Meloni esclusa dalla cena Macron-Scholz-Zelensky

Emanuele Lauria La Repubblica 9 febbraio 2023
Meloni esclusa dalla cena Macron-Scholz-Zelensky. La premier paga i dissensi in maggioranza, dovrà accontentarsi di un “bilaterale”
Giorgetti irritato dalla missione franco-tedesca a Washington: “Se l’avessimo fatto noi ci avrebbero accusati di essere sovranisti e antieuropei”

Quando Giorgia Meloni, poco dopo il tramonto, vola a Bruxelles per il consiglio europeo, a Parigi sta per cominciare la cena fra Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky. Lei, la premier italiana, non è stata invitata. Né il presidente francese le aveva detto nulla di quest’appuntamento l’ultima volta che si erano sentiti al telefono, lunedì scorso.

In ambienti di governo si minimizza, si dice sottovoce che il vertice nella capitale francese dimostra solo una voglia di protagonismo di Macron, alle prese con problemi interni, con le proteste di piazza contro la riforma delle pensioni. Ma le opposizioni – dal Pd al Terzo polo – non possono che rimarcare lo sgarbo diplomatico, subito inserito nel quadro di rapporti con Parigi che rimangono altalenanti.

Una visita a Parigi, d’altronde, continua a rimanere fuori dall’agenda di Meloni, in rotta con una consuetudine che ha sempre visto in passato il capo dell’esecutivo italiano andare all’Eliseo nel primo scorcio del proprio mandato.

Quanto pesa, l’assenza dell’inquilina di Palazzo Chigi al tavolo con i leader dei due alleati più forti e con il presidente ucraino, specie nel confronto con la celebre foto del treno che, il 16 giugno scorso, immortalava il predecessore di Meloni, Mario Draghi, proprio con Macron e Scholz, in viaggio per Kiev. Un’immagine che, nel paragone con la situazione attuale, segna un arretramento dell’Italia sullo scenario internazionale.

Specie sul fronte politico della guerra in Ucraina. Subito dopo la notizia della cena all’Eliseo, la presidenza del Consiglio si è affrettata a far sapere che Meloni incontrerà oggi Zelensky in un bilaterale a margine del Consiglio europeo. Incontro importante, certo, ma non sarà l’unico che il presidente dell’Ucraina terrà a Bruxelles.

Il caso, insomma, è aperto, anche se il ministro degli Esteri Antonio Tajani, durante la trasmissione “Il cavallo e la torre” su Raitre, nega che l’incontro a tre in riva alla Senna configuri “un’esclusione dell’Italia”.

Quel che è certo è che Zelensky, nelle sue missioni nelle capitali, è stato a Londra e Parigi, dopo aver incontrato Biden alla Casa Bianca. Ha incontrato i leader dei Paesi che ritiene più affidabili, per la causa ucraina – Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania – e non ha fatto tappa a Roma. Il simbolo della resistenza all’invasione russa rinuncia ad omaggiare l’Italia, dove c’è una maggioranza di governo non saldissima sul sostegno all’Ucraina, al di là del pieno supporto a Kiev sempre manifestato da Meloni.

A dimostrarlo è l’atteggiamento molto prudente sull’invio delle armi, in attesa ancora del sesto decreto (che poi sarebbe il primo dell’attuale esecutivo), ma anche le parole di questi giorni di Matteo Salvini sull’intervento di Zelensky a Sanremo: “Non mi dispiace la sua assenza”. L’accostamento con il festival canoro può sembrare forzato ma è uno dei leader del centrodestra, Maurizio Lupi, a segnalare che la vicenda del videomessaggio abortito e derubricato a messaggio da leggere dal palco ha un valore politico: “Credo che bisognerebbe avere più coraggio. Zelensky o lo inviti o non lo inviti. I tentennamenti non aiutano l’Italia sullo scenario internazionale”.

L’idea che riemerge è quella di un Paese “sempre più isolato in Europa” – come denuncia la presidente della commissione Econ a Bruxelles Irene Tinagli – di una premier “costretta a inseguire gli eventi”, per dirla con le parole della deputata di Azione Daniela Ruffino. Il fatto è che esistono precedenti di una Meloni rimasta ai margini. E il più rilevante è quello del viaggio a Washington del vice cancelliere tedesco Robert Habeck e del ministro dell’economia francese Bruno Le Maire per un chiarimento sulla politica americana di contenimento dell’inflazione. In quell’occasione dell’Italia non ci fu traccia.

E ora il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti critica la missione dei governanti dei due Paesi: “Non ne eravamo nemmeno informati”, dice l’esponente leghista in un’intervista collettiva a Figaro, Financial Times, Wall Street Journal e Frankfurter Allgemeine Zeitung. “Se avessimo preso una simile iniziativa, saremmo stati accusati di sovranismo e antieuropeismo. Di fronte agli Stati Uniti – afferma Giorgetti – sarebbe stato meglio avere una vera risposta da tutta Europa e non solo da due Paesi, e questo ben prima della presentazione dell’Inflation Reduction Act a Washington”.

Per Meloni tutto è rimandato al faccia a faccia di oggi con Zelensky. Come risponderà di fronte alle richieste che il presidente ucraino rivolgerà a lei come agli altri leader europei? Avrà la forza per dire un sì convinto alla richiesta di ulteriori armi (compresi aerei da combattimento) e sanzioni per la Russia? Potrà farlo senza suscitare i malumori della Lega e di una parte di Forza Italia?

Quesiti che restano sullo sfondo della grande questione del collocamento internazionale del nostro Paese, “atlantista ma col freno a mano tirato” per usare la definizione di un autorevole rappresentante del partito di Berlusconi. Il bilaterale di oggi dovrebbe anche creare i presupposti per il viaggio di Meloni nella capitale dell’Ucraina, più volte annunciato nelle ultime settimane ma mai messo in calendario. Le ultime indiscrezioni lo collocano ora nella settimana in cui cade l’anniversario del conflitto, il 24 febbraio. Ma la rincorsa europea della premier è ancora avvolta dalle incertezze.

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