Benzina e diesel, stop al 2035. Ma il governo attacca l’Europa

Diego Longhin La Repubblica 15 febbraio 2023
Benzina e diesel, stop al 2035. Ma il governo attacca l’Europa
Via libera definitivo del parlamento UE
L’ipotesi di rimodulare gli incentivi a difesa dell’auto Made in Italy

La scelta della Ue di fermare la vendita di auto nuove a benzina e diesel dal 2035, a favore di quelle con motore elettrico, è definitiva con il voto del Parlamento: 340 sì, 279 no e 21 astensioni. I partiti che sostengono il governo Meloni hanno tenuto una posizione contraria al nuovo regolamento, che prevede lo stop ai veicoli con motore a combustione. L’asse tra Socialisti e Popolari si è così sgretolato per colpa dell’Italia, che con il governo Draghi aveva dato il suo via libera, pur con qualche distinguo.

La delegazione di Fi ha votato compatta per il no. Stessa cosa hanno fatto Fdi e Lega. E il vicepremier Matteo Salvini definisce la decisione come una «follia sconcertante: ideologia, ignoranza o malafede? ». E aggiunge: «Va contro le industrie e i lavoratori italiani ed europei, a tutto vantaggio dei cinesi».

Mentre a Strasburgo i deputati approvavano le norme, a Roma al ministero delle Imprese e del Made in Italy si apriva il confronto tra il ministro Adolfo Urso, i vertici italiani di Stellantis e i sindacati metalmeccanici. Sotto il ministero un sit-in dei delegati Fiom. Al centro del tavolo la revisione degli incentivi e il sostegno all’acquisto di auto elettriche in Italia, dove la quota di mercato delle vetture con la spina è scesa al 2,6%. Paese fanalino di coda d’Europa.

Il ministro Urso pone una questione di difesa nazionale rispetto all’uso dei fondi a disposizione per gli incentivi e per progetti di sviluppo industriale. Sono rimasti meno di 7 miliardi al 2030. Stellantis, partecipata da Exor che controlla anche Repubblica , secondo il ministero ha assorbito il 40% delle risorse erogate sui passati incentivi, poco più di 50 milioni, ma meno della metà di questi su veicoli prodotti in Italia. «Questo gap va colmato al più presto: gli incentivi devono andare a beneficio del lavoro italiano», ha detto Urso, sapendo che un meccanismo del genere sarà difficile da attuare senza violare le normative internazionali. «I nostri obiettivi sono il rilancio della produzione nazionale, l’innovazione tecnologica e la tutela dell’occupazione». Il ministero vuole quindi rimodulare gli incentivi, ma non chiarisce ancora come.

Anche Stellantis, che conferma investimenti e impegni sulle fabbriche, chiede una rivisitazione. La casa automobilistica vuole contributi più pesanti in termini economici, innalzando i tetti al prezzo delle auto, che taglia fuori alcuni modelli dal bonus.

Il vice president corporate affairs Italia, Davide Mele, ricorda che la 500e è prodotta in Italia, a Torino, e la Jeep Compass plug-in a Melfi. La rivisitazione degli incentivi è necessaria perché «la transizione ecologica forzata» produce un 50% in più di costi tecnologici. «È stato un momento di dialogo costruttivo per confermare il ruolo centrale dell’Italia », dice alla fine Stellantis. Dà un giudizio positivo sull’approccio «propositivo del governo a rivedere entro fine mese lo schema degli incentivi alla domanda e il supporto alle infrastrutture di ricarica».

Michele De Palma, segretario Fiom, vorrebbe che si parlasse, più che di incentivi, «di un fondo straordinario per la rigenerazione degli stabilimenti italiani per garantire produzione e occupazione». Ferdinando Uliano, Fim, ritiene la discussione sugli incentivi «positiva», ma chiede «un impegno maggiore del gruppo per l’indotto». La Uilm con Rocco Palombella sottolinea che «non c’è stato nessun chiarimento su come si vuole affrontare questo processo di transizione», mentre Roberto di Maulo, Fismic-Confsal, chiede «si pensi alla tutela dell’occupazione».

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