Stefano Bonaccini La Repubblica 17 febbraio 2023
Il destino della sinistra non è affatto segnato. Connettiamoci col mondo
L’intensità del contributo che Walter Veltroni ha voluto rivolgere ai lettori di questo giornale sul compito della sinistra italiana offre, anche al nostro dibattito congressuale, elementi di discussione importanti e rappresenta la grande sfida a cui siamo chiamati: una sinistra che sia parte della contemporaneità, libera da condizionamenti e nostalgie di un passato che non può tornare.
La nostalgia e la paura sono due elementi che, anche nella riflessione di Aldo Schiavone, offrono uno spunto importante a questo dibattito: quando ciò che accade ci smarrisce e ciò che abbiamo davanti fa paura, la tentazione di tornare indietro e guardare alle cose note e che rassicurano è molto forte. Fino al punto di idealizzare ciò che è stato e a cui si vorrebbe tornare. Ed è così che la sinistra finisce per essere parte del problema e non della soluzione.
Il passato, la grande storia della sinistra in Italia e nel mondo, definiscono certamente il solco del nostro cammino, la direzione di marcia, il senso stesso del viaggio. E gli avanzamenti sul piano dei diritti e delle libertà che Walter menziona sono il senso stesso della sinistra nella storia: di come ha cambiato le cose che c’erano per costruirne di nuove. Progresso è questo: il cambiamento che rende una società più libera e più giusta.
Ma le sfide che oggi ci interrogano e definiscono il senso della sinistra sono davanti, non indietro. Dal lavoro all’ambiente, dall’accesso ai servizi alla qualità della democrazia, dalla pace al cibo: non c’è ricetta alle nostre spalle che possa risolvere le contraddizioni del “mondo grande e terribile” che viviamo.
Se ad una destra che alimenta paure e rassicura evocando un passato che non può tornare (ed è anche bene che non torni) la sinistra risponde impaurita rifugiandosi nel passato la partita è chiusa. È già successo, qui e altrove.
Al ritmo vertiginoso dei cambiamenti corrisponde la lentezza della politica, anche solo ad interpretarli nella maniera corretta. Se la destra non è preoccupata da questa asincronia, che ne alimenta anzi una parte del consenso, per i democratici e i progressisti è elemento esiziale.
Non è un destino segnato, dipende da noi. Vi sono segnali tangibili di interpretazione della contemporaneità in giro per l’Europa e per il mondo. Non mi riferisco ovviamente solo alle forze organizzate in partiti o esperienze di governo. Dai grandi movimenti femministi e per la libertà contro i regimi, alla partecipazione giovanile per la salvaguardia del mondo e del suo equilibrio, si affrancano milioni di cittadini dal bisogno e dal dettato sul futuro che altri, in poche mani, vorrebbero scrivere. In un contesto in cui la realtà digitale è spazio vitale e reale, questi grandi movimenti hanno surclassato le tipiche strutture nazionali di partecipazione e rivendicazione.
È anche quella sinistra? La risposta non può che essere positiva. Ed è anche di fronte a questo mondo in movimento, sì grande ma in questo caso meraviglioso, che non possiamo pensare di “tornare”.
Accade nel mondo e accade sotto casa. Se alla crisi energetica i cittadini rispondono non estraendo ancora scampoli di gas e petrolio, ma associandosi per produrre energia pulita per la comunità, è sinistra? E se dove le infrastrutture tradizionali non arrivavano, consegnando parti del nostro territorio ad un declino che pareva inesorabile, giungono ora quelle nuove che azzerano le distanze, creano opportunità di accesso e di lavoro, noi vogliamo tornare indietro? Se le mie figlie non conoscono l’espressione “sfere di influenza”, che per la mia generazione e quella precedente ha significato che interi popoli e nazioni dovevano sottostare ad una sovranità altrui, dovrei ora spiegare loro che la guerra fredda era un bene o che la Russia ha oggi buone ragioni per invadere l’Ucraina?
La connessione con il movimento del mondo e della società, fare fino in fondo i conti con la contemporaneità, con le immense voragini di esclusione che determina e con le inedite possibilità di emancipazione che offre: è questo il compito che deve il Partito democratico assolvere.
Contrastando le prime, che ieri non c’erano, e cogliendo le seconde, che altrimenti non si realizzeranno o comunque non per merito nostro. È un compito che richiede anche di derubricare il polveroso frasario di cui spesso siamo vittime. Non vedo formule politiche – alleanze, rincorsa al centro, sinistra che torna a fare la sinistra – utili allo scopo. La sinistra non è un pacco che può essere spedito dove desideriamo con un click. O vive in quelle connessioni e relazioni di cui parla Veltroni, essendone rappresentata e rappresentandole, o si risolve in slogan che non mordono la vita delle persone.
Oggi siamo chiamati a questo, connetterci con il mondo. Abbandonando qualsiasi nostalgia e tentazione di ritorno, rinunciataria, di un passato che è passato. E contrapponendo una nuova idea di società a quella conservativa e altrettanto impotente delle rassicuranti casematte nazionaliste.
Connetterci a quanto si muove nel mondo e sotto casa è anche la premessa necessaria per costruire un progetto che abbia un popolo, oggi disperso; non quello evocato da più parti, con lo sguardo indietro, di come eravamo; ma quello che vive oggi e che si cimenta con contraddizioni e opportunità, a cui dare voce e risposte di avanzamento