Emanuele Lauria La Repubblica 4 febbraio 2023
“Inchino Pd alla mafia”. Affondo di Delmastro, ma Meloni glissa ancora
I Dem annunciano querele, chiedono dimissioni del sottosegretario e chiamano in causa la premier. Ma lei rinvia a oggi le risposte e rilancia: “Il livello è più alto, uniti contro la minaccia anarchica”
“Ne parlerò volentieri domani”. È a Berlino che Giorgia Meloni butta l’ultimo pallone in tribuna, si produce nell’estremo tentativo di fuga dal caso Donzelli-Delmastro, al tramonto di una giornata di tensione fuori e dentro i Palazzi. Fratelli d’Italia si scaglia di nuovo all’attacco del Pd, ancora con il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, che in un’intervista al giornale il Biellese chiede ai dem di spiegare “l’inchino ai mafiosi” di cui si sarebbero resi colpevoli quattro parlamentari Pd andando a visitare in carcere l’anarchico Alfredo Cospito, essendo stati invitati da quest’ultimo a parlare con alcuni boss interessati ad attenuare il 41 bis. Il Partito democratico va in controffensiva non solo politica.
I parlamentari tutti, dopo una riunione con le capigruppo Serracchiani e Malpezzi, scrivono alla premier per chiederle di prendere le distanze. Intanto alla mozione di censura per Delmastro si aggiungono querele e citazioni per danni nei confronti del sottosegretario e di Giovanni Donzelli, vicepresidente del Copasir. “I nostri deputati sono sotto un deliberato linciaggio”», chiosa il segretario Enrico Letta. La sfida, insomma, finisce in tribunale, in un clima generale che si arroventa tra manifestazioni pro-Cospito (in sciopero della fame da 107 giorni) e manifesti con la parola “assassini” davanti alle foto di alte autorità dello Stato.
FdI denuncia intimidazioni e minacce a propri esponenti e sale il livello di attenzione degli apparati di sicurezza per prevenire possibili azioni violente degli anarco-insurrezionalisti. A Delmastro e Donzelli, all’altro sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, viene assegnato un servizio di tutela. La lista dei politici sotto scorta si potrebbe allungare. Il tutto in vista di una decisione, quella sulla revoca del carcere duro a Cospito, che il ministro della Giustizia Carlo Nordio dovrà prendente entro il 12 febbraio.
Davanti a questa escalation, Giorgia Meloni prosegue nel suo silenzio sulla diffusione di informazioni riservate su mafia e terrorismo fatta da Donzelli e Delmastro. Viene incalzata dal Pd ma anche da Giuseppe Conte, che la accusano di scappare davanti alle domande. A Berlino per un incontro ufficiale con il cancelliere Olaf Scholz, la premier dice che la questione della rivelazione di documenti riservati, definiti “sensibili” da Nordio e contenenti intercettazioni ambientali di colloqui tra Cospito e due boss, “non interessa alla stampa internazionale”. Su questo, precisa, “risponderò volentieri domani”. E dice, per giustificarsi, che “bisogna ragionare su un livello più alto”.
Torna a lanciare un appello all’unità: “In Italia abbiamo un problema che molti stanno sottovalutando. Lo Stato è oggetto degli attacchi degli anarchici con l’obiettivo di rimuovere il carcere duro, obiettivo a cui punta la mafia. Dobbiamo trovare il modo per non dividerci”, avverte Meloni. Ed è un invito, precisa, che “faccio a me stessa e a tutti”. Quando “nuove persone” finiscono sotto scorta “non è mai una vittoria”, scandisce.
Un monito ad abbassare i toni che, ribattono i Dem, nasconde il tentativo di eludere le domande. Un monito che evidentemente anche in FdI non ascoltano, vista l’escalation di attacchi ad alzo zero al Pd: dal primo intervento di Donzelli a quello del senatore Alberto Balboni (“Il Pd ha aperto una voragine alla mafia”), fino – appunto – alle ultime dichiarazioni di Delmastro che non sono piaciute né alla premier né a molti del suo entourage. Ecco perché l’ultimo rinvio della presidente del Consiglio contiene anche la decisione di prendere finalmente in mano la situazione.
Ed esprimersi oggi, in vista dell’esito dell’indagine della Procura di Roma e anche del Giurì d’onore chiesto dal Pd contro Donzelli: l’organismo è stato istituito ieri e sarà presieduto dal 5S Sergio Costa, dopo il passo indietro del vicepresidente della Camera Giorgio Mulé, per ragioni di opportunità che celano il no di Donzelli alla designazione del forzista, “reo” di averlo criticato in tv. Ma il giurì si è preso oltre un mese di tempo per decidere. Forse troppo, in una scena di crescente nervosismo.