Il bluff più clamoroso è quello del terzo polo

Conchita Sannino La Repubblica 14 febbraio 2023
Dopo il tracollo scintille fra i centristi. Ma Calenda: avanti col partito unico
Lascia con un tweet il segretario lombardo di Azione: “Risultato fallimentare, le nostre scelte incomprensibili”

Il laboratorio più avanzato è diventato terreno di disfatta. Milano da perdere, di brutto, per Azione e Iv. Nonostante le non poche incursioni dei leader Carlo Calenda e Matteo Renzi nel capoluogo lombardo.

Dove il Terzo polo — con Letizia Moratti arrivata terza col 10,26 per cento — precipita dal picco del 16 per cento registrato in città alle ultime Politiche al 4 della lista di Azione-Iv: fallendo persino nell’obiettivo di fare entrare l’ex potente sindaca e ministra nell’assemblea regionale. E va malissimo anche a Roma, dove i centristi, stavolta col Pd e i Verdi, appoggiano il candidato governatore Alessio D’Amato: ma restano comunque fermi al 5 per cento. Non spostano, non rubano: né al Pd, né ai 5S, né a Forza Italia.

A settembre scorso, il Terzo polo aveva superato in Lombardia il 10 per cento, con punte del 16,6 anche a Bergamo: risultati lusinghieri, oltre il 20, in alcuni quartieri-bene del capoluogo, ma c’erano anche il 17 di Segrate, il 15 di San Donato Milanese, il 13 di Cernusco. Solo cinque mesi dopo, il paesaggio è drasticamente cambiato: a parte le due cifre di Milano, Moratti è all’8 a Bergamo, al 7 a Brescia, non va oltre.

E il crollo inaspettato spazza via l’ambizione di guidare da Nord un nuovo processo riformista, la mancanza di radicamento boccia quelle aspirazioni anche nella capitale. Azione aveva puntato tutto sul protagonismo alle regionali, prometteva: «Milano sarà il laboratorio per i centristi, e noi l’ago della bilancia». Mentre i numeri di queste ore impongono il bagno d’umiltà di Calenda: «Scelta chiara e inequivocabile degli elettori», deve riconoscere.

Il segretario di Azione torna a invocare subito «la costruzione di un partito unico del centro riformista, liberale e popolare». Progetto chediventa per lui « ancora più urgente ». Qualcuno sbatte la porta, come il segretario lombardo di Azione: «Incomprensibili, le nostre scelte ». Mentre Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, lancia il primo sasso: «Possiamo dire che è stata una sciocchezza andare da soli?».

«La destra vince ovunque. Il centro e la sinistra non sono mai stati in partita, neanche uniti, neanche nell’ipotetico formato del campolargo. Letizia Moratti è stata coraggiosa e si è spesa moltissimo, ma fuori dal bacino di voti del Terzo polo non siamo riusciti ad attrarre consensi», è l’analisi del segretario di Azione. «Stessa cosa è accaduta ad Alessio D’Amato, cui vanno tutti i nostri ringraziamenti, rispetto al bacino dei voti Pd-Terzo polo.

Per quanto riguarda la nostra lista, i risultati sono stati particolarmente penalizzati dal meccanismo bipolare delle elezioni regionali e dalla minor presenza del voto di opinione». È però il primo cittadino di Bergamo a provocarlo: «Possiamo, a questo punto, serenamente dire che la scelta del Terzo polo di sostenere Moratti è stata una sciocchezza? », twitta Gori. Che ricorda: «Col maggioritario a turno secco si è competitivi solo unendo tutto il centrosinistra (sì, pure i 5S). O lo capite, o la destra vincerà ogni volta».

La risposta stizzita del senatore e fondatore di Azione non si fa attendere, e vira sulla sconfitta del vecchio alleato nel 2018: «Sicuramente non ha funzionato. Ma la questione è un poco più complessa. La scorsa volta eravamo tutti con te e hai/abbiamo preso meno del 30 per cento».
Se ne va con un tweet, in piena polemica, il segretario lombardo di Azione, Niccolò Carretta. «Ho appena comunicato al segretario Calenda le mie dimissioni.

Il risultato è fallimentare e dimostra l’incomprensibilità delle nostre scelte, che non sono stato in grado di contrastare. Una delle cause di disaffezione verso la politica è che nessuno si assume mai le responsabilità — aggiunge — Io penso sia doveroso farlo». Ma ci sono conti da fare anche nel Lazio.

E a Stefano Bonaccini, che contesta al Terzo polo di essere «il migliore alleato» della destra di Meloni, se continuerà ad andare da solo, Calenda ribatte con sarcasmo: «Una certezza nella vita: il Pd non perde mai. E se perde è sempre colpa di qualcun altro». Vuole guardare all’astensione, grande vulnus dimenticato. «Caro Stefano Bonaccini — ragiona — avete e abbiamo perso perché siamo minoranza in un Paese che non vota. Occorre andare Comune per Comune a riprendere i voti. Politicismi e alchimie non funzionano».

 

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