Il dopo vittoria della Meloni, pieno di insidie

Stefano Cappellini La Repubblica 12 febbraio 2023
Regionali, i rischi del voto per Meloni
Non saranno l’eventuale conferma di Attilio Fontana in Lombardia e il successo di Francesco Rocca nel Lazio a cancellare i guai della premier. Anzi, la duplice vittoria può persino portare in dote altre rogne

 

Per Giorgia Meloni il voto in Lazio e Lombardia è una grande occasione. La destra ha la concreta possibilità di vincere entrambe le Regioni e la presidente del Consiglio quella di nascondere gli inciampi interni e i fallimenti internazionali rilanciando la narrazione a lei più cara: il governo va bene, gli stenti dell’esecutivo sono un’invenzione mediatica, gli italiani stanno con lei, la Nazione avanza verso un futuro luminoso. Naturalmente si tratterebbe solo di una frettolosa cosmesi, nonché di un auto-inganno, nell’improbabile caso che Meloni ci creda davvero.

Non saranno l’eventuale conferma di Attilio Fontana in Lombardia e il successo di Francesco Rocca nel Lazio a cancellare i guai della premier. Anzi, la duplice vittoria può persino portare in dote altre rogne: è probabile che il voto di oggi e domani certificherà la netta primazia di Fratelli d’Italia sugli altri due boccheggianti soci di maggioranza, anche nella Lombardia dove un tempo la destra post missina era solo la band di appoggio del Cavaliere prima e del Carroccio poi.

In altri momenti lo squilibrio avrebbe potuto creare tensioni forse fatali, non è questo il caso: spazi per un governo con una maggioranza alternativa stavolta non ce ne sono e tornare al voto con la responsabilità di aver disarcionato Meloni significherebbe consegnarsi all’azzeramento. La mancanza di alternative strategiche per Lega e Forza Italia le costringerà a restare dove sono, forse più inquiete, certo decise a marcare ogni possibile differenza e però sostanzialmente inoffensive, almeno se il tema in discussione è la caduta del governo.

Per Meloni, però, sarà ancora più complicato proseguire con due alleati nuovamente puniti dalle urne: è già stato evidente quanto la guerriglia di forzisti e leghisti possa fare danni. La vicenda del mancato video di Zelensky a Sanremo, frenato anche dalle paturnie nella maggioranza di governo, dove la linea filo-Ucraina è tollerata più che sostenuta, è un esempio chiaro.

Poi c’è la farsa delle opposizioni, già suicide alle Politiche ma evidentemente ansiose di ripetere l’esperienza. Lo scenario di una destra vincente nonostante sia minoranza rispetto alla somma delle opposizioni, come già il 25 settembre, è più che realistico. Ciò che è peggio, non c’è al momento alcun segnale di una iniziativa politica per la ricomposizione di un’alternativa seria e credibile. Il Pd è acefalo da mesi e dovrà aspettare la fine del congresso per capire che strada prendere, sapendo però che ogni ipotesi futura di campo largo — da Fratoianni a Renzi, per capirsi — è fantapolitica.

I dem, ora, hanno un problema più incalzante, sopravvivere all’offensiva delle altre forze di minoranza. Il M5S da una parte e il cosiddetto Terzo Polo di Carlo Calenda dall’altra sono interessati solo a sostituire il Pd come forza trainante dell’opposizione, anzi l’intenzione è spartirselo come la Polonia, la sinistra all’avvocato del popolo e il centro moderato a Calenda. Un piano di difficile realizzazione, perché né Conte né l’ex ministro dello Sviluppo hanno curriculum e progetti adeguati per arrivare a tanto: al leader grillino manca la credibilità necessaria per intestarsi tutta la sinistra, a Calenda-Renzi quella per tenere insieme un partito largo di centrosinistra.

Resta però un quadro di divisioni profonde e tribali, testimoniato dall’anomalia di un Pd alleato dei grillini in Lombardia e del Terzo Polo nel Lazio. Il che, peraltro, è un’ulteriore beffa, perché al limite avrebbe avuto senso il contrario. Le chance di vittoria domani sono basse, e le speranze legate più a un’affluenza molto bassa che a un imprevisto exploit.

Questa opposizione, per Meloni, resta dunque la migliore assicurazione sul futuro. Per quanto possa pasticciare il suo governo, per quante figuracce possa accumulare in Europa, per ora può stare tranquilla: con questi avversari, Meloni non perderà mai.

 

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