E’ saltato il patto con i Friedkin, il nervosismo di Mou

Daniele Lo Monaco Il Romanista 6 febbraio 2023
 
Conta solo vincere  l’imperativo Mou
 
Nella testa di Josè, Il nervosismo per le critiche dopo la Cremonese, quel patto saltato con i Friedkin, le prospettive per il prossimo anno

Che cosa intende dire esattamente Mourinho quando al termine della vittoria contro l’Empoli sostiene «Siamo solo noi. C’è qualcuno tra i tifosi che non capisce e c’è qualcuno anche nella stampa che dovrebbe capire e che invece fa finta di non capire»? Qual è, esattamente, lo stato d’animo di un allenatore che ha portato la Roma al secondo posto in campionato (adesso terzo, ma la sostanza non cambia) nel girone di ritorno già inoltrato, con il turno, seppure ai playoff, di Europa League superato appena dopo una traumatica eliminazione della Coppa Italia nell’anno in cui il destino aveva allineato gli astri per accompagnare la squadra fino alla finale all’Olimpico del 24 maggio?

La scelta con la Cremonese

Forse bisogna ripartire da lì, da dove duole il dente, dalla Cremonese. Chiaro che dopo una sconfitta così, ogni componente del gruppo si porta dietro le sue responsabilità, si tratta solo di individuarne le percentuali. Ecco, come spesso capita agli allenatori, Mourinho contesta il fatto che le maggiori siano le sue, in riferimento soprattutto alla formazione schierata in ossequio alla sua logica stringente. Nella testa di Mou le partite con Cremonese ed Empoli avevano un peso davvero simile: da una parte lo scivolo verso un nuovo trofeo, dall’altra la necessità di non perdere il contatto con i primi quattro posti, porta d’accesso ai finanziamenti della Champions che potrebbero favorire la costruzione di una Roma più consona alle sue ambizioni.

Già se guardiamo la prospettiva dal punto di vista dei Friedkin, ai fini della stabilità gestionale del club aveva un peso decisamente maggiore l’impegno con l’Empoli. Se  invece osserviamo le cose dalla prospettiva di un tifoso, è logico che la qualificazione al turno successivo della Coppa Italia era l’appuntamento da non mancare per nessun motivo al mondo, anche a costo di perdere terreno in campionato.

L’allenatore ha deciso di rinunciare a qualche giocatore di maggiore tasso tecnico nella sfida apparentemente più semplice, immaginando di poter fronteggiare nel secondo tempo qualsiasi complicazione fosse sorta. Quel che proprio non si aspettava era di dover rimontare addirittura due gol. Dovuti non alle scelte del tecnico, se non indirettamente, ma ai marchiani errori tecnici  individuali compiuti da due giocatori. Peraltro, con un po’ più di buona sorte, la Roma la partita l’avrebbe recuperata lo stesso e allora tutti i durissimi commenti del post gara sarebbero stati facilmente eliminati. Da qui il risentimento dell’allenatore contro i commenti, trame, e chissà a chi si riferiva, quelli di «certi che scrivono su Twitter».

«Soli contro (quasi) tutti»

L’allenatore spesso marca la differenza tra la rosa che gli è stata messa a disposizione e quelle delle avversarie. Almeno quattro squadre ritiene siano superiori alla Roma. Ma la sconfitta con la Cremonese gli brucia parecchio, sa che quel risultato può intaccare quella che è da sempre riconosciuta come una delle sue migliori qualità, quella di ottenere il massimo dei propri gruppi. La questione estetica o morale, invece, non lo riguarda proprio.

E questo si intuisce sia quando commenta le partite sia quando (non) considera le ambizioni individuali dei giocatori che gli vengono messi a disposizione («Belotti ha giocato trenta secondi? Meglio trenta che zero, a me serviva in quel momento per vincere la partita»). Quando dice «siamo solo noi», sottolineando come per la prima volta abbia dovuto anche presenziare al riscaldamento prepartita (essendo squalificati sia il preparatore Rapetti, sia il suo vice Foti), intende proprio considerarsi uno del gruppo, uno dei tanti chiamati a dare il massimo per ottenere il risultato migliore possibile (e chi non lo fa è fuori). «Soli» perché in pochi riconoscono l’importanza dei risultati ottenuti.

È saltato il patto? E fin qui siamo alla semplice decodificazione delle sue parole. Se si entra invece nel più soggettivo campo dell’interpretazione, ecco che le paturnie di Mourinho assumono anche un’altra sfumatura. Da consumato attore sempre protagonista, abituato ad oscar e riconoscimenti di ogni tipo, José non vuole rassegnarsi ad un destino da comprimario, nel quale l’eventuale raggiungimento di un trofeo diventi l’eccezione (che conferma la regola), ma vorrebbe invece che fosse una costante possibilità.

Ed è chiaro che in questo senso è saltato qualche patto interno tra la proprietà e l’allenatore visto che secondo gli accordi iniziali il piano progressivo di investimenti avrebbe dovuto portare la Roma al terzo anno di gestione fino al massimo raggiungimento del proprio potenziale. Ma le sopravenienti restrizioni del FairPlay finanziario impediranno il raggiungimento dell’obiettivo, men che meno se non dovesse arrivare la qualificazione alla Champions League. Così mentre dice che non è lui a cercare nessuno, periodicamente ricorda come però siano gli altri a cercare lui, ad esempio rendendo pubblico l’interessamento del presidente della federazione portoghese («a dicembre ho detto un no e sono restato») né si affretta a smentire le voci che lo vorrebbero invece all’ennesimo ritorno in Premier, magari sulla panchina di casa del Chelsea (in affanno quanto a risultati, ma tornato a spendere proprio come ai bei tempi di Abramovich).

Il bivio dei Friedkin

Chiaro che, nell’ottica dei Friedkin, un eventuale divorzio a fine stagione con Mourinho aprirebbe la strada solo a due scenari: l’ingaggio di un altro tecnico top del valore del portoghese (un Klopp, un Nagelsmann, un Guardiola, un Ancelotti?) oppure la virata verso un progetto diverso, improntato  al contenimento dei costi ma affidando la rosa a un allenatore bravo a plasmarla. E in questo senso si potrebbe pensare a una figura alla De Zerbi, oppure a una soluzione, magari un po’ rischiosa, ma che metterebbe davvero d’accordo tutti: Daniele De Rossi.

La vittoria sull’Empoli

Andando nello specifico alla partita contro l’Empoli non si può far altro che esaltare due aspetti e rammaricarsi di un terzo. Le cose largamente positive sono il riconoscimento della straordinaria efficacia della Roma sui calci piazzati (12° su 28 gol totali) e l’ormai conclamata impermeabilità difensiva: appena due i tiri subiti in porta, ennesimo clean sheet di stagione (decimo, il quinto su otto partite del 2023).

La contro indicazione sta nell’aver lasciato così tanto l’iniziativa all’Empoli nel secondo tempo. Ma di questo Mou se ne frega. A lui interessa il risultato: il resto è contorno.

 

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.