di armi, munizioni, carburante. La logistica, è una lezione crudele del conflitto ucraino, ha sempre un’importanza enorme, e i Paesi occidentali sono arrivati molto vicini all’esaurimento di scorte strategiche nei loro arsenali. La logistica è il tallone d’Achille degli americani nello scenario della difesa di Taiwan da un’attacco cinese.

Le nuove basi nelle Filippine sono un appoggio prezioso nel Grande Gioco dell’Indo-Pacifico, visto che alcune isole della costa settentrionale di questo arcipelago si trovano a sole cento miglia da Taiwan. Vanno ad integrare un dispositivo di alleanze che si sta rafforzando fra Stati Uniti, Giappone, Australia, Corea del Sud. Sull’accordo fra Stati Uniti e Filippine il linguaggio della diplomazia cinese è stato ben più duro. L’amministrazione Biden è stata accusata dalla portavoce del ministero degli Esteri cinese di «mettere in pericolo la pace e la stabilità nella regione».

Per Xi Jinping il ritorno delle Filippine nell’alveo delle alleanze americane è una sconfitta. Durante la presidenza di Rodrigo Duterte, Manila aveva preso le distanze dall’America fino a minacciare la revoca degli accordi di cooperazione militare. La Cina aveva piegato Duterte anche con il «ricatto delle banane», quando questo prodotto d’importazione dalle Filippine era stato bloccato nei porti cinesi provocando pesanti perdite all’economia di Manila.

 

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.