Fischi all’Olimpico. Ma se pensi alla Mourinho, “conta solo vincere”, non li capisci

Fabrizio Pastore il Romanista 6 febbraio 2023
Sold out e rumori di fondo
Sabato sono stati fischiati Celik e Pellegrini. In coppa era toccato a Cristante, Kumbulla e lbanez I segnali di disapprovazione dalle tribune, isolati ma nitidi

 

Premessa doverosa per sgombrare il campo da equivoci: chi paga per assistere a qualsiasi genere di spettacolo ha il diritto di fischiare. Detto questo, nelle ultime gare disputate all’Olimpico l’ambiente circostante non sempre ha aiutato il comportamento degli attori in scena.

Nonostante i continui sold out. E se i segnali di disapprovazione arrivati nel corso del match di mercoledì scorso con la Cremonese erano motivati da una prestazione terrificante che è poi costata il passaggio del turno in Coppa Italia, quelli risalenti alla gara di sabato contro l’Empoli risultano meno comprensibili.

Soprattutto perché diventati fragorosi a sette minuti dal termine e nell’ultima manciata di secondi di gioco. I fischi non hanno coinvolto tutto lo stadio, ma parti consistenti delle due tribune, e sono stati dedicati rispettivamente a un giocatore che stava entrando per aiutare i compagni a mantenere il doppio vantaggio; e al Capitano che stava uscendo dal campo nell’ultimo giro di lancette del recupero, sempre con la Roma sul doppio vantaggio.

Quindi a vittoria ormai acquisita. Oggetti della critica esplicita dagli spalti sono stati Celik (al quale è stato imputato l’errore che ha causato l’eliminazione) e Pellegrini (la cui prova è stata ritenuta non soddisfacente), ma prima di loro era già toccato in coppa a Cristante, Kumbulla e Ibanez. E non a partita terminata, ma ancora tutta (o perlomeno, per buona parte) da giocare. Comportamento legittimo da parte di quella fetta di pubblico che ha deciso di adottarlo; ma non proprio in linea con la storia del tifo romanista, da sempre vicino agli elementi della squadra più in difficoltà e semmai propenso a prendere le distanze da chi mostra di impegnarsi poco odi non avere a cuore le sorti del club. Difficile anche per i critici più aspri annoverare in quest’ultimo gruppo uno come Lorenzo Pellegrini: romano, romanista e detentore di quella fascia al braccio che ha confermato coi fatti di meritare.

Il Capitano ha rinunciato alla maglia della Nazionale in quelli che sarebbero poi diventati i vittoriosi Europei per giocare in condizioni non ottimali un derby (vinto 2-0). E a più riprese ha anteposto le esigenze della squadra alle proprie, anche di recente mettendosi a disposizione senza essere al top della forma. Nell’ultima settimana ha disputato 263 dei 270 minuti (recuperi a parte) nei quali la Roma è scesa in campo. Mourinho ha risparmiato gli altri big dall’inizio in coppa – scelta costata cara – ma non lui.

Eppure Lorenzo non ha accampato scuse: «Può essere che mi sia mancato qualche allenamento, ma non voglio alibi». A prendere le sue difese ha provveduto proprio Mou, nel post gara con l’Empoli: «La gente non sa o non capisce i sacrifici», le sue parole relative ai fischi verso Pelle. Più simili a fiaschi per chi li ha fatti.

 

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