L’inferno di Aleppo dopo le bombe: le scosse, dopo l’Isis e Assad

Francesco Battistini Corriere della Sera 7 febbraio 2023
Terremoto in Turchia e Siria, l’inferno di Aleppo dopo le bombe: le scosse, dopo l’Isis e Assad
Quello che non hanno fatto dodici anni di bombe e di Stato Islamico, ad Aleppo, l’hanno completato due minuti di scosse. Ma se dalla guerra ci si poteva nascondere, dal terremoto no: la Turchia interrompe l’accoglienza ai siriani

 

Terremoto in Turchia e Siria, l’inferno di Aleppo dopo le bombe: le scosse, dopo l’Isis e Assad
Disperati contro. C’è qualcosa di peggio dei sopravvissuti che seppelliscono i morti: i sopravvissuti che cacciano i sopravvissuti. E qualcosa di più angosciante degli aiuti che non arrivano: gli aiuti saccheggiati da chi ne ha più bisogno di te. Se la Turchia è in ginocchio, la Siria è a terra; se Gazantiep in emergenza, Aleppo in coma. Dieci ore dopo la prima botta di domenica notte, al valico d’Oncupinar le guardie turche si schierano a proteggere la frontiera. L’ordine è chiaro: respingere tutti i feriti e gli sfollati in arrivo dalla Siria. Stop. Solidarietà sospesa. Perché la Turchia è al collasso, sopporta già i profughi di guerra. E Gazantiep è distrutta: basta accoglienza ai siriani, è la decisione, a ciascuno il suo incubo.

I vostri terremotati teneteveli voi: «Ci hanno raccontato che molte auto sono arrivate alla sbarra e son dovute tornare indietro — dice Abdulkaf Alhamdo, volontario di un’ong ad Adana —. E che molti aiuti destinati alla Siria passano per la Turchia, ma si fermano là. È probabile che nelle prossime ore i turchi chiudano del tutto le frontiere. Dall’altra parte, il confine verso Damasco è sigillato. I siriani del Nord-Est rimangono abbandonati al loro destino».

Quel che non han fatto dodici anni di bombe e d’Isis, l’han completato due minuti di scosse. I due milioni di profughi siriani, fuggiti dalle bombe di Assad, sanno già che cos’è dormire al gelo di queste regioni ribelli. I bambini di qui non hanno mai visto altro che morti, macerie, miseria. Ma finora dalla guerra ci si poteva almeno nascondere: dal terremoto, no.

E ad Aleppo, a Idlib sembra d’essere precipitati all’ultimo girone dell’inferno: «Sono corso giù dalle scale come un pazzo — racconta Anas Habbas, 37 anni, di Aleppo —. Il bimbo in braccio, mia moglie incinta per mano. In strada, c’erano decine di famiglie scioccate.

Qualcuno era in ginocchio e piangeva, pregava come se fosse il giorno del giudizio. Molto peggio di quando qui bombardavano e sparavano». «Dopo gli attacchi aerei — si ricorda Alhamdo —, la gente riusciva subito a soccorrere. Ora si scava con le mani, gli ospedali sono crollati, non si sa dove portare i feriti. Molta gente viene curata nelle case private. Si dorme in auto. Manca tutto. A Binnish c’è un quartiere con dieci palazzi crollati e una sola ambulanza, lì in mezzo.

In queste zone vivevano sfollati che, pur di non dormire nelle tende, s’erano costruiti da soli le loro case di tre-quattro piani: senza i materiali adatti, senza regole, è venuto giù tutto». «In pochi secondi di sisma, migliaia di vite sono state stravolte — testimonia Jean Abdo Arbach, arcivescovo cattolico di Homs —. Vedo un’assoluta disperazione e angoscia. Ci sono persone che vagano per le strade, non sanno dove andare».

Una «nuova bomba tremenda, letale, sconosciuta che ha colpito tutto», dice il vescovo caldeo di Aleppo, Antoine Audo. A pezzi l’arte: semidistrutti il mulino della Cittadella, la cupola della moschea ayyubidi, la torre mamelucca, l’ospizio ottomano, le facciate di Hama, il castello crociato di Margat, la moschea secentesca Sirvani, la cattedrale di San Giorgio, la chiesa dell’Annunciazione ad Alessandretta…

A pezzi i sopravvissuti: c’era già in corso un’epidemia di colera, l’acqua è sparita assieme alla luce e al riscaldamento, l’unico posto con un generatore e un pasto caldo è il convento dei francescani, dove si sono rifugiati duecento meno sfortunati degli altri.

Chi aiuterà questa parte di Siria? Pochi. Ci sono solo la Mezzaluna rossa e altre ong, qualche elmetto bianco della Protezione civile nata negli anni della guerra. Perché se sono in molti a precipitarsi in Turchia, ci sono molti distinguo su questa parte siriana della tragedia. Nel suo messaggio di solidarietà, il presidente americano Joe Biden cita l’alleato Nato che sta ad Ankara e omette il nemico Assad che sta a Damasco, peraltro sotto sanzioni.

Lo stesso fa Antony Blinken, il segretario di Stato. Il solito balletto degli equivoci con Israele: il premier Bibi Netanyahu che annuncia d’avere ricevuto (via Russia) una richiesta di tende, medicine e coperte dallo storico nemico siriano, il regime sdegnato che nega «notizie fuorvianti, come potremmo chiedere aiuto a un’entità che da decenni uccide i siriani?». Ad Assad, per il momento resta una certezza: Putin.

Che in Siria ha il suo sbocco militare sul Mediterraneo e nelle zone terremotate, rapido, ha mandato 300 uomini per scavare. «Il massimo aiuto alla Siria», il comando del Cremlino ricevuto dal generale Andrey Serdyukov: si chiama diplomazia delle catastrofi, e a qualcosa servirà.

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