Un emiro per lo United. La Premier dei miliardari si mangia tutto il calcio

Enrico Franceschini La Repubblica 19 febbraio 2023
Un emiro per lo United La Premier dei miliardari si mangia tutto il calcio
La Super Lega che le più ricche squadre d’Europa volevano creare l’anno scorso come alternativa alla Champions potrebbe essere già nata, ma con un vecchio nome: Premier League.

L’asta a colpi di miliardi per il Manchester United, con l’offerta da 5 miliardi di euro dello sceicco al Thani del Qatar a scompigliare le carte, sembra confermare una tendenza in atto da anni, anzi da un paio di decenni, ma che ha accelerato nelle ultime stagioni: tutti i Paperoni del pianeta vogliono comprarsi una squadra nel campionato di massima serie inglese.

Jimmy Ratcliffe, re della chimica e secondo maggiore contribuente britannico, è il principale avversario dello sceicco nella corsa ad acquistare i Diavoli Rossi dal magnate americano Malcom Glazer, che li ha messi in vendita perché stanco delle contestazioni dei tifosi. Alla partita, tuttavia, potrebbero partecipare almeno altri due o tre mega- ricchi, compresi i sauditi. Questi ultimi si sono già presi il Newcastle, mentre gli emiri di Dubai hanno fatto spese folli per costruire una dinastia vincente sulla sponda opposta di Manchester, al City.

L’americano Todd Boehly ha messo le mani sul Chelsea, quando il petroliere russo Roman Abramovich ha dovuto cederlo prima che le sanzioni per la guerra in Ucraina lo privassero del suo giocattolo; e un altro miliardario americano, di origine iraniana però, Jahm Najafi, sarebbe pronto a scendere in pista per impossessarsi del Tottenham.

Proprio un super fan degli Spurs, l’ex-direttore del Financial Times Lionel Barber, scrive questo fine settimana sul quotidiano della City che la Premier è diventata il “Wild West del pallone”: un Selvaggio West dove scorrazzano spregiudicati pionieri che se ne infischiano delle regole, solo che invece dei cow-boy sulle carovane si tratta di miliardari su jet privati.

Come ha sottolineato il mercato di gennaio, ormai il torneo inglese spende e vale più di tutti gli altri campionati europei messi insieme, con un livello di investimenti che ridicolizza i limiti del fair-play finanziario imposto dalla Uefa. Per presunte violazioni di quei limiti, il Manchester City è finito sotto inchiesta. Per violazioni di un altro principio, quello che vieta a un solo proprietario di avere due squadre iscritte alla Champions, lo sceicco Jassim bin Hamad al Thani non dovrebbe poter comprare lo United, visto che il Qatar è già proprietario del Paris Saint Germain: lui nega di essere legato al consorzio padrone della società francese, ma è opinione dominante che tutti i grandi imprenditori qatarioti siano coinvolti con il governo di Doha e con la famiglia reale che lo controlla.

Del resto, come notano l’ex-direttore del quotidiano finanziario britannico e altri commentatori, perché mai i re Mida del football inglese dovrebbero badare alle regole della Uefa e ai limiti della Champions? Possono teoricamente fare a meno di entrambi. L’odierna Premier “Super” League, di fatto, esisterebbe benissimo anche da sola, in grado di avere igiocatori più forti e di vendere i diritti televisivi globali più redditizi. Oltretutto, perlomeno per la recente ondata di proprietari arabi, dagli Emirati all’Arabia Saudita fino al Qatar, non è nemmeno necessario realizzare un profitto: investire nel campionato inglese serve a conquistare “soft power”, in modo analogo all’investimento fatto da Doha per ottenere i mondiali di calcio. «Voglio ridare allo United la gloria del passato» dice lo sceicco al Thani. E al resto d’Europa resterebbero solo le briciole.

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