Ilario Lombardo La Repubblica 9 febbraio 2023
Meloni esclusa dalla cena all’Eliseo. “L’ennesimo sgarbo di Macron”
L’entourage della premier punta il dito contro Parigi, ma cresce il timore di essere isolati, il Pd sottolinea il confronto con Draghi, che invece c’era: anche su Kiev siamo ai margini.
È stato Emmanuel Macron a decidere chi invitare, ieri sera a Parigi, alla cena in onore di Volodymyr Zelensky.
E tra gli invitati non figurava Giorgia Meloni. Erano solo tre i posti a sedere al tavolo dell’Eliseo: uno per il padrone di casa, uno per il presidente ucraino in arrivo da Londra, e l’ultimo per Olaf Scholz. La foto del treno di notte che attraversa l’Ucraina verso Kiev, con il presidente francese, il cancelliere tedesco e il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi sorridenti in una cabina del convoglio, sembra già sbiadire nei ricordi di un’altra era. Eppure, erano solo sette mesi fa. Meloni è stata esclusa dall’incontro di ieri sera. A Palazzo Chigi fanno poco o nulla per mascherare lo stupore e l’amarezza.
Cercano di minimizzare e appena viene diffusa la notizia del vertice parigino a tre senza la premier italiana, dall’entourage di Meloni arriva l’annuncio che oggi ci sarà comunque un bilaterale con Zelensky, a Bruxelles, a margine del Consiglio europeo. Troppo poco, per il linguaggio della diplomazia.
Anche perché nel suo tour europeo il presidente ucraino, nella stessa giornata, aveva già fatto visita al premier britannico Rishi Sunak. La tesi di Giovanbattista Fazzolari, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio che ha eletto la Francia a nemico storico, è che Macron stia peccando di «protagonismo» per coprire le difficoltà interne, con il Paese straziato dagli scioperi contro la riforma delle pensioni.
È esattamente quello che lasciano filtrare gli uomini più vicini a Meloni. In realtà, secondo fonti diplomatiche, la scelta del presidente francese sarebbe il prodotto di mesi di gelo tra i due leader.
Le ferite non sono sanate e, stando alla versione d’Oltralpe, la premier italiana non sta facendo molto per favorire un avvicinamento. Per esempio, non ha ancora risposto all’invito dell’Eliseo e fornito al cerimoniale della presidenza francese una data per la visita a Parigi.
La capitale francese e quella tedesca sono solitamente le prime due tappe europee di un premier italiano appena nominato. Dopo Bruxelles, invece, Meloni è stata a Berlino e a Stoccolma, in omaggio alla presidenza di turno svedese dell’Ue.
Una decisione che non è passata inosservata. Poi restano le distanze sui dossier.
Sui migranti, che è stata la ragione della rottura lo scorso novembre, e ora anche sulla riforma europea degli aiuti di Stato, di cui si discuterà nel Consiglio europeo di oggi e domani.
Durante il colloquio telefonico di lunedì, Macron è stato abbastanza netto nel chiudere all’ipotesi di nuovo debito comune. L’unica concessione all’Italia è stata sull’utilizzo flessibile dei fondi del Pnrr e di coesione. Lo stesso compromesso raggiunto con Scholz, durante il bilaterale di venerdì scorso a Berlino.
Meloni è partita ieri in serata, in anticipo rispetto all’agenda. La missione a Bruxelles non si annuncia semplice. E non solo perché la vigilia è stata rovinata dallo strappo di Macron. La premier arriverà al vertice europeo senza grandi sponde. L’amore interessato tra Parigi e Berlino non dà grande spazio a Roma.
L’asse franco-tedesco ha dato prova di sé anche in occasione del viaggio negli Stati Uniti dei ministri dell’Economia Bruno La Maire e Robert Habeck, ricevuti assieme dalla segretaria al Tesoro Janet Yellen. Anche in quel caso la grande assente era l’Italia. Meloni ha provato pure a bussare alla porta di Pedro Sanchez, senza grandi risultati. Il premier spagnolo considera prematuro un nuovo fondo europeo a debito comune, e ha offerto garanzie solo su una maggiore flessibilità dei fondi già esistenti.
A Palazzo Chigi si fa fatica a nascondere il senso di isolamento del governo italiano percepito in Europa. E non solo perché i partiti di opposizione, Pd e Terzo Polo, si sono fiondati a segnalare le differenze con Draghi, dopo l’esclusione dalla cena di Parigi. A preoccupare di più la premier ieri era l’immagine di una leader lasciata ai margini dalla questione ucraina, e tenuta lontano da Zelensky. Questo Meloni non lo vuole permettere, anche per la sua sincera volontà di sostenere la resistenza di Kiev.
Chi nel palazzo di governo frequenta da anni la diplomazia, però, ha elencato tutti gli errori e le sgrammaticature compiute verso gli ucraini nelle ultime settimane. A partire dal pasticcio del Festival di Sanremo, dove Zelensky era atteso con un videomessaggio, prima che la Rai riducesse la sua partecipazione a una lettera che leggerà Amadeus. C’è poi il nuovo decreto sulle armi e gli aiuti militari che non arriva e viene posticipato di settimana in settimana.
Infine, il viaggio a Kiev. Secondo fonti diplomatiche, le indecisioni sulla partenza della premier sono state troppe. Doveva andare subito. Rinviare la data, inizialmente prevista a fine gennaio, non l’ha aiutata.
E ora, alla luce di quanto è successo ieri, anche attorno a Meloni c’è chi si chiede se questo viaggio alla fine si farà, prima del 24 febbraio, come lei aveva pubblicamente promesso.