Con un Pd alla frutta, Travaglio scopre l’alleanza utile

 

Marco Travaglio il Fatto Quotidiano 12 febbraio 2023
Promemoria per ll voto
Tutto mi sarei aspettato, tranne che un giorno avrei pensato di difendere Draghi dalla damnatio memoriae. Ora quel giorno è arrivato. E non perché mi sia ricreduto sul bilancio del suo governo, che anzi ogni giorno ci fa assaggiare i suoi balsamici effluvi: dalla Cartabia allo smantellamento del Superbonus al bellicismo beato e beota.

No, è che nei talk incontro sempre più spesso commentatori che fino a qualche mese fa, al nome Draghi, scattavano sull’attenti con un’aria tra l’estasiato e l’arrapato e ora lo liquidano come un errore di gioventù del Pd.

Dimenticano che, se al governo c’è il bar di Guerre Stellari, è soprattutto grazie a lui, anzi a chi nel 2021 lo piazzò a Palazzo Chigi e a chi gli votò la fiducia. Da allora la Meloni, data dai sondaggi al 12%, guadagnò un punto al mese:18 mesi dopo era al 26. Caduto Draghi, il Pd pensò bene di scomunicare Conte per averne profanato l’Agenda su ordine di Putin, regalando definitivamente l’Italia a Meloni&C..

Evitò persino la desistenza in una ventina di collegi uninominali del Sud, che avrebbe levato alle destre la maggioranza in Senato. Il 25 settembre gli italiani depositarono nelle urne una mega-scheda con su scritto “Draghi chi?”. E i geni che fino al giorno prima spingevano Letta al suicidio lo cazziarono per aver seguito i loro consigli. Poi, con agile piroetta, ripresero a dire che mai il Pd avrebbe dovuto tornare con Conte, critico sull’escalation bellicista e fautore del negoziato russo-ucraino, dunque putiniano. E fu in quel clima di festoso harakiri che il Pd decise astutamente di correre da solo (cioè con Calenda e Renzi) nel Lazio col candidato scelto da Ollio &Ollio: il famoso D’Amato. A Milano invece, siccome i centristi avevano ingaggiato la Moratti, il Pd non se la sentì e scelse Majorino, sempre senza consultare il M5S. Fu poi Majorino a cercare l’intesa con Conte e a trovarla su un programma progressista e green. Allora pure D’Amato fece una timida avance, ma fu subito stoppato da Calenda, il cui programma è semplice: “Radere al suolo i 5 Stelle”. Ora qualche buontempone si porta avanti: “Se il Pd perde il Lazio è colpa di Conte”. Il quale dovrebbe perdonare il Pd per l'”errore su Draghi” e regalargli il voto disgiunto (come se gli elettori fossero sua proprietà). Noi abbiamo sempre sostenuto che l’unica alternativa a queste destre indecenti è l’alleanza M5S-Pd, quella del Conte2: e dal 2018, cioè da prima che il Conte2 nascesse. Ma quell’alleanza è stata cancellata dal Pd nel nome di Draghi. E potrà rinascere solo se il nuovo segretario Pd seguirà l’esempio di Zingaretti e Majorino, non di Letta e D’Amato. L’ha scritto Luciana Castellina sul Manifesto: “Il mio voto disgiunto è Majorino in Lombardia e Bianchi nel Lazio”.

 

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