Claudio Tito La Repubblica 19 febbraio 2023
Superbonus, la vera sfida è il Patto di Stabilità
Dietro lo stop allo sconto in fattura e alla cessione del credito c’è qualcosa di più: la paura di perdere la più grande partita politica nell’Unione europea
Approssimazione. Se c’è una parola che può descrivere l’azione del governo Meloni, è proprio questa. E la vicenda della cancellazione del Superbonus ne è l’ultima testimonianza.
La maggioranza e l’esecutivo sembrano vivere da quattro mesi in uno stato di permanente improvvisazione. Tutto è deciso con l’istinto o la convenienza del momento. Senza una prospettiva, senza una visione.
È evidente che il 110 per cento per i lavori edili ha rappresentato una misura discutibile. Con un grande impatto elettorale. L’ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, ne aveva già sottolineato le distorsioni e gli effetti negativi sui conti pubblici e persino sull’equità sociale. La Commissione europea non ha mai bocciato esplicitamente la misura ma ha sempre evidenziato la necessità di mantenere in equilibrio le casse pubbliche.
Il punto, allora, è proprio questo. A meno di due mesi dall’approvazione della Legge di Bilancio, Meloni e Giorgetti scoprono che questa forma di finanziamento dell’economia italiana non è più sostenibile da qui alla fine dell’anno.
È possibile che una “squadra” governativa che ha vinto le elezioni a settembre scorso – non qualche anno fa – al grido di “Pronti”, possa poi sbagliare i calcoli in maniera così eclatante?
La verità è che quando si sale lo scalone d’onore di Palazzo Chigi, scompare la facilità con cui si accontenta l’elettorato attraverso slogan semplici e facili. La realtà è un’altra. Il gruppo della premier si sta rivelando tutto tranne che “Pronto”.
La stessa manovra economica approvata in extremis a fine dicembre è stata il frutto di un confuso “copia e incolla” di testi già preparati da Draghi conditi con una spruzzata generale di demagogia. Molte delle promesse elettorali sono svanite nel giro di qualche settimana. Alcune le hanno dovute mantenere. Sebbene fossero inutili e dannose in modo palmare.
Tagliare le tasse alle partite Iva (lasciandole invariate ai dipendenti), dare un colpetto alle pensioni con quota 103, e poi un po’ di “pace fiscale” (ossia un condono), e quindi un segnale agli evasori alzando il tetto al contante e all’uso del Pos. Tutte risorse – poche – che potevano essere impiegate meglio. A partire dal taglio alle accise sulla benzina.
E anche il mancato coraggio di eliminare il Superbonus subito risponde a quel difettoso inchino nei confronti delle promesse elettorali irrealizzabili. E che ora stanno facendo emergere non solo le incapacità del governo ma anche la precarietà di una maggioranza impegnata a tutelare il tornaconto dei singoli partiti più che quello del Paese.
Il Superbonus, insomma, si poteva mantenere o eliminare. Ma con un progetto e non con il raffazzonamento del momento. Questo centrodestra ha spiegato a più riprese che la loro politica economica stava aiutando gli italiani tenendo in equilibrio i conti. Non sta facendo né l’uno né l’altro.
L’unica speranza è che il risparmio possa compensare la probabile mancata crescita che potrebbe attestarsi su diversi miliardi. Le ultime stime della Commissione Ue prevedono un aumento del Pil per il 2023 superiore alle attese. Sarà ancora così? O a giugno tornerà il fantasma della manovra correttiva? Lo sbianchettamento del Superbonus già lo è.
Dietro questa mossa, però, c’è anche qualcosa di più. La paura di perdere la più grande partita politica di quest’anno nell’Unione europea: la riforma del Patto di Stabilità e Crescita. Tra due settimane il ministro dell’Economia riceverà a Roma i colleghi di Parigi e Berlino. È il primo tentativo di ricucire con la Francia e la Germania. Nella consapevolezza che senza un accordo con i due big dell’Unione, l’Italia non otterrà nulla.
Rivedere le regole del Patto è fondamentale per gestire dal 2024 in maniera incruenta il nostro gigantesco debito pubblico. Ma per provare a ricostituire, almeno in parte, il “triangolo” tra i tre Paesi è preliminare dimostrare di avere le carte e i conti in regola. I dubbi, però, sulle capacità di questo esecutivo crescono di giorno in giorno.