Tre partiti inconciliabili corrono divisi verso la sconfitta

Federico Geremicca La Stampa 12 febbraio 2023
Elezioni regionali, tre partiti inconciliabili corrono divisi verso la sconfitta
Renzi e Calenda rompono l’alleanza in Lombardia, Conte nel Lazio. Tutti contro il Pd. E i candidati alle primarie dem, Bonaccini e Schlein, scaricheranno il risultato su Letta

Il clima, diciamo la verità, è stato e resta identico a quello che ha accompagnato la preparazione e poi la disfatta nel voto del 25 settembre. A quattro mesi e mezzo da quella Caporetto, nulla è cambiato: l’aria è cupa, l’entusiasmo rarefatto e ad imperare è un evidente senso di rassegnazione. La novità – forse l’unica di questa sgangherata campagna elettorale – è che in quello che un tempo fu il centrosinistra, sembra esser venuta meno perfino la forza e la voglia di litigare.

E del resto: con chi vorrebbero prendersela? Nemmeno la forza dei numeri – ed è la seconda volta che accade in pochi mesi – è riuscita a indurre i leader avversi alla destra a siglare uno straccio di tregua che permettesse di combattere le battaglie di Lazio e Lombardia con una qualche possibilità di vittoria. L’un contro l’altro, a schieramenti compatti, sarebbe stata infatti una partita certamente dura, ma possibile da giocare. Lo dicevano appunto i numeri: che poi, viste le formazioni delle squadre mandate in campo, si sono progressivamente trasformati in una sentenza che la matematica (ma anche la politica…) sembra definire ormai inappellabile.

Con chi vorrebbero prendersela, dopo aver replicato senza sbavature il disastroso copione del settembre scorso? Proviamo a indovinare. Giuseppe Conte se la prenderà magari con Calenda, che se la prenderà con Fratoianni, che darà la colpa a Renzi, che punterà il solito indice verso il Pd, che in tutt’altre faccende affaccendato, però, si chiederà – magari – perché tanto nervosismo… Un film già visto: noioso da rivedere e ormai perfino da raccontare. E diventato noioso – almeno speriamo – forse per gli stessi attori protagonisti.

Se rompi il centrosinistra in Lombardia – per candidare Letizia Moratti, fare un dispetto al centrodestra e pesare i consensi del terzo polo – fai un’operazione che magari ti sembra elegante e furba, ma le elezioni le perdi. Lo dicono (lo hanno detto sin da subito) numeri chiari ed implacabili: Renzi e Calenda, lungimiranti, hanno rotto lo stesso. E se rompi il centrosinistra nel Lazio, per farne un’altra tappa della guerra senza quartiere scatenata contro il Pd, perdi anche lì: Giuseppe Conte, accecato dalla tattica e dal rancore, ha rotto lo stesso. I cocci del 12-13 febbraio, insomma, rischiano di essere tanti: e sommati alle macerie lasciate dal voto politico di settembre, rimetterli assieme si fa sempre più difficile…

Il Pd, si diceva. Un segretario dimissionario, un congresso lungo cinque mesi, la campagna ventre a terra dei candidati, lo scontro tra le correnti… Diciamo la verità: le elezioni in Lazio e Lombardia sono apparse, ai democratici, un fastidioso impiccio. Un ostacolo sulla via del congresso. Il voto, del resto, non ha calamitato granché nemmeno l’attenzione dei due candidati-segretari considerati favoriti. Elly Schlein e Stefano Bonaccini, in fondo, considerano queste elezioni come l’ultima partita giocata da Enrico Letta: la faccia di chi ha perso, insomma, è la sua. Loro, forse, diranno che si poteva fare di più, che divisi si perde: e avranno una nuova occasione per spiegare cosa avrebbero fatto al posto del segretario uscente.

Elly&Stefano, dunque, non sono in discussione, ma quel che rischiano di ereditare è un fardello sempre più pesante. Anche Giuseppe Conte rischia poco o nulla: rispiegherà in qualche modo le ragioni della rottura nel Lazio, ma non ha problemi nel rapporto con un Movimento che tra scissioni e batoste elettorali ha silenziato polemiche e tensioni. Non ha avversari interni e resta in groppa al cavallo che considera vincente: la battaglia sul reddito di cittadinanza. Può darsi che i conti dell’ex premier siano corretti, ma stia certo che tre sconfitte in quattro mesi, con un patrimonio di consensi esattamente dimezzato a livello nazionale, potrebbero un giorno diventare pesanti: e ritrovarsele rovesciate contro da chi oggi meno t’aspetti…

Più guardinghi Calenda e Renzi. Guardinghi, ipotizziamo, soprattutto rispetto alle possibili mosse del compagno di cordata. Chi ha voluto davvero la candidatura di Letizia Moratti? Si può perdere sia nel Lazio che in Lombardia senza che nulla accada? E sono in qualche modo interessati a quel che accadrà nel Pd?

I due sono notoriamente irrequieti, assai autocentrati e sempre molto convinti delle rispettive ragioni. Divideranno la sconfitta in parti uguali? Si chiederanno il senso e lo stato dell’operazione Terzo polo? Prevederlo è molto difficile: e già questo la dice lunga. Ma di fronte a due nuove sconfitte – e con la corte ai parlamentari di Forza Italia che non produce risultati – un confronto pare ineludibile.

Molte novità, dunque, potrebbero profilarsi all’orizzonte. Una è già storia ed il centrosinistra sbaglierebbe a sottovalutarla: a parti invertite, ora è la destra a vincere per gli errori dell’avversario. Ricordate Milano e Roma, regalate al centrosinistra per candidature (Bernardo e Michetti) del tutto inadeguate? Bene: col 25 settembre la situazione è ribaltata. Ora è il centrodestra che ringrazia, felice, gli avversari. Ringrazia e passa all’incasso, naturalmente: diremmo con gli interessi, a giudicare da quel che accade.

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