TWEET: LA SINISTRA CALENDIANA DI FELTRI

Benigni minaccia la Costituzione, Feltri l’intelligenza
La Costituzione non va difesa, come fa Benigni a Sanremo, perché tutti i  giorni è smentita, contraddetta, inattuata. Praticamente va dismessa. Questa è l’enormità di Stefano Feltri sul Domani di oggi, in un raptus anti-Benigni che personalmente, di fronte agli emergenti Delmastro Donzelli Sangiuliano e Fazzolari, mi terrei stretto anche quando non risulti di proprio gusto. La confusione è montante, i principi scritti 75 anni fa vengono confusi con la battaglia politica, quotidiana, con le contraddizioni che la Costituzione vive nei rapporti di forza che sono in permanente mutazione e che sono legati anche al nostro (di sinistra intendo) “saper fare, dire, raccontare”.

 

Chi ha  scritto quel testo e  l’ha scolpito nel tempo, ce l’ha consegnato come chi costruisce gli argini di un fiume che deve proteggerci dalle piene quando loro non ci saranno più. Proteggerla dall’erosione del tempo e dagli attentati terroristici non può essere messo in conto ai costituenti, riguarda la politica, l’informazione, la magistratura, la cultura diffusa e il sentimento popolare. Tutte cose estranee a Stefano Feltri che pensa che l’ascesa della Meloni si ferma denunciandone l’incompetenza, e sfuggendo dall’ illusione sull’evoluzione in un partito moderato o , al contrario, sulla denuncia del’eredità post fascista. (Domani del 2/2/2023). Pochino proprio, come lettura della crisi e dei rapporti sociali. Un esamino su Gramsci non guasterebbe.

Siamo un paese in affanno per tanti motivi, però tra questi segnalerei la confusione tra giornalisti che vogliono improvvisarsi avanguardie politiche, purtroppo spesso al servizio di altrettanti improvvisati editori, e politici ridotti a commentatori politici senza arte, né parte, il più delle volte senza un lavoro e una formazione culturale.

Il fastidio per la serata dell’Ariston non riguarda purtroppo solo la destra, che lo capisce a pelle che quella è un colpo ad una narrazione di riforma post democratica della Repubblica uscita dalla Resistenza, il primo vero atto di opposizione dal voto del 25 settembre, che avviene con un evento in primo luogo culturale e non direttamente politico.

Ma riguarda anche un trasformismo di sinistra che ha la necessità di azzerare alle radici una cultura di sinistra. Quella cultura non è atlantista, e non per questo è putinana (vi piacerebbe, sarebbe troppo facile per le vostre banali argomentazioni). E’ una cultura europeista e in quanto tale è una cultura di pace, multipolare e multiculturale. Quella che può garantire un mondo senza guerre che guarda con preoccupazione il progetto di un mondo che si regge su una supremazia militare dell’occidente,  un occidente  rassegnato al declino di  una supremazia economica e culturale dopo la crisi del neo liberismo e della globalizzazione e l’incapacità di prospettare un progetto di futuro che guardi oltre sé stesso.

L’articolo di Feltri, di oggi su Domani (capite perché sta confuso?)

 

 

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